Il Corriere e le parole “tech” da non usare più

Le parole tech da non usare più - articolo del Corriere della Sera Grazie a Paola ho letto, anche se con qualche giorno di ritardo, Le parole «tech» da non usare più, un articolo del Corriere della Sera che si riprometteva di mettere in evidenza “espressioni o vocaboli che, secondo Business Week, è meglio non pronunciare in un colloquio di lavoro per non sembrare obsoleti” ma che invece ha mostrato una notevole confusione nel proporre un argomento a sfondo tecnologico, come ben sottolineato dai commenti dei lettori.

Innanzitutto non credo abbia molto senso prendere un articolo scritto in inglese, con riferimenti specifici a quella lingua, e riproporlo a lettori italiani con gli stessi esempi, senza adattamenti, addirittura suggerendo che al posto di un verbo spacciato come italiano (ma che in realtà non ha mai avuto una diffusione significativa) ne venga usato uno inglese:

Peggio ancora va se provate la locuzione surfare sul web, legata a un’internet della prima ora ormai molto, troppo «vintage». Il massimo, per esprimere il concetto di navigare, è usare to google.

Stupisce però ancora di più come concetti diversi e relativa terminologia siano stati confusi tra loro, senza verificare se effettivamente ci fosse sinonimia. Faccio un esempio non informatico: è come se avessero affermato che, per fare riferimento a un sistema di comunicazione molto diffuso qualche decina di anni fa, la parola telex è superata e al suo posto si dovrebbe dire email!

Stando all’articolo, infatti, sarebbero le “parole tecnologiche” che descrivono soluzioni o tecnologie a diventare obsolete, anziché le tecnologie stesse, una conclusione che lascia parecchio perplessi. Va invece considerato che di solito la terminologia che descrive tecnologie mature, quindi poco suscettibili a ulteriori evoluzioni, è consolidata e raramente soggetta a modifiche.

La nota aggiunta dalla redazione per precisare il senso dell’articolo non elimina i dubbi:

[…] uno spunto interessante per sottolineare come il linguaggio sia ormai destinato a essere molto spesso in ritardo rispetto all’evoluzione della tecnologia, come ben dimostra il proliferare di termini che cercano di definire “creature” sempre più ibride quali i netbook, i tablet pc, gli Ultra Mobile Pc, Mobile Internet devices, etc

Non è chiaro cosa intendano con “ritardo” del linguaggio, visto che i nuovi concetti che risultano da innovazioni e evoluzioni tecnologiche non potrebbero diffondersi se non fossero loro associati dei nomi che li descrivono e che permettono di differenziarli da concetti simili: è proprio il caso dei termini portati ad esempio (netbook, tablet PC, UMPC e MID). Ogni lingua ha le sue strategie per scegliere la terminologia che deve rappresentare nuovi concetti, in particolare quelli nati in altri contesti linguistici; è noto che l’italiano ricorre volentieri al prestito, ma questo non va visto come un’incapacità di stare al passo con l’innovazione, come forse implica la nota del Corriere, bensì come una delle tante possibilità di formazione di neologismi da sempre in uso nella nostra lingua.

Per finire, una modifica dell’articolo rispetto alla prima versione cerca di deviare alcune responsabilità sul testo originale ma, secondo me, non fa che sottolineare la confusione fatta tra argomenti potenzialmente obsoleti e la terminologia necessaria per discuterli:

Versione originale Versione modificata
L’Extranet, invece, popolare alla fine degli anni ‘90 è diventata electronic data interchange, ovvero EDI e non ha più senso, riferendosi alle reti interne, parlare di Intranet ma, se si vuol identificare una rete privata, l’acronimo da usare è VPN che sta per Virtual private network. L’Extranet, invece, popolare alla fine degli anni ‘90 è diventata Electronic data interchange, ovvero EDI e non ha più senso riferendosi alle reti interne, parlare di Intranet. Secondo il settimanale americano, che forza il significato dei termini in questione, per identificare una rete privata è meglio utilizzare l’acronimo è VPN che sta per Virtual private network.

 

Vedi anche:

Chiavetta USB, per un esempio di come alcune innovazioni possano inizialmente portare alla coesistenza di termini diversi, con la tendenza però alla standardizzazione e quindi alla scomparsa della terminologia ridondante, o comunque alla riduzione della sua frequenza d’uso, man mano che la tecnologia diventa più diffusa e più matura.

Attenzione alle spalle…, per un esempio di considerazioni terminologiche quando viene introdotto un nuovo concetto in un’altra lingua.

Infine, altri esempi di una certa disinvoltura del Corriere nel comunicare informazioni in origine in inglese: cross country race, tuxedo cat, lens, eastern egg e la pronuncia di love.

Niente da leggere per ferragosto?

Qualche suggerimento di letturine recenti con argomenti linguistici per quei pochi che si trovassero davanti al computer senza granché da fare in questa settimana di ferragosto.  

In italiano

Parole da salvare. Per ricordare, ritornare, riconoscersi…, un breve elenco di parole italiane che stanno diventando desuete ma che hanno una notevole forza espressiva (Osservatorio della lingua italiana).

Quel tale mi “perplime”, sul processo linguistico di retroformazione, con vari esempi (la Repubblica).

Il culatello? È il sedere dei bambini, “gastro-dizionario alternativo” di errori divertenti nell’interpretazione di nomi di cibo (Corriere della Sera).

Verbalia, “un paese immaginario fondato dagli appassionati dell’ingegno verbale a cavallo tra il secondo e il terzo millennio. I suoi abitanti sono detti verbivori e si nutrono principalmente di parole, di ogni forma e dimensione”: un sito tutto da scoprire!

In inglese

Language & Literature, risorse a cura della British Library su vari aspetti della lingua inglese, ad es. Sounds familiar? per saperne di più sui diversi accenti del Regno Unito e Dictionaries and Meanings per una panoramica dei dizionari inglesi dal 1500 a oggi.

How the Market Influences What Language You Read In (e commenti) nel blog di Freakonomics, sui fattori che possono influenzare la lingua in cui si sceglie di leggere i romanzi tradotti.

New books to explain new German: una breve panoramica di neologismi registrati recentemente dai alcuni dizionari tedeschi e la conferma che “tutto il mondo è paese” per le lamentele sulle parole straniere entrate nella propria lingua (Deutsche Welle). 

Sign language, una raccolta di cartelli assurdi da tutto il mondo (The Telegraph).

Vedi anche: Fritto misto di ferragosto

tutti al mare

Britalian: britaliano o anglo-italiano?

La parola inglese in evidenza nel Macmillan Dictionary questa settimana è Britalian: il sostantivo indica una persona del Regno Unito di origine italiana e l’aggettivo è usato per descriverericetta Spaghetti Bolognese - Waitrose.com la cucina italiana imbastardita a uso e consumo dei palati britannici (es. i famigerati spaghetti Bolognaise) oppure, più di recente, ingredienti tipici italiani prodotti in Gran Bretagna (ad es. ricotta e mozzarella descritti dalla BBC in Britalian food). Un sinonimo più neutro e formale per Britalian è Anglo-Italian.

In italiano è attestato solo l’aggettivo anglo-italiano. Il calco britaliano è raro: appare tra neologismi del Vocabolario Treccani e viene usato da Marco Niada nel libro La nuova Londra ma immagino sia destinato ad avere una frequenza d’uso bassissima perché non rappresenta concetti di cui si senta l’esigenza in un contesto culturale italiano.

In inglese Britalian è una parola macedonia subito riconoscibile (la parte iniziale corrisponde anche a Brit). Britaliano, invece, è poco efficace: credo si tenda a notare soprattutto –italiano e probabilmente si analizza l’elemento iniziale come br–, forse poco trasparente perché in italiano si preferisce inglese anche quando si intende britannico.

Vedi anche: Itanglese (abuso di parole inglesi in italiano), Pasta salad e insalata di pasta (cibo e differenze culturali), Bimbos in stilettos eating pepperoni panini (prestiti italiani in inglese) e Pastachetti, Soffatelli, gelato Boccalone Prosciutto (nomi di prodotti pseudoitaliani in vendita negli Stati Uniti).

metrics – metriche

Un calco molto diffuso negli ultimi anni, specialmente in ambito software, è metriche, dall’inglese metrics, un esempio di transcategorizzazione (passaggio di una parola da una categoria grammaticale a un’altra: qui da aggettivo a sostantivo). Descrive un insieme di indicatori che consentono di misurare quantitativamente qualcosa che invece di solito è valutato qualitativamente, come ad esempio l’efficienza di un processo, la produttività di persone o la qualità di un servizio.

Anche se inizialmente poteva trattarsi di un falso amico, direi che ora metriche vada considerato come un neologismo tecnico perché è ormai molto diffuso. I dizionari italiani, anche le versioni più recenti, non registrano però questa accezione: per il sostantivo metrica sono riportati solo il significato linguistico e quelli matematico e tipografico, molto specifici. Esempio: Vocabolario Treccani.

Sicurezza online spiegata dalle Poste italiane

Poste italiane - spazio sicurezza Le Poste italiane hanno avevano un sito sulla sicurezza online, antiphishing.poste.it. Le informazioni sono erano facilmente comprensibili anche per chi non ha conoscenze in materia: in genere i tipi di frode e vari termini informatici sono erano spiegati in modo conciso ma chiaro e per maggiori informazioni ci sono c’erano collegamenti alle voci di un Glossario sulla sicurezza online, sempre consultabile da una scheda accessibile da tutte le pagine (una best practice consigliabile ad altri siti).

Mi sembra un’ottima idea che potrà essere ulteriormente migliorata. Immagino infatti che l’utente tipico del sito sia una persona senza eccessive competenze tecniche e/o approfondita conoscenza di altre lingue e quindi sarebbe utile che nel glossario:

  • venga inclusa tutta la terminologia usata nelle varie pagine del sito, ad es. al momento tra le voci mancano smishing e vishing (peraltro descritti altrove);
  • http://antiphishing.poste.it/phishing.swfper i prestiti venga data una brevissima indicazione sulla loro etimologia, in modo che sia più facile memorizzarli.  Viene già fatto per alcuni termini (ad es. cache e cookie) ma non per altri (ad es. firewall) ed è curioso che al concetto chiave nel sito, phishing, siano sempre associate immagini di pesci e ami ma non venga fatto accenno all’origine del neologismo, forse non così ovvia per chi mastica poco l’inglese ma sicuramente utile per ricordare più facilmente il termine.

Vedi anche:
Terminologia e utente tipico
Phishing: truffa, spillaggio o abboccamento?

Algoritmi nel quotidiano…

Ho sentito dire, a proposito di una persona, "non ha l’algoritmo per processare queste informazioni". Il tono era spregiativo ma l’ho trovata un’espressione molto efficace e la conferma che il termine algoritmo non è più ristretto ad ambiti specializzati: grazie a un processo di determinologizzazione, è stato dapprima adottato in espressioni colloquiali “da informatici” e ora si sta affermando anche nel linguaggio comune dove viene usato, spesso ironicamente, come sinonimo di procedura o metodo, ad es. “il mio algoritmo per scegliere un film è…”.

Il dizionario De Mauro già qualche anno fa ha registrato l’accezione non specialistica di algoritmo, immagino che prima o poi seguiranno anche gli altri dizionari italiani.

1748; dal lat. mediev. algorĭthmu(m) o algorĭsmu(m) "cifra che esprime una quantità, calcolo aritmetico", propr. trascrizione del nome del matematico arabo al-Xwārizmī "(uomo) della Corasmia" regione storica e geografica oggi divisa tra il Turkmenistan e l'Uzbekistan, prop. Abū Jaʿfar Muḥammad ibn Mūsā Khwārizmī (ca. 780-850).

Nuovo post: Algocrazia, “il potere degli algoritmi”.


Vedi anche: mega- e giga-  e Tendenze nella formazione dei neologismi

“Blogorrhea” e “blogorrea” sono la stessa cosa?

In inglese ci sono innumerevoli neologismi che fanno riferimento ai blog. The Urban Dictionary ne elenca più di 200: molti sono ancora gergali ma altri sono ormai entrati nell’inglese standard e da lì sono arrivati in italiano, spesso come prestiti, ad es. blogroll.

Tra i calchi l’inglese blogorrhea e l’italiano blogorrea (la tendenza a scrivere post prolissi e spesso incoerenti, oppure molto frequenti ma privi di contenuto interessante) mi piacciono non solo per l’efficacia con cui esprimono il concetto ma anche perché li trovo un tipico esempio di parole in lingue diverse che solo in apparenza sono del tutto equivalenti.

Per confermarlo ho fatto un piccolo esperimento con una trentina di persone che hanno familiarità con i blog, metà italiane e metà di madrelingua inglese. Ho mostrato loro la parola blogorrhea o blogorrea (nella propria lingua) e ho chiesto di indicarmi il significato e l’origine. Tutti hanno riconosciuto il concetto e capito che era una parola macedonia ma, come prevedevo, l’interpretazione “etimologica” è stata diversa in inglese e in italiano.

blogorrhea - blogorrea In inglese blogorrhea è stata analizzata come parola composta da blog e dal suffisso rrhea che fa pensare soprattutto a diarrhea (non a caso in inglese esiste anche il concetto opposto, blogstipation), ma anche a gonorrhea, e quindi può evocare immagini alquanto negative. In italiano, invece, tutti hanno visto un unico riferimento a logorrea, un concetto più astratto e spesso usato ironicamente. Ecco quindi che non c’è una completa equivalenza nelle due lingue perché non coincidono le connotazioni legate alle parole.

Difficile dire se le sfumature di significato siano influenzate dalla maggiore o minore frequenza di certe parole nella lingua (in italiano logorrea è un termine tecnico entrato nel lessico comune e quindi più riconoscibile di logorrhea in inglese) oppure dall’ortografia (in inglese rrhea è una combinazione usata raramente al di fuori del linguaggio scientifico, familiare forse solo proprio per diarrhea).

Non so se esista un termine per descrivere le differenze di percezione dovute al diverso impatto visivo delle parole scritte, in ogni caso credo si possa usare questo esempio per ricordare che nella scelta di termini molto visibili, di nomi di prodotti e nomi di domini si dovrebbe sempre verificare che non contengano sequenze di caratteri o altro che possano conferire connotazioni negative non volute: chi traduce dovrebbe avere la sensibilità per individuare queste differenze.


Aggiornamento: vedi anche Web2.0rhea (un altro esempio con il suffisso (r)rhea) e L’aspetto delle parole (l’influenza dei tipi di carattere sulla percezione delle parole).

Recentismi e software

In Wikipedia c’è un neologismo che mi piace molto: recentismo, calco dall’inglese recentism per descrivere un argomento (e voce di Wikipedia) che sta avendo molta attenzione ma la cui importanza, a lungo termine, potrebbe essere relativa (esempi qui).

È poco probabile che l’uso specifico di Wikipedia entri nell’italiano standard. Penso però che recentismo potrebbe descrivere efficacemente anche i nomi NON definitivi di nuove funzionalità di prodotti software di cui si discute molto durante la localizzazione, per poi scoprire che si chiameranno in un altro modo.

gruppo Illustrazioni Un esempio noto è il concetto di gruppo in Office 2007, un insieme di strumenti e opzioni correlati raggruppati sulla barra multifunzione: in inglese group aveva sostituito il termine originale chunk, come si può vedere da Jensen Harris: An Office User Interface Blog.

La soluzione per non far lavorare inutilmente un terminologo su un termine ostico ma, senza saperlo, destinato a scomparire? Una scheda terminologica completa e accurata, che consenta di scegliere una soluzione per la lingua di arrivo basata sul concetto e non sul nome temporaneo inglese: anche se verrà cambiato il termine originale, probabilmente non sarà necessario dover ripensare il termine “localizzato”.

 
Vedi anche: Database terminologici e Concetti e termini: un esempio da Office per Mac.

Scelte terminologiche: ringare, Rrring! e trillo

Alla radio c’è una pubblicità insistente per un servizio di informazioni telefoniche che si conclude con l’esortazione “Ringa 12 54”. Pensavo di aver capito male e invece dicono proprio ringa!! Difficile stabilire se il creativo che ha avuto l’idea abbia coniato una voce onomatopeica modellata sullo squillo del telefono o se si tratti invece di un calco del verbo inglese (britannico) ring. Trovo ringare inquietante, anche perché suona molto simile a ringhiare

Nudge Mi ha fatto però pensare al termine inglese nudge, letteralmente “dare una gomitatina”, che in Windows Live Messenger (in Italia più noto come MSN) indica un segnale visivo e acustico per attirare l’attenzione di chi partecipa a una conversazione e che in tedesco è stato reso in maniera davvero efficace, Rrring!

Quando si introduce un nuovo concetto che nella lingua di partenza è designato da un termine che non ha un equivalente nella lingua di arrivo – o magari ce l’ha ma non è adatto al contesto o al registro – sono disponibili varie opzioni.

Ad esempio, si può creare un neologismo, come Rrring! in tedesco, oppure si può risemantizzare una parola o un’espressione esistenti, anche se meno specifici, decidendo quali aspetti del concetto (caratteristiche distintive) debbano essere privilegiati o resi espliciti e a quali si possa eventualmente rinunciare.

Spesso lingue diverse ricorrono a strategie diverse: nella localizzazione di Messenger alcune lingue hanno adottato il prestito nudge e altre hanno scelto un’espressione descrittiva, come chamar a atenção per il mercato brasiliano. Altre ancora hanno preferito la risemantizzazione, ad esempio toque in portoghese (Portogallo) evidenzia l’aspetto “fisico” del verbo inglese mentre zumbido in spagnolo quello sonoro. Il termine italiano trillo invece comunica che si tratta di un segnale acustico ma trasmette anche l’idea della vibrazione (segnale visivo).

Ancora sulle parole dell’anno

Post pubblicato il 12 gennaio 2009 in blogs.technet.com/terminologia

Negli USA bailout è appena stata confermata parola dell’anno 2008 anche dall’American Dialect Society (ADS). Il comunicato stampa include altre parole rilevanti, divise per categorie. Alcuni esempi che ho trovato interessanti:

Nella categoria più probabilità di successo, le parole formate a partire da tw-, tweet e twitt-. Grazie alla diffusione di Twitter, un esempio di terminologizzazione: dai riferimenti originari a cinguettii e cicalecci si passa a concetti specifici nell’ambito del microblogging.
Tra le parole più creative, il neologismo long photo (“a photograph that moves”): in Flickr indica un video della durata massima di 90 secondi.
Tra le più utili, il verbo text e in particolare textwalker, una persona che scrive SMS mentre cammina, e driving while texting (DWT), espressione ormai comune, tanto che si vedono variazioni sul tema, ad es. Dying while texting. 
Tra quelle meno necessarie, moofing, da mobile out of office, attività di chi non sta lavorando dal proprio ufficio ma è comunque online e raggiungibile.

 moofing?La segnalazione di text in un elenco di parole del 2008 sottolinea il ritardo con cui questo verbo è entrato nell’inglese americano, mentre non è più un neologismo in Europa: riflette un diverso uso degli SMS nei due continenti, come accennavo in Paese che vai: SMS e cercapersone.

Il comunicato stampa riporta anche le parole scelte dall’ADS negli anni precedenti ed è interessante vedere la rapidità con cui alcune sono diventate comuni anche in italiano, ad es. i prestiti sudoku, phishing, blog.

Nel 1998 il prefisso e- (e-mail, e-commerce ecc.) era stato scelto dall’ADS non solo come parola dell’anno ma anche come la più utile e quella con più probabilità di successo: ha sicuramente avuto una notevole diffusione ma ormai, dieci anni dopo, è superato. È quindi divertente scoprire che l’attualissimo prefisso i dei prodotti Apple è apparso per la prima volta proprio nel 1998, nel nome iMac; la i indicava inizialmente Internet, mentre ora vengono fatte anche altre associazioni, ad es. a individual, inform, inspire.  [Aggiornamento agosto 2010: The virtual linguist fa notare che il prefisso i era in uso già nell’inglese antico, ovviamente con un significato del tutto diverso: equivaleva al prefisso tedesco ge- ed era usato per marcare nomi collettivi, aggettivi, avverbi e verbi.]


Aggiornamento gennaio 2009: People to have a ‘staycation’ thanks to ‘brickor mortis’ elenca alcune parole che il dizionario inglese Collins monitorerà nel 2009 per decidere se includerle o meno nella prossima versione del dizionario. Tra queste staycation (stay+vacation), rimanere a casa per le vacanze a causa di ristrettezze finanziarie, e social notworking, passare tempo in rete sui social network durante l’orario di lavoro.

In Visual Thesaurus c’è un post con dettagli sulla scelta delle parole dell’anno 2008 da parte dell’ADS.

Vedi anche: Parole dell’anno "tecnologiche" negli USA per una panoramica di parole dell’anno 2009 in inglese e italiano.

Cinepanettoni e parole dell’anno 2008

Post pubblicato il 19 dicembre 2008 in blogs.technet.com/terminologia


In questi giorni si sente parlare in continuazione di cinepanettoni, un neologismo che conta ormai decine di migliaia di occorrenze su Internet ed è entrato nel dizionario Zanichelli 2009: il concetto che rappresenta non mi interessa proprio ma il termine è veramente una bella invenzione. 

Questo è il periodo dell’anno in cui si parla di più di terminologia, specialmente nei paesi di lingua inglese, dove vengono fatte varie classifiche con la parola dell’anno. In genere non si tratta di neologismi ma di parole la cui frequenza d’uso è cresciuta improvvisamente perché sono state associate a eventi particolari, ad es. la crisi economica e le elezioni presidenziali negli USA.

Per il dizionario americano Merriam-Webster (notizia ripresa da Repubblica), la parola dell’anno è il sostantivo bailout, in genere tradotto con [piano di] salvataggio, ad es. quello operato dal governo americano per varie istituzioni finanziarie. Bail è la cauzione che in alcuni paesi permette di rilasciare in libertà provvisoria una persona arrestata; il verbo bail out vuole anche dire “rimuovere l’acqua da una barca” (dal francese antico baille, secchio).

image Altro termine molto citato è il verbo vet, “vagliare” o “valutare attentamente” se riferito a un candidato per una posizione importante (es. Sarah Palin o chi farà parte del governo Obama*). Il termine è una forma abbreviata di veterinary e fa riferimento ai controlli a cui venivano sottoposti i cavalli da corsa prima di una gara (come spiegato in Vetting Vet) ma finora era usato principalmente nell’inglese britannico e non in quello americano, in cui il significato prevalente di vet è veteran, il reduce: ecco quindi la “novità” del termine.

Ho poi trovato divertente il neologismo topless meeting, visto nella classifica americana dell’Oxford University Press: è una riunione a cui è proibito portare i laptop. Non sarebbe male applicare il concetto a certe riunioni italiane ma posso solo immaginare le reazioni a un eventuale prestito dall’inglese .

Le classifiche inglesi delle parole dell’anno sono in genere stilate da linguisti. In Italia invece sono i lettori dei quotidiani a decidere: ecco quindi che per Repubblica la parola dell’anno 2008 è onda, preferita ad altre tra cui tesoretto; per il Corriere, invece, è lo slogan Yes we can.

Per concludere, un bel post in Taccuino di traduzione 2.0, Lessicograficamente parlando: ha molti spunti e riferimenti interessanti.


* La stampa italiana usa sempre il calco amministrazione con riferimento ai governi degli Stati Uniti ma in origine era un falso amico: in inglese administration indica il governo in carica in un paese in un periodo specifico. 
   

Vedi anche: Ancora sulle parole dell’anno 2008 e Parole dell’anno tecnologiche negli USA

Silenzio… the server is quiesced

Post pubblicato il 24 novembre 2008 in blogs.technet.com/terminologia


Il messaggio di errore Server is currently quiesced ha attirato l’attenzione di Language Log e ha portato a una disquisizione morfosintattica sul termine quiesce in ambito informatico.

ShhhhhhhIl verbo quiesce /kwɪ’ɛs/ è raro nell’inglese standard, tanto che molti dizionari non lo registrano. Significa "diventare (più) silenzioso", ha la stessa etimologia latina del più comune quieten ed è un verbo intransitivo

In ambito informatico, invece, quiesce è stato trasformato in un verbo transitivo che descrive l’azione "rendere temporaneamente e/o gradualmente inattivo", ad es. un processo, un server, un database, ecc.  Chi parla una lingua neolatina probabilmente riconosce questo significato (cfr. quiescenza) ma in inglese risulta nuovo, come si vede da questo commento al post originale:

It would appear that one geek, or one team of geeks, came up with this new use of quiesce, so well done to them, I guess, for inventing a non-idiotic usage that’s stuck.

L’esempio di quiesce mette in evidenza un aspetto tipico della terminologia informatica: per esprimere concetti specifici si può attingere all’enorme lessico inglese e appropriarsi di termini insoliti o desueti, dando loro un nuovo significato non presente nella lingua standard, tramite risemantizzazione. In questi casi nel processo di localizzazione i termini vanno visti come "etichette" e si deve lavorare soprattutto sul concetto che rappresentano e il contesto d’uso: le indicazioni di dizionari monolingui e altri riferimenti non specializzati raramente sono utili*.

Nei prodotti Microsoft il verbo quiesce è usato in Office SharePoint Server dove fa riferimento alla disattivazione graduale di un servizio, una server farm o un modulo, effettuata non accettando nuove sessioni e consentendo alle sessioni esistenti di essere portate a termine.

In mancanza di un verbo italiano specifico si è optato per disattivare, scelta condivisa da parecchie lingue; altre hanno preferito l’equivalente di "sospendere", "passare alla modalità inattiva", "fermare" e anche silenciar (portoghese) e passivisere (norvegese). In tutti i casi è stato messo in evidenza uno degli aspetti espressi dal concetto originale, ricorrendo a termini già esistenti e dal significato più ampio ma perdendo l’unicità del neologismo semantico quiesce.

Ancora una volta, difficile competere con la ricchezza lessicale inglese!

   
* Esempio di come non sia sempre possibile fare riferimento al significato standard dei termini inglesi: i commenti al post
Domande sulle risposte.


Commento di .mau.:

insomma, il server è in pensione :-)  In realtà per l’italiano basterebbe ritornare a fare come nel secolo scorso e crearceli anche noi, i neologismi. Pensa al gergo calcistico di Giuan Brera…

Commento di Iso:

Il Merriam Webster riporta (http://www.merriam-webster.com/dictionary/quiescent) quiescent, dal latino quiescere e propone come sinonimo latent, anch’esso di derivazione latina, da latere, per il quale offre, come sinonimi, dormant, quiescent, potential.  Il Longman (http://www.ldoceonline.com/dictionary/quiescent) ne riporta la natura formale. Il De Mauro lo riporta, col significato di inattivo e riporta anche quiescere. Il Treccani fa invece riferimento all’ambito scientifico (vulcanologia). In entrambi i casi (per la ricerca sul Battaglia è necessario un po’ più di tempo disponendo solo della versione cartacea), si tratta di un vocabolo colto, direi dotto.  Qualche giorno fa Dennis Baron (http://illinois.edu/blog/view?blogId=25&topicId=2356&count=1&ACTION=VIEW_TOPIC_DIALOGS&skinId=286) ha ironizzato sulla decisione di tre cittadine inglesi di bandire l’uso del latino perché lontano dall’uso comune. Perché rinunciare all’uso sapiente di un termine di connotazione dotta banalizzandolo, specie quando la lingua di destinazione lo ospita ancora nell’uso comune e il prodotto di riferimento non è esattamente di uso generale?  A volte è il malinteso rispetto per gli utenti a trasformarli in utonti.

Commento di Alex:

Posso capire i problemi che il messagio ‘Server is currently quiesced’ avrà causato!  Probabilmente lo sai che c’é anche il verbo ‘acquiesce’ http://www.thefreedictionary.com/acquiesce , che non vuol dire proprio il contrario di quiesce!

Immagino che ci siano abbastanza anglofoni che sappiano di ‘acquiesce’ ma non quiesce!

A volta l’inglese e l’italiano sembrano parenti, mentre altre volte non sembra per niente il caso!  Il trucco é di sapere quando le due lingue si assomigliano, ma non é facile!

 

Mia risposta:

@ .mau. Confesso la mia ignoranza abissale per tutto quello che ruota attorno al mondo del calcio (al punto che non ho neanche visto la finale dei mondiali, ed ero in Italia!), in compenso tale Carlo Brera, traduttore un po’ maldestro, mi aveva dato parecchi spunti per la tesi  😉

@ Iso: qui stiamo discutendo il verbo quiesce e non l’aggettivo quiescent e il quadro è un po’ più complesso. Personalmente credo che un eventuale verbo quiescere risulterebbe fuori luogo in un prodotto localizzato in italiano (non oso immaginare, ad esempio, il participio passato: the server is quiescing and will be fully quiesced at <time> = il server…?).

Cerchiamo sempre di valutare i termini nel contesto di tutta la terminologia usata nel prodotto e non individualmente; quella che abbiamo scelto ci è sembrata la soluzione più adatta.

Liberi, ovviamente, di pensarla diversamente 🙂

@ Alex, per fortuna finora a nessuno è ancora venuto in mente di usare acquiesce nel software Microsoft, anche se credo che, nel caso, ce la potremmo cavare con acconsentire 😉

Infine un commento di Elio:

Aggiungo un significato dell’aggettivo "quiescent". Il contesto è l’elettronica e il significato mi sembra leggermente diverso da quello del verbo "quiesce" in SharePoint: in elettronica "quiescent current" e termini correlati vengono tradotti in "corrente a/di riposo".
Preciso che in questo ambito "quiescent" è un termine comune e non considerato insolito come invece il verbo "quiesce".

Inglese, latino e termini informatici

Post pubblicato il 12 novembre 2008 in blogs.technet.com/terminologia
English version: Latin terms and software terminology


La settimana scorsa nei paesi di lingua inglese si è parlato molto della decisione di alcuni comuni ed enti britannici di bandire termini ed espressioni latine dalle loro comunicazioni perché considerati elitari e quindi non politicamente corretti (ad es. BBC e The Guardian e vari blog qui, qui e qui).

Ave!Si calcola che circa il 30% del lessico inglese derivi direttamente dal latino, senza contare i termini entrati in seguito dal francese. In molti casi l’ortografia inglese riproduce quella originale latina.

Anche nella terminologia usata nel software inglese non mancano gli esempi "latini": ad hoc (ad es. ad hoc network), addendum, agenda, area, data, audio, album, formula, forum, media, per diem, persona, pro forma, quorum, quota, ratio, replica, spectrum, status, via, video, virus, etc

Quando parole come queste entrano in italiano come prestiti dall’inglese, prendono il nome di anglolatinismi o più genericamente xenolatinismi.

Per verificare l’etimologia dei termini inglesi: Online Etymology Dictionary

Aggiornamento luglio 2010 – Sull’uso del latino nella terminologia, anche informatica, un bell’intervento di BIK Terminology: Use and Misuse of Latin.

Vedi anche: Lorem ipsum in Word e Animali nella terminologia informatica.

Animali nella terminologia informatica

Pubblicato il 10 ottobre 2008 in blogs.technet.com/terminologia


Ieri stavo rivedendo alcuni termini di Microsoft Project, tra i quali turtle contour: si tratta di un profilo di distribuzione del carico di lavoro rappresentato graficamente da una forma trapezoidale. In italiano turtle è stato reso con carico centrale, evitando ogni riferimento alla forma del guscio della tartaruga.

Mi sa che avevo bisogno di una pausa perché mi sono distratta a pensare ai termini informatici che in inglese contengono riferimenti agli animali

Come prevedibile, in questi casi le metafore dell’inglese relative a esseri viventi espresse dai neologismi semantici (processo di terminologizzazione) non appaiono riproducibili in italiano e in genere si opta per dei prestiti. Questi gli "animali" che mi sono venuti in mente:

  • mouse – in parecchie altre lingue il nome del dispositivo coincide con quello del roditore ma in italiano abbiamo preferito il prestito;
  • bug – per indicare un errore di programmazione, nella terminologia Microsoft si preferisce il termine inglese originale al calco omonimico baco;
  • spider – termine inglese anche per i programmi utilizzati dai motori di ricerca per identificare nuove informazioni sul Web. Effettivamente in italiano sarebbe ridicolo fare riferimento ai ragni sulle ragnatele (web) ma a quanto pare non lo è in altre lingue, ad es., anche senza aver fatto il liceo classico, qualche sospetto sul greco αράχνη mi viene…
  • virus – non un animale (e poi è latino e non inglese) ma lo includo lo stesso perché è uno dei pochi internazionalismi;
  • worm – prestito anche per il codice malintenzionato che si autoreplica e si propaga automaticamente; altre lingue invece traducono, ad es. in spagnolo si dice gusano, come il verme nella tequila;
  • watchdog – il "cane da guardia" è un dispositivo dii controllo (un sistema di temporizzazione hardware) e anche in questo caso si preferisce il prestito.

Altri riferimenti meno diretti ad animali, sempre in inglese:

  • snail mail – un termine informale per descrivere la posta tradizionale, lenta come una lumaca rispetto a quella elettronica;
  • chi ricorda Veronica, uno dei primi servizi per Internet, saprà che il nome era un acronimo con un riferimento ai "roditori", very easy rodent-oriented Netwide index to computerized archives.

E in italiano, senza influenze dell’inglese? Mi vengono in mente solo chiocciola per il simbolo @ e bufala.


Aggiornamento 2012 – In Metafore e terminologia informatica 2 alcune osservazioni sui neologismi semantici riconducibili a esseri viventi.

a real bug!!   from my mum's garden!!

A real bug!

Termini in evidenza

Termini del mese descritti nel 2008 nella sezione italiana del Portale linguistico Microsoft, dove ora rimangono consultabili solo le voci del database terminologico Microsoft.

Chiavetta USB
Cookie
History – Cronologia
Gallery – Raccolta
Migration – Migrazione
Ribbon – Barra multifunzione
Wizard – Procedura guidata 


Chiavetta USB

FlashDrive

L’oggetto rappresentato qui a lato è molto diffuso e sicuramente tutti sappiamo di cosa si tratta: un dispositivo che viene connesso al computer tramite porta USB e usato per memorizzare informazioni. Probabilmente, però, non tutti lo descriviamo con lo stesso nome: sia in inglese che in italiano coesistono diversi sinonimi (a un unico concetto sono associate diverse designazioni).

Termini inglesi: flash drive, jump drive, keychain drive e key chain drive, key drive, memory key, pen drive, thumb drive, USB drive, USB flash drive e relativo acronimo UFD
Termini italiani: chiave USB, chiavetta [USB], pen drive e pendrive (sia maschile che femminile), penna USB, pennetta, unità flash USB, unità di memoria flash USB

Nel 2000, quando sono apparsi questi dispositivi per la prima volta, nessuno avrebbe immaginato un tale proliferare di nomi e quindi esiste qualche incongruenza. Nel database terminologico Microsoft è stata uniformata la terminologia per l’italiano:

Unità flash USB è il termine standard, da utilizzare in tutti i contesti con contenuto tecnico e con riferimento specifico a singoli dispositivi.

Chiavetta USB potrà essere usato in occorrenze più generiche, dove in inglese appaiono termini diversi da USB flash drive, tipicamente per ottenere comprensione immediata anche da chi non ha familiarità con il termine standard. Chiavetta USB è la forma più frequente in italiano e già documentata nei dizionari, ad esempio nel Vocabolario Treccani.

 

Nell’inglese americano standard il termine cookie indica un biscotto, di solito tondo e piatto. Nei contesti tecnici, invece, grazie a un processo di terminologizzazione un cookie è un file di dati di piccole dimensioni inviato dal server di un sito Web al browser durante la connessione al sito e salvato localmente nel computer dell’utente. I cookie contengono informazioni sulle operazioni eseguite all’interno del sito e le preferenze di navigazione, possono consentire il riconoscimento dell’utente all’accesso successivo, ecc. Esistono diversi tipi di cookie, ad esempio i cookie permanenti (o persistenti) rimangono nel computer dell’utente tra una sessione e l’altra mentre i cookie di sessione, o temporanei, vengono eliminati alla fine della sessione del browser.

Prima di venire adottati in ambito Web, i cookie descrivevano pacchetti di dati di dimensioni ridotte che venivano inviati tra programmi di comunicazione. Questi pacchetti fortune cookieavevano dei dati nascosti al loro interno e questa caratteristica ha portato alla creazione del neologismo semantico cookie per analogia con i fortune cookie, biscotti di forma particolare con nascosto al loro interno un foglietto con una massima o un messaggio augurale e che vengono serviti nei ristoranti cinesi in America alla fine dei pasti.

In italiano, come spesso accade in questi contesti, si è perso il significato figurato del termine inglese, anche perché il referente non sarebbe stato riconosciuto, e si è optato per il prestito. È interessante notare che è la scelta fatta dalla maggior parte delle lingue, non solo quelle che facilmente adottano termini inglesi, come tedesco e svedese, ma anche quelle che di solito cercano di trovare un termine locale, come francese e spagnolo. Altre lingue hanno adattato il termine inglese alla loro ortografia, ad esempio kuki in albanese, cwci in gallese, khukhi in tswana e kúkì in yoruba. Sono poche le lingue che, invece, hanno scelto un termine descrittivo, come il norvegese che ha optato per informasjonskapsel (capsula di informazioni).

E in cinese? Anche in questo caso è stato adottato il prestito cookie, infatti la metafora del "biscotto con messaggio" non sarebbe stata riconosciuta: i fortune cookie non sono un prodotto originario della Cina! Insolita e sorprendente è invece la scelta del catalano di usare la traduzione letterale galeta (“biscotto”) perché non riconducibile in alcun modo al senso figurato di cookie.

 

History – Cronologia

In ambito informatico, il termine inglese history viene definito come “un elenco delle azioni dell’utente all’interno di un programma, ad esempio una serie di comandi utilizzati o i collegamenti alle pagine Web aperte tramite un browser”.

Quando il termine history è stato introdotto nei prodotti Microsoft nella prima versione di Internet Explorer, per l’italiano si era discusso se adottare un termine etimologicamente vicino all’originale inglese e seguire la scelta di tutte le altre lingue neolatine (historique in francese, historial in spagnolo, histórico in portoghese, ecc.) ma il termine storia da subito è apparso fuorviante perché avrebbe fatto pensare a una narrazione di fatti, mentre il sostantivo storico, riconosciuto principalmente come “esperto di storia”, sarebbe risultato ambiguo o avrebbe potuto essere interpretato come aggettivo.

Nella prima versione di questa funzionalità le varie voci dell’elenco erano aggiunte esclusivamente in ordine cronologico e così è stato deciso di evidenziare il rapporto temporale tra le azioni, scegliendo di tradurre history con cronologia.

Il termine cronologia si è rapidamente attestato anche in altri ambiti ed è diventato lo standard usato da tutti i produttori di browser.

Aggiornamento: altri dettagli in History – Cronologia

 

Gallery – Raccolta

Il termine inglese gallery è apparso per la prima volta nei prodotti Microsoft in Image Gallery, una funzionalità che permetteva di visualizzare e organizzare le proprie immagini e foto; non a caso il termine inglese faceva riferimento specifico al luogo dove vengono esposte arti visive.

In italiano si era discusso se mantenere la stessa analogia e optare per Galleria di immagini ma questa ipotesi era stata presto scartata: la forma abbreviata Galleria ci sembrava ambigua perché avrebbe potuto far pensare a un tunnel o un passaggio sotterraneo; andava inoltre valutata la possibilità che in inglese venissero in seguito conferiti nuovi significati a gallery, estendendo l’uso ad altri contesti e altre aree semantiche. Era stato preferito il termine più neutro raccolta, di immediata comprensione e non legato solo a contesti visivi; nel caso specifico avevamo scelto Raccolta immagini.

Si è rivelata una scelta azzeccata: nelle versioni inglesi dei prodotti ora esistono vari tipi di gallery ma non sempre gli oggetti che contengono sono rappresentati visivamente. Negli strumenti di sviluppo come Silverlight, ad esempio, Control Gallery è una libreria di controlli e componenti che però non sono sempre caratterizzati da un aspetto specifico; in Office l’elemento Custom Actions Gallery contiene azioni personalizzate non connotate graficamente. In tutti questi casi il termine italiano raccolta si rivela adeguato perché privo di ambiguità e sufficientemente descrittivo.

Un’eccezione è la funzionalità Elements Gallery, l’elemento di interfaccia che caratterizza Office 2008 per Mac, tradotto con barra multifunzione perché nel contesto in cui appare il termine raccolta sarebbe stato riduttivo e poco evocativo. Per saperne di più su questa scelta, Concetti e termini: un esempio da Office per Mac.

 

Migration – Migrazione

I termini inglesi migrate e migration sono sempre più usati per descrivere il processo con cui si spostano file o dati da un prodotto, sistema, formato o protocollo a un altro.

La traduzione in italiano è apparentemente ovvia: migrare e migrazione. Effettivamente il sostantivo migrazione ha, come in inglese, il significato di "trasferimento da un luogo a un altro". Il verbo migrare, invece, appartiene ai cosiddetti falsi amici, le coppie di termini in lingue diverse che presentano notevoli somiglianze morfologiche (o fonetiche) ma differiscono nel significato o nell’uso.

In italiano il verbo migrare ha in genere un significato più ristretto del sostantivo migrazione e fa riferimento quasi esclusivamente allo spostamento stagionale di alcune specie di volatili. Soprattutto, però, è un verbo esclusivamente intransitivo, a differenza dell’inglese migrate che può essere anche transitivo (ad esempio, migrate a printer server configuration). Nell’italiano dell’informatica l’interferenza dell’inglese ha quindi portato alla diffusione di calchi sintattici quali migrare un sito.

Nei prodotti Microsoft viene invece usata l’espressione eseguire la migrazione, stilisticamente forse non molto elegante ma grammaticalmente corretta.

 

Wizard – Procedura guidata

Microsoft Publisher 1.0 è il programma dove per la prima volta in inglese è stato usato il termine wizard (“mago”) per descrivere una funzionalità del software allora decisamente innovativa: i wizard (ad es. Leaflet Wizard) consentivano agli utenti senza alcuna esperienza di desktop publishing di creare facilmente documenti con layout professionale. L’interfaccia sottolineava il significato letterale del termine: apparivano infatti bacchetta magica, cappello a cono e altre immagini dell’iconografia magica anglosassone.

La traduzione scelta per la versione italiana era un neologismo, autocomposizione, che consentiva di esplicitare un concetto specializzato ma riconoscibile (la composizione tipografica) e, prefissandolo con l’elemento auto, comunicava che l’azione avveniva “da sé” (ad es. Autocomposizione opuscolo). L’immediatezza del termine italiano riusciva inoltre a rendere meno evidenti le incongruenze grafiche che si creavano discostandosi dal termine inglese, in quanto non era possibile eliminare le immagini originali dall’interfaccia.

I wizard hanno avuto successo e sono stati rapidamente adottati in altri contesti. In questa evoluzione sono scomparse le connotazioni legate alla magia e in inglese wizard ha subito un processo di terminologizzazione ed è diventato un neologismo informatico: “strumento interattivo che guida l’utente attraverso una procedura particolare presentandogli una serie di opzioni o domande”.

Anche la traduzione italiana si è evoluta: il termine autocomposizione, limitato a un contesto d’uso troppo specifico, è stato sostituito dal nome dell’azione effettuata seguito dall’aggettivo guidato, ad esempio Setup Wizard diventa Installazione guidata. Nei riferimenti generici al tipo di funzionalità si ricorre invece a procedura guidata. Questa soluzione non è ristretta alla terminologia Microsoft ma è diventata uno standard terminologico nell’ambito informatico italiano.

Aggiornamento – I potenziali problemi di localizzazione per le lingue che hanno scelto una metafora diversa da quella originale legata alla magia: Se non c’è la sfera di cristallo…