Terminologia e comunicazione (TKE)

logoLa settimana scorsa ero a Madrid per la conferenza TKE 2012 (Terminology and Knowledge Engineering). 

È stata aperta da un intervento alquanto stimolante di Rita Temmerman, Dynamicity, diversity and indeterminacy of terminological understanding in communication, che ha riassunto le tendenze più recenti della terminologia nelle sue diverse componenti interdisciplinari.

L’informatica ha rivoluzionato la ricerca terminologica ma per ulteriori sviluppi nell’ambito dell’ingegneria della conoscenza assumeranno sempre più rilevanza aspetti della comunicazione quali, ad esempio:

i diversi tipi di contesto (linguistico, situazionale, cognitivo e culturale);
l’anisomorfismo;
le differenze culturali, che nell’organizzazione delle conoscenze e delle esperienze possono caricare le parole di connotazioni specifiche;
l’uso metaforico ed evocativo della lingua;
l’ambiguità che caratterizza qualsiasi sistema comunicativo.

Questi e altri fattori sono essenziali per valutare l’impatto della variazione terminologica ma temo siano spesso trascurati da chi si occupa di terminologia in modo superficiale, limitandosi a tradurre singole parole. 

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Vedi anche: Conoscenze enciclopediche e altri post con tag lavoro terminologico.
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anti-spappolo

Le regole di un concorso di raccolta differenziata spiegano che vanno esclusi i fazzolettini di carta usati perché “sono quasi tutti anti-spappolo e quindi difficili da riciclare”.

La parola spappolo non fa parte del lessico comune (i dizionari registrano solo l’allotropo spappolamento) ma mi piace molto il neologismo anti-spappolo. È mutuato dall’ambito specialistico dell’industria cartaria, dove prevale la forma antispappolo.

I fazzoletti non sono riciclabili!La scelta grafica del trattino aumenta l’efficacia del termine: credo che antispappolo possa essere interpretato correttamente* anche da chi ha competenze linguistiche limitate, grazie alla riconoscibilità dei prefissi anti- s- e di pappa, parola del lessico di base.  
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Vedi anche: Tendenze nella formazione dei neologismi.


.* O forse per comprendere bene il concetto serve anche qualche nozione di bucato e l’esperienza di un fazzolettino di vecchia generazione finito in lavatrice? Bisognerebbe chiederlo a qualche uomo, ma di vecchia generazione anche lui! 
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Cultura inglese: il pappagallo morto

pappagallo norvegese blu morto stecchito con le zampe all’aria
immagine: Oikiden

Molti sketch dei Monty Python fanno parte delle conoscenze enciclopediche degli inglesi.

Tutti conoscono l’episodio del pappagallo morto, ambientato in un negozio di animali, in cui John Cleese interpreta un cliente che protesta perché gli è stato venduto un pappagallo, un Norwegian Blue, che era già defunto. Il negoziante, contro ogni evidenza, nega che il pappagallo sia davvero morto, ad esempio insiste che sta riposando (resting) e poi che si sta struggendo [per la nostalgia] dei fiordi (pining for the fjords). Cleese, sempre più esasperato, snocciola una serie di modi di dire per descrivere la morte (expire, kick the bucket, push up the daisies, be bereft of life, be a stiff, meet the maker, be no more, cease to be, ring down the curtain, join the choir invisible…).

Lo sketch è andato in onda per la prima volta nel 1969, ha una sua voce nel dizionario OALD e appare spesso nelle discussioni su sinonimi ed eufemismi, come in due articoli recenti, This police horse is no more. It has ceased to be. It’s expired and gone to meet its maker (Mind your language – The Guardian) e “This parrot is no more”. When is a synonym not a synonym? (Macmillan Dictionary).


Trascrizione dello sketch qui.

Aggiornamento settembre 2014 – Anche David Crystal in A thousand words for death prende spunto dallo sketch e aggiunge esempi letterari e da classi sociali e registri diversi.

Aggiornamento gennaio 2019 – Lo sketch ha già 50 anni ma le sue battute continuano ad essere riconoscibilissime. Ad esempio, ha ispirato questa vignetta sull’accordo per la Brexit negoziato da Theresa May con l’Unione europea e bocciato dal Parlamento britannico (eppure May ha dichiarato che intende ripresentarlo): Vignetta che riproduce lo sketch: pappagallo morto con la scritta Brexit deal, John Cleese che dice “This parrot has ceased to be…” e le altre frasi sul pappagallo morto. Il venditore è Theresa May che dice “He’s just resting”.
Vignetta: Dave Whamond

Questioni di pane e di torte (Wallace & Gromit)

Sfogliando il giornale ho visto che stasera su RAI 3 sono in programma i mediometraggi di Wallace & Gromit. Li conosco in versione originale ma sarei curiosa di sapere come sono stati resi in italiano gli innumerevoli giochi di parole ed espressioni idiomatiche e i riferimenti che spesso implicano conoscenze enciclopediche britanniche.

Proprio qualche giorno fa ho rivisto il filmato più recente, A Matter of Loaf and Death, ambientato tra forni e fornai. Il trailer originale:

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Nel titolo italiano, Questione di pane o di morte, si perde non solo il gioco di parole loaf / life (e anche love, per via dell’accento settentrionale di Wallace), ma anche il riferimento al film A Matter of Life and Death che in italiano si chiama Scala al Paradiso. Non è l’unica citazione cinematografica, ad es. il forno di Wallace & Gromit si chiama Top Bun e ci sono alcune scene che richiamano film famosi.

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Animali volanti e decodifiche aberranti

Zits è una striscia americana che ha per protagonisti Jeremy, tipico adolescente, e i suoi genitori. Un esempio recente in cui la madre stupefatta racconta al padre che il figlio ha pulito il bagno di sua spontanea volontà:

striscia Zits

Questa striscia richiede la cooperazione del lettore, che deve riempire gli spazi vuoti del “non detto” richiamando un’espressione dell’inglese americano*, when pigs fly (si dice per sottolineare che si ritiene inverosimile che un particolare evento si verifichi).  

Se Zits fosse pubblicato in Italia, sarei curiosa di vedere la traduzione italiana.

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Nomi di pizze

A proposito di trasparenza e riconoscibilità di nomi di prodotti, credo sia raro trovare un italiano che non sappia cosa sono margherita, capricciosa, quattro stagioni, marinara e le altre pizze dai nomi standard, immancabili sul menu di ogni pizzeria.

Ogni locale completa l’offerta con altre pizze, chiamandole in vario modo. Sono usati:

nomi descrittivi “diretti”, ad es. tonno e cipolla;
nomi descrittivi “indiretti” che suggeriscono gli ingredienti caratterizzanti sfruttando le nostre conoscenze enciclopediche, ad es. spinaci per la pizza Braccio di ferro o speck per la tirolese;
nomi di fantasia, legati a un tema, al nome del locale (ad es. glorie del cinema per una pizzeria Hollywood) o non meglio classificabili.

Nell’ultimo caso mi è capitato più volte di domandarmi se l’abbinamento nomi–ingredienti avesse una sua logica. Me lo sono chiesta ancora quando, tra la posta, ho trovato il menu di una nuova pizzeria. Alcuni esempi:

pizza Baby Gang: pomodoro, mozzarella, salsiccia, zola, salame piccante
pizza Delfino: pomodoro, mozzarella, salsiccia, patatine
pizza Nettuno: mozzarella, bresaola, rucola, grana
pizza Padre Pio: pomodoro fresco, lattuga, carne kebap
pizza Viagra: pomodoro, mozzarella, brie, speck

Scelta di nomi e associazione di ingredienti alquanto eclettiche!


Nuovi post con “varianti straniere” in tema pizza:
Pepperazzi Pizza 😉
Da Pizzaghetti a Prisotto
Differenze culturali: come si mangia la pizza


Per la serie “cassetta delle lettere”, vedi anche Love Boat?  e  ben formaggiato?!?.

Romani! Chi era costui?

Curioso errore del corrispondente da Londra del Corriere della Sera: in Il discorso della principessa, la lettura fatta in chiesa al matrimonio reale è diventata un passo dalla «Lettera di Romani» (con tanto di virgolette!) anziché dalla Lettera ai Romani
image

Immagino che la confusione sia causata dal testo inglese from Romans, forma abbreviata di from the Letter to the Romans, che nell’originale probabilmente è seguita dal numero che identifica il passo. Trovo comunque strano che un giornalista ignori una citazione che dovrebbe far parte delle conoscenze enciclopediche della maggior parte degli italiani, indipendentemente dal credo.

Kings_speechInvece, a proposito dell’allusione al film Il discorso del re, molti avranno notato che in italiano (e nelle altre lingue latine) si perde il doppio significato del titolo originale The King’s Speech, in particolare il riferimento alla balbuzie, uno speech impediment.

Non mi vengono in mente alternative, se non, forse, Parla il re (ma chi ha visto il film sa che il richiamo al discorso finale è fondamentale).

la persona più tipica del mondo

Più volte ho accennato all’idea di utente tipico.

È un modello di riferimento che aiuta a operare scelte stilistiche, di traduzione e di localizzazione, a selezionare o adattare esempi e riferimenti, a decidere quali informazioni rendere esplicite e quali mantenere implicite. Il profilo dell’utente tipico viene definito valutando diversi fattori che possono influenzare la fruizione di un prodotto, di un testo o di altri contenuti, tra cui esperienza ed esperienze, aspettative e conoscenze specifiche ed enciclopediche* del destinatario. 

Tipico” è comunque un concetto alquanto relativo, specialmente se riferito a persone. Lo sottolinea the world’s MOST typical person, un video realizzato per National Geographic usando la tecnica della tipografia cinetica:

7 Billion: Are You Typical? – National Geographic Magazine

[via Open Culture]

* Il sistema consuetudinario statunitense è un esempio di conoscenze enciclopediche non condivise: per chi è cresciuto negli Stati Uniti le misure 5’11” e 5’4½” sono trasparenti, mentre la maggior parte di noi deve fare qualche calcolo o usare tabelle di conversione per sapere che corrispondono a 180 e 164 cm (e che 100 galloni sono circa 378 litri). 

Vedi anche: Terminologia e utente tipico e Il concetto di “user persona” nel software.

lettore tipico…

acqueforti, farfalle, stampe giapponesi e francobolli

Nell’animazione inserita in Il linguaggio: una finestra sulla natura umana appare un esempio che Steven Pinker in The Stuff of Thought usa ripetutamente per illustrare le implicature conversazionali (“enunciati che possono essere inferiti dal fatto che l’evento comunicativo si sta svolgendo in un certo modo e forniscono informazioni aggiuntive o correttive nei confronti del senso esplicitamente formulato nel testo”):

vignetta ambientata nel XIX secolo che gioca sul riferimento letterale alla raccolta di acqueforti e quella implicita al doppio senso per sesso

La frase Would you like to come up and see my etchings? è un’allusione ammiccante subito riconoscibile perché fa parte delle conoscenze enciclopediche dei parlanti di lingua inglese, come la collezione di farfalle per gli italiani. L’aspetto curioso è che lo stesso doppio senso scherzoso esiste anche in altre lingue europee, con la stessa intenzione comunicativa, ma come oggetto ha un diverso tipo di raccolta: acqueforti in inglese (etchings), farfalle in italiano, stampe giapponesi in francese (estampes japonaises) e francobolli in tedesco (Briefmarkensammlung) e spagnolo (colección de sellos).

Chissà cosa ha determinato il tipo di collezione in ciascuna cultura e se in altri paesi ci sono ulteriori variazioni sul genere?

Nuovo post con frase aggiornata al XXI secolo: Collezioni di farfalle ai tempi di Netflix 😏


La spassosa definizione di collezione di farfalle da Parole per ricordare (Dizionario della memoria collettiva): "espressione scherzosa che allude al desiderio ammiccante di una persona di intrattenere rapporti intimi con un partner, di solito occasionale, mediante il proverbiale invito a salire nel proprio appartamento a vedere un’ipotetica collezione di farfalle, senza che sussista in entrambi alcun effettivo interesse entomologico"


Yessss… We can…e!!

Vetrofania sul retro di un furgone visto in una nota località sciistica italiana:

van-can-cane

Non c’è che dire, YESSSS… WE  CAN…E!!  è una rielaborazione linguistica davvero fantasiosa dello slogan politico americano più famoso del 2008.

Al lettore è comunque richiesta una certa cooperazione interpretativa per comprendere correttamente il messaggio pubblicitario:

conoscenza elementare dell’inglese
familiarità con lo slogan della campagna presidenziale di Barack Obama e con le connotazioni positive espresse da YES WE CAN
prontezza di imporre l’ortografia italiana sulla pronuncia inglese per cogliere il gioco di parole
capacità di sintesi per recepire il messaggio e associarlo alla corretta offerta commerciale

Nel mio caso l’ultimo punto non ha funzionato, infatti è stato il nome Qua la zampa! a comunicarmi che veniva pubblicizzata un’attività per animali domestici ma, in mancanza di altre informazioni sul resto del furgone, non sono riuscita a capire che servizi venivano proposti: tolettatura, tosatura e simili, custodia degli animali mentre i padroni sciano (dog sitting), o semplicemente vendita di cibo e accessori per animali?

Se invece lo scopo era solo quello di attirare l’attenzione, beh, forse si potrebbe citare un altro presidente americano: MISSION ACCOMPLISHED


Vedi anche: weekend – we can (un altro riferimento allo slogan di Obama).

Icone culturali inglesi

Aggiornamento agosto 2011 – Come spiegato qui, il sito non è più online e quindi le informazioni e i collegamenti che seguono sono obsoleti.


www.icons.org.ukMi è piaciuto molto il sito ICONS, a portrait of England, un progetto che si propone di scegliere le 100 icone culturali* che meglio rappresentano l’Inghilterra, nominate e votate da chi frequenta il sito.

Le icone sono ordinate graficamente, alfabeticamente, cronologicamente e geograficamente e a ciascuna è associata una scheda informativa. C’è anche una sezione Learn&Play con suggerimenti didattici per insegnanti, quiz e contenuto multimediale. 

esempio di icona culturale inglese: Winnie-the-Pooh. Ne riconoscete altre? I Monty Python, Robin Hood, Sherlock Holmes, il bobby, fish&chips, la pinta, la Rolls-Royce...

* Una definizione di icone culturali dall’introduzione del volume Icone culturali d’Europa

[…] figure, luoghi, “oggetti” che hanno acquisito una presenza particolare e durevole nell’immaginario collettivo, divenendo parte di un patrimonio simbolico da cui attingono il linguaggio giornalistico e la pubblicità, la comunicazione colta e il parlare comune. Sono frammenti di racconti, rappresentazioni collettive, discorsi o pratiche culturali che, emancipati dal loro contesto di origine, agiscono autonomamente in una pluralità di altri contesti […]

 
Vedi anche: Britannia in Brief e post che parlano di conoscenze enciclopediche.

Nastro adesivo “americano”

Succede negli Stati Uniti: Attaccano il bambino di 22 mesi al muro con il nastro adesivo (ottobre 2010).

La notizia è sconcertante perché coinvolge un bambino ma chi ha familiarità con il mondo di lingua inglese avrà sicuramente capito che il materiale usato non è un nastro adesivo generico ma si tratta di duct tape (il nastro adesivo telato largo e robusto, comunemente di colore grigio argentato, noto in italiano come nastro americano).

Dilbert 19/3/1990 © Scott AdamsIn America il duct tape, in origine impiegato come materiale isolante, viene usato per gli scopi più disparati. Con un po’ di ingegno e un rotolo di duct tape ogni problema è risolvibile, tanto che sull’argomento ci sono libri, concorsi e soprattutto battute, vignette e scherzi di ogni genere: il “metodo” per bloccare al muro il malcapitato bambino è una nota goliardata (per qualche esempio, basta cercare duct tape pranks).

Il duct tape da tempo fa parte della cultura popolare americana (qualche dettaglio qui, qui e qui) e proprio per questo sia il nome duct tape che il verbo che ne deriva hanno connotazioni particolari non facilmente riproducibili in culture che non condividono le stesse conoscenze enciclopediche. Riconoscendole, la notizia del malcapitato bambino risulta davvero squallida ma forse non del tutto sorprendente: come direbbero certi prelati citati nelle cronache politiche in questi giorni, va contestualizzata.

Dilbert 25/12/1994 © Scott Adams

Vedi anche: altri post nella categoria differenze culturali.


Aggiornamento dicembre 2019 – Ha suscitato un certo clamore l’ultima opera dell’artista Maurizio Cattelan, una banana appesa al muro con del nastro adesivo americano. Nella notizia data dai media italiani però manca qualsiasi spiegazione che faccia riferimento alla cultura popolare americana. Esempio:

Il clima italiano visto da italia.it

Una protesta sulle tariffe pagate per la traduzione dei contenuti del portale Italia.it  (qui e qui) con commenti negativi sulla qualità delle pagine già tradotte, ma senza esempi specifici, mi ha fatto venire la curiosità di darci un’occhiata.

In effetti non c’è da stare molto allegri: traduzioni estremamente letterali, tanto che viene in mente quel famigerato invito in inglese a visitare l’Italia da parte dell’ex ministro Rutelli.

Soprattutto, però, non mi sembra siano stati fatti molti tentativi di adattare le informazioni al punto di vista dell’utente finale, il potenziale turista, come si può vedere dalla pagina in inglese sul clima, The climate in Italy [non più disponibile] . Due esempi banali ma che saltano subito agli occhi:

Estremi climatici

Per invogliare a venire in Italia chi non c’è mai stato, il clima viene descritto in questo modo: in the north the climate is harsh, with very cold winters and very hot, particularly humid summers […] intense cold season […]  the sultriness of the northern cities […]

tipico inverno italiano: biciclette a Milano, gennaio 2010Rispetto al testo originale (Nel Nord […] il clima è rigido: gli inverni sono molto freddi e le estati molto calde con alti livelli di umidità. Nel Centro […] il periodo freddo è più breve e meno intenso e l’estate è più lunga, ma difficilmente c’è l’afa che colpisce le città settentrionali), tutto sommato accettabile dal punto di vista di chi vive in Italia (equivale alle informazioni dei testi scolastici, quindi fa parte delle conoscenze comuni di tutti gli italiani), nella traduzione sono state enfatizzate alcune descrizioni negative, tra cui collocazioni italiane come clima rigido e inverno rigido che, secondo me, non andavano interpretate letteralmente ma “localizzate”.

Se il testo promozionale turistico fosse stato scritto direttamente in inglese, gli aspetti meno gradevoli del clima sicuramente sarebbero stati smorzati, specialmente nel caso di destinatari che vivono in climi decisamente meno favorevoli del nostro (si può fare un confronto con le stesse informazioni date dalle guide turistiche, che danno un’immagine positiva del clima italiano e indicano anche i periodi migliori per visitare il paese, ad es. la Rough Guide dà queste indicazioni: Italy’s climate is one of the most hospitable in the world, with a general pattern of warm, dry summers and mild winters. There are, however, marked regional variations ). Ma forse quella di Italia.it è una scelta voluta, per rafforzare lo stereotipo della tendenza italiana all’esagerazione?!?

Localizzazione delle temperature

Nella pagina sul clima vengono indicate temperature medie per tre città, una per ciascuna area climatica, ma senza specificare quale, quindi dando per scontato che anche chi non è italiano sappia fare la giusta associazione. Le temperature sono in gradi Celsius e le precipitazioni in mm, dati del tutto insignificanti per potenziali turisti americani abituati ai gradi Fahrenheit e ai pollici e per i quali andrebbe prevista la doppia tabella o l’opzione di conversione, cfr. Problemi di conversione (e di localizzazione) su convenzioni culturali e unità di misura.


Aggiornamento giugno 2013 – La grafica del sito è stata cambiata ma le traduzioni non sono state riviste e contengono ancora errori tipici di chi traduce verso una lingua che non è la propria. Nella pagina The climate in Italy [non più disponibile], alcune frasi sono state tagliate e c’è un tentativo maldestro di localizzazione, come si può vedere dalla tabella del clima di Milano:

versione inglese del clima di Milano in Italia.it

La combinazione di temperature in gradi Fahrenheit e precipitazioni in millimetri non ha senso: i primi sono usati solo negli Stati Uniti (e pochissimi altri paesi), dove il sistema metrico risulta praticamente incomprensibile; viceversa, chi è abituato ai sistema metrico difficilmente trova significative le temperature “americane”.

Mi sembra anche poco appropriato mantenere i decimali che risultano dalla conversione di temperature medie: sarebbe stato più opportuno arrotondare i numeri.


Vedi anche: Localizzazione… e visioni del mondo su conoscenze enciclopediche e punti di vista diversi in base al mercato e Crocchette ≠ croquettes per altri esempi di traduzioni poco felici in un sito del Ministro del Turismo.


Aggiornamento aprile 2023 – A distanza di 13 anni il portale italia.it torna a far parlare di sé, tra cui problemi di traduzione che nel frattempo sono diventati di traduzione automatica: alcuni esempi nei commenti a Open to Meraviglia… and to perplessità.

Localizzazione e… visioni del mondo

mappamondo in Stone SoupIn una striscia recente di Stone Soup si vede Alix, ragazzina americana, che guarda un mappamondo. Come europea, ho subito notato che l’Europa non ha la sagoma che mi sarei aspettata (probabilmente un dettaglio irrilevante per molti americani) e soprattutto mi sono venuti in mente un paio di ricordi della preistoria della localizzazione, quando il concetto di adattamento del software per un mercato specifico non era così ovvio.

Per spiegare quali dettagli, informazioni e riferimenti di un prodotto americano potevano essere facilmente riprodotti anche nelle versioni localizzate e quali invece andavano modificati, eliminati o sostituiti, risultavano particolarmente efficaci alcuni esempi legati alla geografia e alle diverse “visioni del mondo”. Oggi appaiono sicuramente scontati ma una ventina di anni fa non lo erano affatto, specialmente se gli interlocutori erano americani:

  • il mondo visto da un americanoOgni mercato può avere un punto di vista diverso, anche per gli stessi riferimenti. Esempio tipico: icone e immagini che rappresentano il globo terrestre non sono internazionali, l’utente infatti si aspetta di vedere in evidenza il proprio continente.
  • Le cosiddette conoscenze enciclopediche, ovvero il bagaglio di conoscenze comuni a chi appartiene a una certa cultura, non sempre sono condivise. Esempio tipico: a scuola un americano impara che i continenti sono sette (Asia, Africa, North America, South America, Antarctica, Europe, Australia), un italiano invece che sono cinque (Africa, America, Europa, Asia, Oceania), come i cerchi olimpici, se si considerano solo le terre abitate, oppure sei se si include anche l’Antartide.

Spain, France or Italy? E a proposito di conoscenze enciclopediche di tipo geografico, ricordo divertita alcuni quiz per il mercato americano della prima versione dell’enciclopedia Encarta, come quello con la sagoma qui a sinistra e la domanda, mi pare di livello elevato di difficoltà, se si trattasse di Spagna, Italia o Francia, o quello che chiedeva di identificare il paese di origine dei canguri: Austria o Australia?

Vedi anche: Localizzazione di esempi e riferimenti e Problemi di conversione e di localizzazione.

Uova orientali? Forse no… (Easter egg e sorprese)

Post pubblicato il 30 giugno 2008 in blogs.technet.com/terminologia


Schermata di un articolo visto qualche giorno fa sul Corriere della sera online:

easterN eggs!!!!!

Nel frattempo gli errori più vistosi sono stati corretti, ma il giornalista aveva fatto confusione tra eastern (orientale) e Easter (Pasqua) e sul plurale dei sostantivi stranieri (in italiano rimangono invariati), però mi ha fatto venire in mente i tempi in cui i prodotti Microsoft avevano ancora gli Easter egg, il “contenuto nascosto” di alcuni programmi: quelli di Windows 95 e Windows 98 includevano anche i nomi di alcune persone del team di localizzazione di Windows, allora ancora a Dublino, e faceva piacere vedere comparire sullo schermo il nome di amici e colleghi.

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