Lingue, funzione fatica e cortesia

Un articolo della BBC, What Paddington tells us about German v British manners, evidenzia alcune differenze culturali tra tedeschi e inglesi. In particolare, descrive alcune caratteristiche della lingua inglese usate con funzione fatica per mantenere aperta la comunicazione tra due o più interlocutori: gli enunciati di cortesia, i convenevoli, il parlare del più e del meno come le considerazioni sul tempo (ovvero lo small talk, un concetto non facile da esprimere in italiano e tantomeno in tedesco).

I tedeschi tendono a interpretare queste espressioni linguistiche come prive di significato e quindi inutili e, nel caso dei convenevoli, addirittura poco sincere. Gli inglesi, invece, possono percepire il modo di parlare esplicito dei tedeschi, senza tanti giri di parole, come brusco e scortese.

Una distinzione che viene spesso fatta in questi casi* è quella tra culture a basso contesto (low context) e culture ad alto contesto (high context):

  • basso contesto (LC): vengono privilegiate modalità comunicative esplicite e verbali, in cui vengono enfatizzati fatti, informazioni dirette, regole, coerenza (si mira al punto)
  • alto contesto (HC): vengono privilegiate modalità comunicative implicite e non verbali, in cui vengono enfatizzati informazioni trasmesse indirettamente attraverso il contesto, sentimenti, flessibilità di interpretazione a seconda delle circostanze (si gira attorno al punto) 

Per un esempio delle diverse strategie di comunicazione adottate dalle varie lingue vengono spesso citate le espressioni di cortesia (per essere più precisi, si fa riferimento al concetto di politeness, che in inglese implica anche l’adeguatezza a una situazione).

LC vs HC

Esempio tipico è Could you pass me the salt, please? in inglese che, se “tradotto” letteralmente in italiano, Potresti passarmi il sale, per favore?, potrebbe suonare irritato o sarcastico (ad es. moglie arrabbiata con il marito, richiesta già fatta ma rimasta inascoltata ecc.) perché in un contesto informale italiano ci si aspetterebbe un semplice  Mi passi il sale? con l’intonazione appropriata: in questo caso la cortesia è implicita nel contesto.

Come evidenziato nell’articolo citato, una modalità comunicativa non prevista per una lingua può portare a fraintendimenti e conclusioni errate.

Concludo con un episodio che mi fa ancora sorridere. Proprio per evitare che i ragazzini italiani che accompagnavo in Inghilterra (secoli fa!) passassero per maleducati, insistevo moltissimo sull’importanza dei vari please e thank you, ovviamente senza scendere in troppi dettagli. Un giorno, a una partita di pallacanestro contro altri studenti, alcuni ragazzi insoddisfatti dell’andamento del gioco erano venuti a chiedermi come si dicesse arbitro in inglese. Non so come fossi riuscita a rimanere impassibile quando, un minuto dopo, li avevo sentiti urlare infuriati un incongruo e per nulla ironico Referee don’t cheat, please! 

Altri dettagli sul concetto di politeness e su come viene realizzato in inglese britannico in L’inglese, una “lingua educata”.


Aggiornamenti

Ho trovato interessante The Different Levels of Politeness in Different Cultures and Languages, una discussione che include le diverse forme allocutive in inglese americano, giapponese e lingue slave.

Il diverso uso di please da parte di inglesi e americani è descritto dalla linguista Lynne Murphy in saying ‘please’ in restaurants e in Is It Necessary to Say ‘Please’ in America?. Ad esempio, negli email gli inglesi usano formule come Please note and Please find attached molto più spesso degli americani, che le percepiscono come molto formali e quindi autoritarie; in un contesto lavorativo, un ipotetico cartello inglese Please note: this copier is broken andrebbe adattato in This copier is broken se rivolto a degli americani.

Nuovi post:
Con cortesia: NO JOKES PLEASE! (differenze culturali sui cartelli americani)
Cortesia e ostilità pragmatiche (meccanismi di scortesia)
Iceberg della cultura e La cultura, software della mente (i modelli di Hall e di Hofstede per la comprensione degli aspetti invisibili delle differenze culturali)


* Un libro che analizza questi argomenti e da cui ho tratto spunto per alcuni dettagli è Translating Cultures di David Katan, già citato in Traduzione di nomi propri: Maxwell House e in Torno subito… ma quanto subito?

Formattazione, ortografia e *acquisizzione clienti

pubblicitàTra la posta ho trovato una pubblicità che ha attirato la mia attenzione perché è una fotocopia di bassa qualità di un documento prodotto assemblando ritagli di logo e alcune porzioni di testo (un “taglia e incolla” tradizionale: nuovo retronimo?!).

Nulla da eccepire sul contenuto dell’offerta commerciale, chiara ed esaustiva. Mi domando però quanti decidano di usufruire dei servizi proposti dopo averne letto la descrizione: 

ingrandimento

Si pone molta attenzione sull’impatto negativo delle traduzioni mal eseguite ma anche un documento originale abborracciato come questo non aiuta ad acquisire clienti: a livello inconscio, la presenza di errori, refusi e formattazione sciatta può far sorgere perplessità sull’affidabilità di un prodotto o di un servizio e sulla professionalità di chi lo esegue.

Aggiornamento 2011An ingenious application of crowdsourcing: Fix reviews’ grammar, improve sales conferma l’impatto della qualità linguistica su un potenziale acquirente: le recensioni negative di un prodotto, se scritte correttamente, senza errori di grammatica o di ortografia, possono fare aumentare la domanda per quel prodotto più delle recensioni positive ma piene di errori. Spelling mistakes ‘cost millions’ in lost online sales afferma che le vendite online in un sito con errori di ortografia si riducono anche del 50%.

Aggiornamento 2021 – Un esempio di insegna che non invoglia ad avvalersi dei servizi offerti perché appare poco professionale:

Insegna: DOCTOR SMARTPHONE “RIPARAZIONE” IPHONE IN 15 MINUTI. LDC PARI ALL’ORIGINALE, PELLICCOLE IN VETRO. “VENDITA” COVER E ACCESSORI.

Si nota un errore di ortografia e le parole “riparazione” e “vendita” tra virgolette fanno pensare che vadano interpretate con significato diverso da quello che hanno normalmente. Le emoji sono incongruenti e rendono meno agevole la lettura e c’è chi potrebbe obiettare per l’uso del criticatissimo tipo di carattere Comic Sans.


Balconcino romano:

insegna_notaio_romano

Per la serie “cassetta delle lettere”, vedi anche ben formaggiato?!? e Love Boat?

cartello

…e c’è chi dice che le lingue morte sono inutili!

Come aggiungere un’informazione precisa a una comunicazione quadrilingue (francese, italiano, inglese e tedesco) usando un’unica descrizione comprensibile a tutti?!?

Ricorrendo al latino, come in questo cartello visto ieri in un bosco in Engadina!

divieto

(peccato che i cani non sappiano leggere, né le scritte né le figure!)


Ho aggiunto questa foto alle altre di cartelli insoliti.

cartelli

Velocipedi a Milano (e altrove)

divieto_velocipedi

[2011] Non sono certo la prima persona ad avere notato la dicitura scelta per la segnaletica verticale (cartelli e pannelli luminosi) all’entrata del tunnel di Porta Nuova a Milano: mi ha sempre fatto pensare a un esempio di burocratese con una velata presa in giro dei ciclisti, categoria non molto rispettata da queste parti.

velocipedeI principali vocabolari di italiano (Treccani, Sabatini Coletti, Zingarelli ecc.) descrivono il velocipede come un mezzo antiquato e aggiungono che nel linguaggio contemporaneo è una parola usata solo scherzosamente come sinonimo di bicicletta.

Non registrano altre accezioni ma l’assenza di una spiegazione per l’accezione dei cartelli è giustificata: in questo caso velocipede non fa parte del lessico comune ma è un termine tecnico* usato nell’ambito specializzato del Codice della strada per identificare un concetto specifico:

Art. 50 Velocipedi

1 I velocipedi sono i veicoli con due ruote o più ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano sul veicolo; sono altresì considerati velocipedi le biciclette a pedalata assistita, dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 KW la cui alimentazione è progressivamente ridotta ed infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare.

Velocipede è un esempio particolare di terminologizzazione perché per rappresentare un concetto particolare in un linguaggio speciale si è fatto ricorso a un arcaismo.

Chiunque abbia la patente di guida dovrebbero conoscere il Codice della strada (ehm…) e quindi anche questo significato di velocipede, ma ci sono anche alcune iniziative per semplificarne il linguaggio e renderlo più accessibile. Ad esempio, FIAB propone questa modifica dell’articolo 50:

Biciclette

1 Le biciclette sono mezzi di trasporto con due ruote, o altri mezzi di trasporto a più ruote equiparabili, funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano a bordo
.

Mi sembra però che ci siano margini di miglioramento perché questa riformulazione esclude i mezzi a pedalata assistita (con motore) e si crea qualche ambiguità: in che senso, esattamente, gli altri mezzi (o le ruote?) sono equiparabili? In base a questa definizione anche un triciclo o un monopattino vengono identificati come bicicletta?

La mia impressione è che chi ha fatto questa proposta non abbia capito che nell’ambito del Codice della strada velocipede è iperonimo e non sinonimo di bicicletta. La semplificazione però non dovrebbe mai ridurre la precisione terminologica, essenziale in tutti gli ambiti specializzati.

Interessante comunque che FIAB suggerisca anche di aggiungere termini e definizioni ora mancanti dal Codice della strada, quali attraversamento ciclabile, attraversamento ciclopedonale misto, corsia ciclabile e itinerario ciclabile.


Aggiornamento marzo 2022 – Aggiungo alcuni esempi di cartelli in tema velocipede:

Cartello  ATENZIONE CONDURRE I.VELOCIPEDI A.MANO

In questo esempio colpisce il contrasto tra termine tecnico da Codice della strada, velocipede, e scrittura a mano con ortografia inaccurata.

Cartello con segnale di divieto di transito a biciclette e scritte VELOCIPEDI A MANO e in pseudoinglese VELOCIPEDES BY HAND

In questo esempio di Carla Palmieri risalta una traduzione letterale ridicola: in inglese velocipede è il mezzo ottocentesco oppure, nell’inglese americano, anche un tipo di triciclo. In inglese biciclette a mano si dice in tutt’altro modo, come si può ricavare facilmente con qualsiasi motore di ricerca:

Esempi di cartelli inglesi e americani con scritte WALK YOUR BIKE, PLEASE WALK YOUR BIKE ON THE SIDEWALK ecc.


Vedi anche: esempi di segnaletica orizzontale e cartelli insoliti (peccato non aver potuto fotografare il cartello visto domenica a Enego, sull’Altopiano di Asiago, decisamente Pregolamentare nell’aspetto ma non nella dicitura: il simbolo standard di parcheggio era accompagnato dalla scritta RISERVATO AI SCIATORI).

Regionalismi e gestione della terminologia

Prendo spunto da un commento a Ciaspole, ciaspe, racchette da neve… e da un articolo di BBC News, You have a regional dialect – even on Twitter, per accennare a due tipi di regionalismi che descrivono fenomeni di variazione diatopica (il modo in cui una lingua cambia nello spazio geografico):

  • Geosinonimi: parole diverse che in luoghi diversi descrivono gli stessi concetti. Esempi: affittare al nord, appigionare in Toscana e fittare e locare al sud; anguria al nord, cocomero in Romagna e al centro, melone d’acqua al sud; i nomi dei dolci fritti tipici di carnevale (frappe, chiacchiere, cenci, crostoli, bugie, galani, sfrappole…) o le espressioni per marinare la scuola.
  • Geoomonimi: parole identiche nella forma che in luoghi diversi sono associate a concetti diversi. Esempi: in alcune parti del Veneto il balcone è l’imposta (scuro) mentre il cocomero è il cetriolo (anche in alcune zone della Sicilia); in Romagna il panno è la coperta; al sud tovaglia equivale ad asciugamano (telo); in alcune parti d’Italia temperino è un coltello, in altre un temperamatite; in Toscana il mestolo è un cucchiaio di legno, al nord invece è un utensile per cibi liquidi (ramaiolo in Toscana).

I fenomeni di geosinonimia e geoomonimia riguardano in particolare cibo, mestieri e nomi di oggetti e strumenti di uso comune, per i quali non c’è stata una standardizzazione terminologica a livello nazionale (l’italiano standard è modellato su una lingua letteraria abbastanza estranea a questi argomenti).

In quest’ottica, anche per un’azienda che operi in un contesto unicamente monolingue è un vantaggio avere un sistema di gestione della terminologia che documenti le varianti regionali: l’ottimizzazione delle ricerche dei propri prodotti è l’applicazione pratica più ovvia.

oggetto1Ad esempio, in un catalogo online di articoli per l’ufficio, lo strumento raffigurato a destra dovrebbe risultare nelle ricerche per cucitrice, oggetto2puntatrice, pinzatrice, spillatrice e graffettatrice; in un catalogo di forniture per cucine potrebbero venire inclusi lavello, lavandino, acquaio e secchiaio (cfr. i sanitari lavabo e lavandino!); chi produce l’articolo a sinistra dovrebbe tener conto di appendiabiti, ometto, appendino, attaccapanni, gruccia, stampella, croce...   

Altri esempi in:

♦  Nespole!
♦  Si dice in Romagna…
♦  …e si dice in Lombardia
♦  Regionalismi a Palermo
♦  Dialettismi e regionalismi
♦  Geosinonimi italiani in ALIQUOT
♦  Ciaspole, ciaspe, racchette da neve… e racchettoni


Nota  In inglese dialect può indicare due concetti diversi:

  1. qualsiasi varietà linguistica associabile a un gruppo specifico di parlanti (il significato usato nell’articolo citato all’inizio)
  2. lo stesso significato di dialetto in italiano, “un sistema linguistico usato in zone geograficamente limitate e in un ambito socialmente e culturalmente ristretto, divenuto secondario rispetto a un altro sistema dominante e non utilizzato in ambito ufficiale o tecnico-scientifico” (De Mauro)

[Aggiornamento] Maggiori dettagli in Esempi di "dialetti" inglesi.

Gli zombie sono tra noi?!?

Dal Vocabolario Treccani:

żómbi o zombie s. m. e f. [dalla voce creola delle Antille zombi «fantasma; morto richiamato in vita»]. – Nel rito vudù, il fantasma o comunque la persona che, dopo il decesso, si pretende sia richiamata in vita da un boko, sacerdote vudù dedito a pratiche di magia nera e di cui lo zombi diviene lo schiavo, utilizzato per lavori infimi o addirittura illeciti e malefici (nella realtà etnografica si tratta per lo più di individui in stato di torpore letargico o di psicolabili) […] 

Dalla sezione Cronaca di un quotidiano italiano di ieri:

articolo la Stampa 

Niente paura, non c’entrano gli zombie: è solo un esempio di anfibologia (o anfibolia), un’interpretazione scorretta dovuta a omofonia o ad ambiguità sintattiche o semantiche.


Aggiornamento agosto 2012: un altro esempio in tema, da Paranormal activity:

……

Vedi anche: Ambiguità con le ciabatte e Fioriscono gli errori e i crash blossom (link aggiunti) e questo cartello:

via Aeffe

Comprehend this: attention to planes inclined

In Language Log (Comprehend this!) c’è un esempio di un tentativo di phishing in un inglese così maldestro da essere definito perhaps the most illiterate phishing spam yet.

L’autore dell’intervento si domanda come mai questi truffatori non ricorrano a un complice che parli inglese, per cercare di rendere il testo dei loro messaggi vagamente plausibile, e conclude che costoro debbano vivere in qualche posto sperduto dove le probabilità di trovare un madrelingua inglese siano praticamente nulle

…proprio come in centro a Milano, perlomeno a giudicare da cartelli come quello visto nell’ascensore che porta sul tetto del Duomo:

cartello Duomo Milano

Leggendo questo avviso si direbbe che nella capitale italiana della moda, della finanza e dell’economia sia impossibile trovare non dico una persona di madrelingua inglese ma perlomeno qualcuno in grado di produrre una frase in un inglese accettabile, del tipo Caution! Slippery roof surface, e l’unica alternativa sia prendere un dizionario e tradurre letteralmente, parola per parola. La tanto bistrattata traduzione automatica non riuscirebbe a far di peggio: se non altro, eviterebbe la collocazione degli aggettivi in posizione postnominale (planes inclined*) e dubito produrrebbe mai un because off.

Davvero imbarazzante leggere certe traduzioni proprio in compagnia di un native speaker, anche se devo ammettere che poi siamo andati a vedere le pagine inglesi del sito del Duomo, fonte di ulteriore ilarità (sua): da leggere, ad esempio, le battaglie contro i piccioni nella sezione Curiosities**. Invece, a proposito della canzone “O mia bela madunina”, emblematica, anche se soprattutto per altri motivi, l’affermazione “ti te domini Milan” (you look over Milan) in a way was a rather banal line, but precisely for this reason it appealed to the sentiments of the population, who had no need of intellectual complication. Eh già…


* Inclined plane è un termine usato in fisica, fuori luogo sul tetto di una chiesa.

** Aggiornamento 2013 – Il sito è stato aggiornato e le pagine in inglese non sono più disponibili. Il testo segnalato iniziava con “Curiosities and legends concerning the Cathedral – The Duomo and its pigeons. Pigeons are animals that are not loved indiscriminately by all, but there is no doubt that they add a note of colour: their flights in the Piazza are a popular postcard motif and they are a favourite with tourists.


Per altri esempi di traduzioni letterali destinate a turisti, vedi anche: Il clima italiano visto da italia.it, Crocchette <> croquettes e L’inglese di ATM: idea per storia dell’orrore.

Que parles català?

La settimana scorsa ero a Barcellona. Biglietto di corsa semplice della metropolitana di Barcellona. Fare clic sull'immagine per vedere anche il retro: tutto in catalano, anche se lo spazio per eventuali scritte in castigliano non manca!Ci sono stata parecchie volte, eppure continuo a stupirmi che gran parte delle comunicazioni al pubblico, ad es. la segnaletica e i biglietti della metropolitana, sia solamente in catalano e che le informazioni in spagnolo (castigliano) siano relegate a un eventuale sito, il cui dominio probabilmente ha suffisso .cat e non .es come nel resto del paese.

Conosco le traversie del catalano, quindi posso capire la necessità di riaffermare l’identità culturale dopo la repressione franchista; so anche che per le amministrazioni pubbliche il catalano è la lingua preferenziale, ma finora non avevo mai cercato informazioni specifiche. In Wikipedia, che cita dati ufficiali del 2008 (aggiornamento: confermati per il 2013), ho scoperto che in Catalogna la lingua principale è il castigliano, considerato prima lingua dal 55% dei cittadini, percentuale che scende al 31% per il catalano, quindi meno di un terzo della popolazione!

Il 99,7% di chi vive in Catalogna dichiara di sapere parlare castigliano, però a Barcellona, a una mostra, una giovane addetta a cui avevo chiesto un’informazione in spagnolo mi ha risposto in catalano, anche se credo fosse abbastanza ovvio che ero straniera e quindi avrebbe potuto fare lo sforzo…

Questo episodio ha aumentato le mie perplessità sulla politica linguistica locale, anche perché nel frattempo ero stata qualche giorno a Maiorca: stesse due lingue ufficiali ma comunicazioni bilingui, come in molti paesi dell’UE che tutelano la diversità linguistica* delle minoranze. Non si potrebbe fare così anche a Barcellona?

* …anche se a volte la politica prevale sulla logica e sul buon senso, basti pensare al recente caso della segnaletica sui sentieri in Alto Adige/Südtirol o ai cartelli stradali in Irlanda, che sono bilingui nella parte anglofona del paese, dove il nome irlandese non interessa praticamente a nessuno, ma unicamente in irlandese nel Gaeltacht, le zone dove si parla gaelico, in seguito a una legge imposta dall’alto e poco apprezzata in loco: è un incubo per chi non sa, foto da www.coisfarraige.com - Dingle obliterated off maps, road signs etc.ad esempio, che Gaillimh è Galway, che Ros an Mhíl è Rossaveal (l’imbarco per le Isole Aran), o che an Daingean e Daingean Uí Chúis sono i due nomi irlandesi della pittoresca Dingle.

An bhfuil Gaeilge agat?

silly season… “on the road”!

È decisamente silly season in Gran Bretagna, perlomeno a giudicare dalla notevole evidenza che viene data ad alcuni problemi di segnaletica orizzontale.

La BBC e The Telegraph pubblicano un vistoso errore di ortografia apparso nei pressi di una scuola americana:

shcool

The Guardian invece ci rende partecipi della triste fine di un riccio:

Squashed hedgehog 

Peccato non sia stato riesumato anche questo esempio:

guardare a destra!

Buon ferragosto a tutti!

Vedi anche:
♦  Cartelli insoliti
♦  Ancora segnaletica orizzontale…

….

E-Bidet e differenze culturali

El Diego turns nose up at local loo. Only a high-end toilet will do for Maradona in SA - The Sunday TimesDi solito non seguo il calcio ma Enrico mi fa sapere che anche i media inglesi (ad es. The Guardian) stanno parlando delle polemiche su sfarzi e compensi stratosferici ai calciatori ai mondiali 2010 e della richiesta di Maradona di installare nuovi sanitari nei bagni del ritiro della squadra argentina, in particolare il lussuoso E-Bidet, un water accessoriato con una seduta riscaldata e getti di acqua e aria calde (simile ai water usati ormai da anni in Giappone):

The E-Bidet features a heated seat, a warm air blow-dryer and front and rear bidet wands. It sells for 450 dollars at sandman.com, which bills it as "the world’s best toilet seat". [qui]

Come anticipo di silly season, un paio di commenti sul nome E-Bidet:

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“Musati” e lunghezza di vocali e consonanti

VETRINA ANTI MUSATI    La settimana scorsa ho fatto un paio di interventi alla SSLMIT di Trieste, dove ho studiato anch’io. In giro per la città mi ha fatto piacere riascoltare l’accento e il dialetto locali e soprattutto mi ha divertita il cartello esposto da una farmacia: VETRINA ANTI MUSATI.

I musati sono le zanzare e, a parte il nome, trovo curiose la pronuncia e la grafia della parola. Immagino che chi non ha familiarità con il dialetto triestino leggerebbe /mu’zati/ e non penserebbe invece a qualcosa che suona più o meno come “mussatti” o  “mussati”.

Ho provato a chiedere informazioni a qualche triestino (e qualche bisiaco) e mi è stato detto che la parola non si scrive con le doppie. Niente di strano, se le convenzioni ortografiche locali prevedono che /ss/ si scriva s. Poi però mi è nata qualche perplessità quando i miei interlocutori hanno cercato di dimostrarmi le differenze di pronuncia “triestina” tra musati e l’eventuale mussatti: per loro erano parole diverse ma per me, non autoctona e poco portata a cogliere peculiarità acustico-articolatorie, suonavano indistinguibili.

Non sono affatto esperta di fonologia italiana, tantomeno triestina, ma azzarderei l’ipotesi che le vocali di musato possano essere leggermente meno lunghe di quelle che in italiano normalmente precedono una consonante breve, cosicché chi non è triestino potrebbe percepire la consonante che segue come se fosse geminata (“doppia”)?

A differenza di altre lingue, come il finlandese, in italiano la lunghezza delle vocali non è un tratto distintivo (mentre lo è la lunghezza delle consonanti, ad es. in cane e canne) e infatti non viene segnata nella trascrizione fonologica (ad es. nei dizionari si trova /‘kane/ e /’kanne/ ). Si ricorre alla trascrizione fonetica per specificare le distinzioni allofoniche e gli allungamenti fonetici e si usa il simbolo [ː] per indicare le vocali lunghe, che per l’italiano si trovano soprattutto in sillabe aperte toniche (ad es. [‘kaːne] e [‘kanne]).

A questo punto sarei curiosa di vedere una trascrizione fonetica per il triestino, in particolare perché ho chiesto anche a qualche veneto* e ho scoperto che nei dialetti delle province di Treviso e di Venezia le zanzare si chiamano come a fauna triestina - da una vignetta di Alessandro BoninTrieste ma la s (e in certe zone anche la t) viene percepita e pronunciata sempre geminata e quindi la parola viene resa graficamente con mussati e mussatti. A quanto pare, per un veneto l’eventuale parola musati avrebbe una /s/ breve (e vocali lunghe) e in questo caso diventerebbe facilmente distinguibile dalle altre varianti anche per un orecchio poco sensibile come il mio… 

Vedi anche: Come si dice caffè a Trieste? per altre peculiarità linguistiche triestine.

* Un grazie a Fabio per la verifica in varie fonti, tra cui il Vocabolario etimologico veneto-italiano (Turato-Durante), che fa risalire l’origine della parola al tardo latino mustio, -onis, “piccola mosca”, e l’Abecedario dei villani (Bernardi) che indica in “moscerino” un ulteriore significato di mussat(o). 

 

Teabonics ed errori di ortografia

feedom? Stanno facendo il giro della rete i numerosi esempi di Teabonics, gli errori di ortografia e grammatica inglesi sui cartelli di chi protesta contro le politiche del presidente Obama (il cosiddetto Tea Party).

Pensavo che svarioni del genere su cartelli scritti a mano, quindi senza  il beneficio del dubbio degli errori di battitura, fossero una prerogativa di altre lingue, meno facili da scrivere dell’italiano, invece anche da noi c’è chi riesce a sbagliare persino il nome dei giorni:  

lundi?

E prima che qualcuno me lo faccia notare: no, non l’ha scritto uno straniero, è proprio una produzione italiana, un triste esempio di analfabetismo di ritorno

Vedi anche: Cartelli insoliti  e  Le riforme dell’ortografia, ke inkubo!

….…

Ciaspole, ciaspe, racchette da neve… e racchettoni

"racchettoni, s.m. parola piemontese, indica uno dei passatempi preferiti di chi ha il pallino della neve."         Per dettagli e tutte le offerte visita il sito www.piemonteitalia.eu

Mi piace molto la montagna d’inverno e così non potevo non notare la bella campagna pubblicitaria della Regione Piemonte per l’inverno 2009-2010. A ogni foto di un’attività sulla neve è associata una definizione spiritosa, ad esempio:

fuoripista, s.f. in piemontese è quella strada sulla neve che ciascuno ha la libertà di tracciare a piacere con un tratto continuo, a serpentina o anche a salti.

sci, s.m. parola piemontese, caratteristica delle valli, indica la via maestra per godersi la montagna d’inverno.

racchettoni, s.m. parola piemontese, indica uno dei passatempi preferiti di chi ha il pallino della neve.

Per i dettagli e le offerte viene dato l’indirizzo www.piemonteitalia.euricerca per Se però si prova a cercare racchettoni nel sito, non si ottiene alcuna informazione. Nessun risultato neanche per ciaspole*, il nome sempre più diffuso per descrivere questa attività: nelle pagine del sito si parla solo di racchette da neve, il termine dell’italiano standard. 

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