2 anni: 25 parole in inglese e in italiano

Parole e valutazione dell’apprendimento del linguaggio

È di questi giorni la notizia di una ricerca relativa a un test molto semplice, ricavato da un elenco di parole di controllo (cfr. MacArthur-Bates Communicative Development Inventory, CDI), che permette di identificare potenziali problemi di apprendimento del linguaggio nei bambini di età compresa tra i 24 e i 35 mesi e prevedere quindi interventi di logopedia.

Ne parla anche il Corriere della Sera, con una notevole approssimazione. In Quelle 25 parole da sapere a 2 anni si legge, tra le altre cose:

In genere, le parole pronunciate a due anni sono fra 70 e 225, ma venticinque di queste (mamma, papà, ciao, giocattoli, cane, gatto, bambino, latte, succo di frutta, palla, sì, no, naso, occhio, banana, biscotto, macchina, caldo, grazie, bagno, scarpa, cappello, libro, andati, di più) devono comparire per forza nel vocabolario del piccolo, perché sono quelle considerate base e la loro mancata conoscenza potrebbe essere indice di qualche problema di apprendimento assai più grave di un semplice «ritardo linguistico».

Parole inglesi e parole italiane

La giornalista si è limitata a tradurre letteralmente in italiano l’elenco delle parole che dovrebbe conoscere un bambino inglese di due anni (mummy, daddy, hello, dog, cat, baby, milk, juice, ball, yes, no, nose, eye, banana, biscuit, car, hot, thank you, bath, shoe, hat, book, all gone, more, bye bye), senza verificare se l’elenco avesse senso anche per un coetaneo italiano.

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Il CAI è radical chic?

Il Club Alpino Italiano ha iniziato il 2012 convertendo le due pubblicazioni riservate ai soci in una nuova rivista cartacea, montagne360°, e in una rivista online, Lo scarpone.

imageNell’ultimo numero di montagne360° c’è un articolo che inizia così:

Ciaspole, ciaspe, craspe, ciastre, e via di seguito, a seconda delle valli e delle regioni. I radical chic delle metropoli del nord (quelli che dicono di amare il climbing, il trekking, la fitness e lo shopping) preferiscono chiamarle snow shoes. Ma sempre di racchette da neve si tratta.

Il riferimento all’itanglese mi ha fatta sorridere non solo perché vivo a Milano ma anche perché proprio nel sito di Lo scarpone campeggia la scritta l’house organ del Club Alpino Italiano.

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Se l’ha detto l’agenzia…

Silvia Pareschi di Nine hours of separation mi ha segnalato La stampa italiana non può farcela da sola in Phastidio.net, che evidenzia come i media italiani abbiano riportato un intervento in inglese di Carlo Cottarelli del Fondo Monetario Internazionale attribuendogli l’affermazione drastica l’Italia non può farcela da sola [ad uscire dalla crisi economica] quando in realtà si era limitato a dire [sulla necessità di finanziamenti e “firewall” più solidi] and this goes beyond what Italy can do on its own (“va oltre quello che l’Italia può fare da sola”), come si può verificare dalla trascrizione dell’intervento.

L’articolo si conclude chiedendosi “Riusciremo ad avere una stampa che si libera della sindrome dello scoop e verifica le notizie, magari con un buon traduttore o con qualcuno che capisca qualcosa di economia?”

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impersonate ≠ impersonare

Nel continuo dibattito sull’identità online, Non c’è più @palazzochigi su Twitter (novembre 2011) racconta di un account chiuso perché impersonava il presidente del Consiglio. Mi sembra che, a parte la prima occorrenza, nell’articolo e nei commenti il verbo impersonare sia usato in modo improprio, come se equivalesse all’inglese impersonate.

I dizionari di italiano registrano due significati per impersonare:
1 – dare personalità a una nozione astratta o concretarla in un personaggio
2 – di un attore, interpretare una parte
In entrambi i casi è palese che si ha a che fare con una rappresentazione

In inglese i significati più frequenti di impersonate sono:
A – spacciarsi (illegalmente) per un’altra persona
B – sinonimo di mimic, imitare qualcuno per divertimento (un impersonator è un imitatore)

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flash flood, alluvioni lampo e nubifragi

Ottobre 2011: molti media italiani hanno usato l’anglicismo flash flood per descrivere un’alluvione improvvisa e devastante come quelle che nei giorni scorsi hanno colpito alcune zone di Liguria e Toscana e prima anche Roma.

Frane e fango, caos in Liguria per il maltempo

In italiano però esiste già la parola nubifragio che descrive  
1) “una precipitazione abbondante, violenta, talora temporalesca, che può provocare in poche ore straripamenti di fiumi, allagamenti e frane” *
ma anche, nell’uso contemporaneo,
2) “il complesso di fenomeni rovinosi (soprattutto frane e devastazioni dovute allo straripamento di fiumi e torrenti) provocati da piogge particolarmente intense” **

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visionary ≠ visionario

Oggi (24 ottobre 2011) esce la biografia di Steve Jobs e presumo che nei media italiani la parola visionario sarà di nuovo inflazionata. Chi sa l’inglese può interpretarla correttamente, altrimenti forse non tutti riconoscono il falso amico visionaryvisionario.

In inglese il sostantivo e l’aggettivo visionary hanno soprattutto connotazioni positive. Nei loro significati più comuni descrivono qualcuno che ha le idee chiare sul futuro e/o che è molto originale e creativo, come si può verificare in qualsiasi dizionario o ricavare dal contesto di espressioni come visionary leadership. Esempio dal Macmillan Dictionary:

voce visionary in Macmillan Dictionary

In italiano, invece, visionario condivide con l’inglese solo il significato relativo alle visioni mistiche mentre le altre accezioni sono decisamente meno lusinghiere, come si può vedere nella voce del vocabolario Zingarelli 2012, appena uscito (in particolare, confrontate l’esempio riformatori visionari e quello inglese visionary reformer qui sopra):

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“Stay hungry. Stay foolish” in italiano

Morgaine, una lettrice del blog, mi ha scritto a proposito di Stay hungry. Stay foolish, la frase pronunciata da Steve Jobs a conclusione dell’ormai famoso discorso ai laureandi di Stanford.

Stay hungry. Stay foolish. Contesto: Jobs aveva spiegato che la frase non era sua ma era apparsa sull’ultimo numero di Whole Earth Catalog, una rivista “alternativa” della controcultura americana che era stata una specie di bibbia per la sua generazione.

Morgaine mi ha chiesto di parlarne perché la traduzione scelta da quasi tutti i media italiani, Siate affamati, siate folli, non è corretta.

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