Cos’è una “parola dell’anno” e come viene scelta

immagine che illustra le parole dell’anno di dizionari di lingua inglese

Ogni anno in questo periodo vari dizionari, associazioni o istituzioni del mondo anglofono annunciano una word of the year, conosciuta informalmente con l’acronimo WOTY.

Associamo la tradizione delle parole dell’anno all’inglese ma in realtà ha origine in Germania negli anni ’70 del secolo scorso e poi è stata ripresa in vari altri paesi. In Italia c’è stato qualche tentativo poco riuscito per l’italiano e di solito i media si limitano a rilanciare le parole inglesi, con vari fraintendimenti che tradiscono scarse conoscenze linguistiche.  

Word of the year, non solo parole!

Innanzitutto va chiarito cosa si intende con “parola” (word), che in questo contesto è un concetto piuttosto ampio. In inglese word of the year può essere un sostantivo, un verbo, un aggettivo, un pronome (they nel 2019), un suffisso, un acronimo, un hashtag, un’espressione, un modo di dire, un gioco di parole, una frase (my pronouns are… nel 2019), un eufemismo, o anche un’emoji (😂 nel 2015). 

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Luoghi comuni: lingue semplici vs complesse

Foto dell’on. Rampelli e parole pronunciate: “…questa lingua meravigliosa che comunque condiziona anche la complessità del pensiero che si esprime, perché se una lingua è semplice, è semplice il pensiero o è debole anche il pensiero. Se una lingua è una lingua complessa, è complesso il pensiero che ne deriva, la sua articolazione è più profonda”

A un Forum della lingua italiana l’onorevole Rampelli, promotore di una proposta di legge per la tutela della lingua italiana, ha ripreso alcune affermazioni della presidente del consiglio che lo scorso dicembre aveva asserito che l’italiano è “una lingua molto più complessa, molto più carica di sfumature” [di altre lingue].

Una classificazione impossibile

Nel suo intervento Rampelli ha contrapposto lingue semplici e lingue complesse, sostenendo che solo le seconde consentono pensieri profondi e articolati. È però un’idea male informata che non ha nessun fondamento scientifico, probabilmente influenzata da interpretazioni affrettate del cosiddetto determinismo linguistico (la lingua che parliamo determina il modo in cui pensiamo).

Non esiste però alcun metodo che consenta di classificare le lingue in base a diversi livelli di complessità. Bisognerebbe innanzitutto decidere quali parametri usare (fonologici? morfologici? sintattici? semantici? …?) e poi trovare un modo per fare una misurazione oggettiva. Basta però dare un’occhiata alle categorie di World Atlas of Language Structure per farsi un’idea delle enormi differenze esistenti.

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Multa per chi usa anglicismi? Non è una novità

Alcuni titoli del 31 marzo 2022:

Titoli: 1 Rampelli (FdI) vuole una legge per punire chi non usa l’italiano: multe fino a 100mila euro; 2 Lingua italiana, FdI presenta una proposta di legge per multare chi si macchierà di forestierismo; 3 Le multe fino a 100mila euro per chi usa parole straniere;: 4 Multe e proibizioni, il sovranismo linguistico di Fdi; 5 “Centomila euro di multa per chi usa parole straniere”: la proposta di legge di Fratelli d’Italia

Riguardano Disposizioni per la tutela e la promozione della lingua italiana e istituzione del Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana, una proposta di legge presentata alla Camera il 23 dicembre 2022 ma che ha avuto visibilità mediatica solo ora.

Come prevedibile, la notizia ha suscitato molte discussioni. L’aspetto che sta avendo maggiore evidenza è la sanzionabilità dell’uso di forestierismi, prevista dall’articolo 8 della proposta di legge:

Art. 8. (Sanzioni) 1. La violazione degli obblighi di cui alla presente legge comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 5.000 euro a 100.000 euro.

Non viene però indicato chi sorveglierà e come verrà deciso cosa sarà sanzionabile, ad es. se singole parole o interi testi.

Proposta di legge riciclata

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Chi ha paura del dizionario?

Fa parlare di sé l’edizione 2022 del Dizionario dell’Italiano Treccani, annunciata con varie novità tra cui l’abbandono della convenzione lessicografica tradizionale di registrare sostantivi e aggettivi nella forma maschile singolare e con indicazione solamente della desinenza per il femminile.

È stato scelto invece di lemmatizzare ogni forma femminile, dando quindi lo stesso rilievo ad entrambi i generi, elencati in ordine alfabetico. Ad esempio, si passa
da     bambino s. m. (f. –a)  
a       bambina, bambino n. f, n. m.

Di conseguenza hanno maggiore evidenza i nomi di professione al femminile, che acquisiscono così una loro autonomia lessicale. È un’innovazione a cui è stato dato molto risalto anche dai media. Alcuni esempi di titoli:

Titoli: 1 Parità di genere, la svolta nel linguaggio: il nuovo vocabolario Treccani registra il femminile di nomi e aggettivi prima del maschile; 2 Treccani sdogana architetta, notaia, medica e soldata; 3 Dalla soldata alla medica: la svolta gender della Treccani; 4 La Treccani cede al marketing gender; 5 Treccani è il primo dizionario a introdurre la parità di genere nel linguaggio per eliminare gli stereotipi

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Flurona? In Italia è irrilevante!

Alcuni titoli di notizie del 3 gennaio 2022:

Esempi di titoli: 1 Cos’è Flurona e quali sono i sintomi; 2 Flurona, dobbiamo temerla?; 3 In Israele il primo caso di Flurona, Covid e influenza assieme; 4 Flurona, cosa succede se hai l’influenza e Covid-19 insieme: i sintomi

Sono esempi che illustrano un fenomeno ricorrente nei media italiani: una testata dà importanza a una notizia marginale dall’estero e in breve tempo altri media la rilanciano, senza però preoccuparsi che sia effettivamente rilevante.

È il caso della storia da Israele della donna malata contemporaneamente di Covid e di influenza, una combinazione di patologie che un quotidiano del posto ha soprannominato flurona. 

I media italiani che hanno tradotto dall’inglese dando importanza al nome Flurona probabilmente non hanno considerato le modalità d’uso, il registro e le connotazioni della parola, altrimenti avrebbero capito che è irrilevante in un contesto italiano.

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Bufale linguistiche: UE, Natale e nomi cristiani

Titoli: 1 L’Europa fa la guerra al Natale, l’ultima follia del politicamente corretto; 2 Se l’Europa “vieta” il natale e i nomi cristiani per essere inclusivi; 3 In Europa vietato dire “Natale” e perfino chiamarsi Maria; 4 Mai dire Natale: il decalogo Ue che vuole dettare le parole corrette. Bruxelles: “Stop ai riferimenti a religione o genere”. Sparisce anche il “signore e signori”

Nell’immagine alcuni titoli del 29 novembre 2021 apparsi sui media italiani. Polemizzano su #UnionOfEquality, un testo in inglese a uso interno dei dipendenti della Commissione europea. Contiene linee guida per la comunicazione inclusiva.

Sono uscite copie ora online, ad es. qui, e consultandole viene il sospetto che chi ne ha scritto nei media italiani non abbia letto il documento o abbia conoscenze di inglese inadeguate per capirne il contenuto, altrimenti saprebbe che non vi si trova alcun divieto ma solo esempi e indicazioni di tipo linguistico, aggiornati alle sensibilità più recenti.

Nulla di nuovo: da anni multinazionali e organizzazioni internazionali hanno linee guida interne di questo tipo, essenziali in ambienti di lavoro con persone che provengono da culture differenti. Consentono di acquisire consapevolezza delle diversità ed evitare linguaggio e stereotipi che discriminano ed escludono chi è di età, religione, genere, orientamento sessuale, origine ecc. diversi dai propri.

Everyone in the European Union has an inherent

È facile dimostrare che la maggior parte delle affermazioni dei media e di alcuni politici su questo documento sono distorte o infondate, a partire da un dettaglio fondamentale: non viene chiarito esplicitamente che le linee guida sono in inglese, lingua di lavoro, e viene invece fatto credere che ci sia una versione italiana che riguarda parole italiane.

Qui sotto ho raccolto e commentato gli errori più evidenti, tratti da più fonti.

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“Speriamo che faremo bene”: dov’è l’errore?

speriamo che faremo

Subito dopo il giuramento del governo Draghi (febbraio 2021), su Twitter è scoppiata una polemica linguistica, riportata poi da vari media, su alcune frasi del neoministro dell’istruzione Patrizio Bianchi, emiliano. Esempio: 

Bianchi si è fermato a parlare con i cronisti rispondendo a chi gli chiedeva quando aveva scoperto della sua nomina: “L’ho imparato ieri”, dice invece del corretto “l’ho appreso ieri”. Poi un altro scivolone: “Speriamo che faremo bene”.

Per quel che ho potuto vedere si tratta di notizie “acchiappaclic” perché non sono state date spiegazioni che giustifichino la presunta gravità degli errori.

L’accettabilità di l’ho imparato ieri

Tutti i dizionari di italiano registrano l’accezione “venire a sapere” di imparare, marcata come uso regionale. Non è una forma dialettale, come è stato affermato impropriamente da alcuni: si tratta invece di un uso circoscritto ad Emilia-Romagna e alcune altre regioni ed è un esempio di variazione diatopica (il modo in cui una lingua cambia nello spazio geografico).

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La rumorosità dell’italiano, lingua isosillabica

immagine e titolo: Can Italians be persuaded to speak sotto voce on the train?

Un articolo di Tobias Jones per The Guardian prende spunto dall’annuncio di una nuova area Standard Silenzio sui treni Frecciarossa per alcune considerazioni sullo stereotipo che gli italiani parlano sempre a voce alta.

Jones accenna anche ad alcuni aspetti linguistici che differenziano l’italiano dall’inglese e possono contribuire alla percezione che la nostra sia una lingua più rumorosa. In particolare, fa riferimento all’isocronia (in inglese timing), un fenomeno fonetico che consiste nella ripetizione costante di particolari elementi prosodici all’interno di una frase.

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Parole ingegnose: quantifauxcation

Quantifauxcation è una parola inglese che ho scoperto recentemente e che mi piace molto perché denomina un concetto utile ed è creativa, trasparente e facile da ricordare.

È stata coniata da Philip B. Stark, docente di statistica alla University of California a Berkeley. È formata sostituendo la terza sillaba di quantification, “quantificazione”, con la parola faux /fəʊ/, “falso, artificiale, ad imitazione”.

quantifauxcation

Si ha quantifauxcation quando vengono presentati studi o altre informazioni con statistiche o numeri inventati, assegnati a caso o non facilmente verificabili, ma che conferiscono credibilità per il fatto stesso di esprimere una quantità. Più è complicato e macchinoso il metodo per ottenere i numeri, più appaiono convincenti.   

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Questioni di lessico sui media italiani

Un'italiana contro l'Oxford Dictionary per difendere il significato della parola “donna”. Una campagna online contro i sinonimi dispregiativi del termine. Ma per ora il famoso dizionario non risponde. Chi dice “donna” dice “poco di buono”, “puledra”, addirittura “cagna”. Almeno stando all'autorevole Oxford Dictionary, compilato da Oxford University Press e in parte sovvenzionato con fondi governativi.

L’immagine mostra titolo, sottotitolo e incipit di una notizia linguistica apparsa all’inizio di agosto 2019 su un noto quotidiano.

Senza procedere nella lettura, provate a riflettere sulle informazioni che ricavate sulla parola in discussione e sul dizionario in cui appare. Vi è del tutto chiaro di che lingua si tratta e in che contesto vengono usate le parole tra virgolette, oppure rilevate qualche ambiguità?  

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Bufale linguistiche: il correttore “gender”

Alcuni media italiani hanno pubblicato una notizia linguistica fuorviante, costruita attorno a un unico dettaglio non rilevante per l’italiano e ingigantito ad effetto:

Microsoft lancia il correttore “gender”: scatterà ogni volta che vengono usate frasi discriminatorie. Se scrivi su Word “poliziotto”, il correttore suggerirà “agente di polizia”

L’incongruenza tra titolo e sottotitolo dovrebbe far venire subito qualche dubbio sull’affidabilità della notizia: cosa c’entra la parola poliziotto con il cosiddetto “gender” e perché viene considerata discriminatoria?  

La descrizione della nuova funzione non dà alcuna spiegazione e rafforza le perplessità

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“Prima l’italiano”?

Avete già visto lo sketch di Maurizio Crozza nel ruolo del ministro Salvini che contrasta l’invasione delle parole straniere?

Lo spunto per lo sketch è la decisione del ministro di usare la traduzione letterale tassa piatta in alternativa a flat tax.

Sono però convinta che Crozza voglia ridicolizzare anche tutti i politici che hanno scelto come cavallo di battaglia la tutela della lingua italiana, spesso senza una comprensione adeguata dei suoi meccanismi e quindi con scarsa credibilità.

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Notizie distorte: la parola proibita alla tata

Dal Regno Unito, notiziola “acchiappaclic” apparsa ieri:

William e Kate, c’è una parola proibita per la tata di George, Charlotte e Louis

Quando vedo titoli su parole di altre lingue temo sempre traduzioni letterali che travisano il senso della notizia originale. Purtroppo ho avuto conferma anche in questo caso.

La storia riportata da alcuni media italiani è che alla persona che si occupa dei tre figli del principe William è stato vietato di chiamarli “bambini”, per evitare che la figura adulta comunichi un senso di superiorità. Per rispetto nei loro confronti, l’unica opzione consentita è usare i nomi di battesimo.

La realtà però è diversa e si può verificare nell’articolo del Daily Mail che dovrebbe essere la fonte della notizia.

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Ferragnez: non è né crasi né ship (già shippati!)

Alla bufala sulla parola Ferragnez sono seguiti articoletti con precisazioni e alcuni dettagli linguistici aggiuntivi, spesso però poco affidabili o errati. Un esempio: 

«Ferragnez» è una crasi tra il cognome di Chiara Ferragni, fashion blogger, e del nome d'arte di Federico Leonardo Lucia, Fedez, suo marito. […] In inglese parole come queste vengono definite “ship”, abbreviazione di relationship. L’esempio più noto? L’ormai ex coppia composta da Brad Pitt e Angelina Jolie, anche detti «Brangelina».

Crasi ≠ parola macedonia

La parola Ferragnez è formata dalla combinazione dei due nomi propri Ferragni e Fedez e quindi non è una crasi – la fusione della vocale finale di una parola con la vocale iniziale della parola seguente – ma una parola macedonia formata unendo pezzi di parole.

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Bufale linguistiche: l’approvazione dei neologismi

Notiziola linguistica dei giorni scorsi: polemiche per la presenza della parola Ferragnez (la coppia Ferragni-Fedez) tra i neologismi descritti nel Libro dell’Anno 2018 Treccani, una pubblicazione che registra fatti, temi e tendenze dell’anno appena trascorso.

“Ferragnez? Si può dire, è nella Treccani insieme a orgasmometro, sarrismo, sex doll e viadotticidio” “I Ferragnez conquistano la Treccani: la parola diventa ufficialmente un neologismo”

L’indignazione fa parte di un copione già visto: chi la manifesta ritiene deplorevole che i dizionari e altre fonti autorevoli consentano che la lingua italiana venga deturpata dall’aggiunta di parole indegne di farne parte.

Esempi:

“Bravi, contribuite alla diffusione dell’ignoranza e alla sua legittimazione” “Ma dove siamo arrivati? Ci facciamo coinvolgere da neologismi frutto di una ignoranza abissale! Invece di mantenere la difesa della nostra Lingua, ci caliamo le brache e subiamo passivamente???” “Il vocabolario dovrebbero chiamarlo Treccani e Porci”

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