Processo agli alimenti ultraprocessati

Copertina di libro di Chris van Tulleken in inglese: “Ultra-Processed People. Who do we all eat stuff that isn’t food… and why can’t we stop?” Traduzione italiana: “Cibi ultra processati. Come riconoscere ed evitare gli insospettabili nemici della nostra salute”

Prendo spunto da un libro uscito recentemente, Cibi ultra processati, traduzione italiana di Ultra-Processed People del medico e divulgatore britannico Chris Van Tulleken, per alcune considerazioni sui calchi processare, processato e ultraprocessato in associazione ad alimenti.

Da anni ormai sono parole ricorrenti nei media in riferimento a prodotti dell’industria alimentare ma chi cercasse definizioni precise per ora non troverebbe una risposta nei vocabolari di italiano, che per il verbo processare includono solo due altri significati:

  1. sottoporre a processo, specialmente penale, e in senso figurato sottoporre a forti critiche 
  2. in ambito tecnologico, trattare sistematicamente, analizzare, elaborare, in particolare dati

La seconda accezione è recente e risale alla fine del secolo scorso: in origine un falso amico poi entrato stabilmente nel lessico come neologismo semantico, è un altro calco del verbo inglese process, che genericamente indica l’azione di sottoporre qualcosa a una serie di azioni che producono un cambiamento, uno sviluppo o una trasformazione. 

Cosa significa “alimento processato”

In inglese il verbo process e il sostantivo che ne deriva processing vengono usati anche per la lavorazione degli alimenti:

Definizione di “processing” da Cambridge Dictionary: “the act of preparing, changing, or treating food or natural substances as a part of an industrial operation: the food processing industry”.

Food processing industry è l’industria alimentare, e processed food è ogni alimento che ha subito un qualsiasi tipo trasformazione di tipo fisico o chimico, come ad esempio lavaggio, cottura, sminuzzamento, pastorizzazione, surgelazione, inscatolamento, affumicatura, disidratazione, fermentazione… 

Processing e processed food hanno come equivalenti italiani istituzionali trasformazione e alimento trasformato: sono termini della normativa sulla sicurezza alimentare che recepisce i regolamenti CE i cui testi sono disponibili in tutte le lingue dell’Unione europea e quindi facilmente confrontabili. Esempi dal Regolamento CE n. 178 del 28 gennaio 2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, con definizioni riutilizzate in vari testi legislativi:

Definizione di «alimento»:  Ai fini del presente regolamento si intende per «alimento» (o «prodotto alimentare», o «derrata alimentare») qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani.

In altri contesti vengono usati anche i termini alternativi lavorazione e alimento lavorato che, come trasformazione / trasformato, hanno il vantaggio di risultare sufficientemente trasparenti anche senza spiegazioni.

Probabilmente chi invece ricorre a cibo / alimento processato non solo non conosce le differenze tra process in inglese e processare in italiano ma non ha neppure alcuna nozione di sicurezza alimentare e ne ignora la terminologia, altrimenti la userebbe appropriatamente.

Va però rilevato che nei media l’aggettivo processato tende a essere usato con un’accezione più specifica, connotata negativamente, che riguarda esclusivamente i prodotti alimentari industriali ritenuti non genuini e che potrebbero nuocere alla salute (dubito che l’insalata già lavata, un vasetto di yoghurt naturale o un pacco di farina verrebbero descritti come processati, eppure sono classificabili come processed food in inglese e alimenti trasformati in italiano).

Titoli: 8 motivi per evitare gli alimenti processati; Cibi processati, perché evitarli; Cibo industriale: sono meglio gli alimenti naturali o processati?; Alimentazione e tumori: cibi processati e rischio di cancro

È comunque una tendenza che si rileva anche in inglese, cfr. Do we unfairly demonise food processing? 

Cosa significa “alimento ultraprocessato”

In inglese, come in italiano, il prefisso ultra- indica una caratteristica che supera o eccede la norma, ma sono necessarie informazioni aggiuntive per capire il significato specifico di ultra-processed (o ultraprocessed).

Definizione di ultra-processed da Cambridge Dictionary: “(of food) prepared using industrial processes, usually involving a large number of ingredients, many of which would not normally be used in preparing or cooking food at home”.

L’aggettivo inglese ultra-processed è recente ed è una parola d’autore coniata dal nutrizionista brasiliano Carlos Augusto Monteiro nel 2009 per una classificazione denominata Nova (“nuova”) che divide gli alimenti trasformati in quattro gruppi:

1 Unprocessed or minimally processed foods; 2 Processed culinary ingredients; 3 Processed foods; 4 Ultra-processed food

Ultra-processed identifica alimenti trasformati ottenuti dalla combinazione di vari ingredienti, inclusi zuccheri, grassi, sale, antiossidanti e conservanti ma in quantitativi più elevati di altri prodotti trasformati, con una peculiarità aggiuntiva: contengono anche additivi vari non usati nelle preparazioni alimentari casalinghe (esaltatori di sapidità, proteine idrolizzate, stabilizzanti, emulsionanti, umettanti, sequestranti e altri additivi ottenuti con lavorazioni industriali*) che hanno valore nutrizionale molto scarso o nullo ma rendono i prodotti “iperpalatabili”.

In italiano il termine appropriato e congruente con la terminologia già esistente è ultra-trasformato / ultratrasformato, come si trova in alcuni testi del ministero della salute e altre pubblicazioni tecniche. Nei media e in altri testi divulgativi invece prevale il calco ultraprocessato.

La coerenza terminologica purtroppo non è una preoccupazione diffusa, anzi, c’è chi ritiene sia meglio variare, come in questo esempio in cui le quattro occorrenze di processed della classificazione Nova vengono addirittura rese in tre modi diversi (processato, elaborato e trasformato) e processing diventa processazione:

tabella Classificazione NOVA con traduzioni incongruenti

Ho affermato più volte che in Italia manca del tutto una “cultura terminologica”, e ne sono un’ulteriore conferma questi esempi di calchi e traduzioni letterali in cui viene pigramente e superficialmente riprodotto il modello inglese, senza riflettere sulla scarsa trasparenza, senza alcuna verifica di eventuale terminologia preesistente e senza considerare l’importanza della coerenza terminologica.

 
Dettagli in Ultra-processed foods, diet quality, and health using the NOVA classification system (FAO)


Vedi anche: Errori di processamento e di processazione per altri esempi di calchi inadeguati.


Non ho letto né il libro inglese né la traduzione italiana a cui ho fatto riferimento all’inizio, però sono rimasta colpita dalla scelta di non localizzare la copertina per il mercato italiano e mantenere invece la foto del pane a cassetta, un ultraprocessed food immancabile nelle case britanniche e quindi altamente rappresentativo, ma non altrettanto simbolico per l’Italia. Più comprensibile invece la scelta di sostituire ultra-processed people con cibi ultra processati perché in italiano persone ultra processate sarebbe risultato oscuro o come minimo molto ambiguo.

10 commenti su “Processo agli alimenti ultraprocessati

  1. Ludovica:

    Articolo interessantissimo come al solito 😉
    Di solito in questi casi mi trovo spontaneamente anche a parlare di cibi “raffinati”, cosa ne pensi di quest’alternativa?

  2. Sergio:

    E non molto tempo fa si processavano anche i tamponi Covid che forse era meglio analizzare per evitare il carcere. Scherzi a parte, concordo sul fatto che in Italia ci sia poca sensibilità terminologica.

  3. Licia:

    @Ludovica grazie, mi fa piacere che sia interessante! 🙂
    Il significato di cibi raffinati è più specifico: indica che sono prodotti, come ad es. sale, zucchero e olio, che sono stati sottoposti a un processo fisico o chimico che elimina le impurità.

    @Sergio, c’è proprio una nota a proposito dei tamponi che venivano processati in un vecchio post, Errori di processamento e di processazione.

    Risale alla primissima fase della pandemia anche questo esempio, da un noto quotidiano, in cui processing era stato reso con processamento anziché lavorazione

    Negli Stati Uniti si registrano situazioni preoccupanti negli impianti per il processamento della carne. Una fabbrica del South Dakota è al momento il principale luogo di diffusione del virus del paese.

    Della serie: non chiedersi mai se quello che si traduce letteralmente ha senso oppure no (e si potrebbe discutere anche di fabbrica usato come sinonimo di impianto in ambito alimentare).

  4. Mauro:

    Siamo onesti: anche se io condividessi le idee dell’autore (e non è comunque il caso, da scienziato) mai comprerei la versione italiana del libro, visto che già come titolo e sottotitolo stravolge l’originale. Quindi mi chiederei: chissà che casini ha fatto il traduttore nel testo!

  5. Licia:

    @Mauro attenzione però a giudicare solo dalle apparenze: non sappiamo se siano scelte editoriali o di chi ha tradotto. E raramente chi compra un libro tradotto ha modo di confrontarlo con l’originale.

  6. Lele:

    OT
    e mantenere invece la foto del pane a cassetta

    L’ho sempre chiamato pane in cassetta immaginando che fosse pane infornato in apposite cassette, dalle quali deriva la forma.
    Forse mi sono inventato una paraetimologia?…

  7. Andrea Spila:

    Il calco processare usato in informatica fa male (un dolore fisico) ma sono un traduttore e quindi non faccio un testo. Per esempio “processare i dati” anche se palesemente Innocenti lo trovo immorale. Del resto, gli informatici dovrebbero essere processati, nel senso vero del termine, per reati linguistici o terminologici ben più gravi, come “Sottomettere” per “Submit” o “scrollare”.
    Andando agli alimenti ultratrasformati mi stupisce che né la traduttrice né l’editor abbia fatto adeguate ricerche sul termine. Peraltro è molto utilizzato anche il sostantivo “ultratrasformati” che poteva essere utilizzato in alternativa, snellendo il testo ove necessario.
    Poteva così essere evitato il cambio del titolo anche con qualche idea creativa, tipo “L’invasione degli ultratrasformati”.

    PS solo un appunto Licia: mettiamo i nomi dei traduttori, in questo caso Annarita Tranfici

  8. Licia:

    @Lele viene chiamato in almeno tre modi diversi: pane a cassetta, pane in cassetta o pan carré 🙂

    @Andrea mi autocito dal vecchio post Errori di processamento e di processazione perché siamo sulla stessa lunghezza d’onda:

    L’equivalente italiano del verbo inglese informatico process (eseguire operazioni su dati usando programmi specifici) per me sarà sempre elaborare.

    Mi rifiuto di usare il calco processare perché lo associo ad azioni giudiziarie, però sono consapevole che da tempo è talmente diffuso che non può più essere ritenuto un falso amico. Il calco informatico va invece classificato come prestito camuffato accolto stabilmente nel lessico italiano allo stesso modo di libreria (library) e salvare (save).

    Sul titolo e la copertina del libro, penso anch’io che si potesse fare di meglio (mi piace l’idea creativa!), però dubito sapremo mai come sono avvenute le scelte.

  9. Massimo Petrossi

    Personalmente preferirei l’uso di “cibi ultraelaborati” o “ultralavorati”, benché nel testo normativo si sia preferito “trasformati”, e spiego: etimologicamente, una “trasformazione” implica un passaggio (trans) da una prima forma ad una seconda. Quindi una mutazione principalmente estetica, o meglio, apprezzabile già dall’esterno, dall’estetica appunto.
    Invece qui si intende un *trattamento* (ecco un altro termine possibile candidato, anche se forse un po’ troppo specifico) che vada a modificare la sostanza del cibo stesso, quando non se ne aggiungano proprio, di sostanze: quindi la composizione interna del cibo come prodotto finale, senza riferimenti alle possibili variazioni di forma. Peraltro, alcune lavorazioni non toccano né la sostanza né la forma: pensiamo alle atmosfere protettive, per esempio.
    Infine, esistono in commercio una pletora di “semilavorati alimentari”, ovvero cibi preparati ma fino ad un certo punto, oltre il quale deve intervenire o l’utente finale o più spesso personale specializzato e abilitato a rendere il semilavorato un prodotto finito: il pane congelato che viene “dorato” nei forni dei supermercati per terminarne la cottura e renderlo fragrante ne è un esempio.
    Decisamente, propendo per “ultralavorati”, ma chiedo l’opinione degli altri.

  10. Licia:

    @Massimo, grazie per le considerazioni. Mi auguro che possa intervenire qualcuno con conoscenze specifiche del settore in grado di spiegare perché nella legislazione sia stato preferito trasformato/trasformare a lavorato/lavorare. Va però considerato che a distanza di più di 20 anni dall’entrata in vigore della legislazione, le scelte terminologiche di allora, con tutte le loro ramificazioni, non possono (o perlomeno non dovrebbero) essere ignorate in tutte le scelte terminologiche successive, altrimenti non viene mantenuta coerenza denominativa.

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