Chi ha paura del dizionario?

Fa parlare di sé l’edizione 2022 del Dizionario dell’Italiano Treccani, annunciata con varie novità tra cui l’abbandono della convenzione lessicografica tradizionale di registrare sostantivi e aggettivi nella forma maschile singolare e con indicazione solamente della desinenza per il femminile.

È stato scelto invece di lemmatizzare ogni forma femminile, dando quindi lo stesso rilievo ad entrambi i generi, elencati in ordine alfabetico. Ad esempio, si passa
da     bambino s. m. (f. –a)  
a       bambina, bambino n. f, n. m.

Di conseguenza hanno maggiore evidenza i nomi di professione al femminile, che acquisiscono così una loro autonomia lessicale. È un’innovazione a cui è stato dato molto risalto anche dai media. Alcuni esempi di titoli:

Titoli: 1 Parità di genere, la svolta nel linguaggio: il nuovo vocabolario Treccani registra il femminile di nomi e aggettivi prima del maschile; 2 Treccani sdogana architetta, notaia, medica e soldata; 3 Dalla soldata alla medica: la svolta gender della Treccani; 4 La Treccani cede al marketing gender; 5 Treccani è il primo dizionario a introdurre la parità di genere nel linguaggio per eliminare gli stereotipi

Ho scelto questi esempi perché li ritengo rappresentativi dell’approssimazione che spesso caratterizza i temi linguistici nei media italiani e che contribuisce ai fraintendimenti di chi poi ne discute sui social. 

Nessun effetto sul linguaggio!

Si nota innanzitutto l’uso improprio di linguaggio, che è la facoltà, tipica degli esseri umani, di apprendere un sistema di segni con il quale produrre atti linguistici, e sul quale non possono avere alcuna influenza le scelte editoriali di un dizionario. Non va confuso con lingua, come spiegato in Language: lingua e linguaggio

Ruolo dei dizionari

Nei titoli sono palesi alcune percezioni errate ma ricorrenti sulla funzione dei dizionari dell’uso. I dizionari non sdoganano le parole e il loro uso (né le legittimano, approvano, certificano, ufficializzano, convalidano…), e non introducono novità nella lingua, ma ne documentano l’evoluzione osservando e descrivendo le parole nel loro uso contemporaneo orale e scritto.

Ho descritto questi e altri fraintendimenti in un articolo del 2019 per il Portale Treccani, “Se lo dice il dizionario…” L’utente tra i dizionari dell’uso e le nuove risorse digitali, con varie altre osservazioni. Ad esempio, quando fa notizia la nuova versione di un dizionario di italiano è utile tenere presente questo:

Il tipo più noto di dizionario è quello generale o dell’uso che documenta il lessico della lingua contemporanea con un approccio sincronico. Ciascun dizionario è compilato in base a propri criteri di impostazione che ne determinano metodi di ricerca, compilazione e scelte, ad esempio quali neologismi includere o a quali funzioni e informazioni dare più rilevanza, distinguendosi così dagli altri prodotti sul mercato.

La scelta editoriale del Dizionario Treccani di adottare una nuova convenzione per il genere grammaticale è sicuramente innovativa e distintiva. Non credo però possa essere descritta come introduzione della parità di genere nella lingua (non può riuscire a farlo un dizionario!) ma sia invece un esempio della capacità dei lessicografi di recepire la rilevanza della parità nella società contemporanea, osservare come si riflette nell’uso della lingua e concretizzarla nel dizionario mettendo sullo stesso piano le forme maschili e femminili.

Il fantomatico gender

Le nuove convenzioni del dizionario non aggiungono nuove informazioni sul genere grammaticale delle parole (c’erano già) ma le presentano in un formato diverso

Eppure c’è chi ha scelto di titolare ricorrendo a espressioni come svolta gender, marketing gender e linguaggio gender, il cui senso non è deducibile dalle definizioni di gender riportate dai dizionari. L’unica certezza è che si tratta di una parola sempre più connotata ideologicamente, “acchiappaclic”, e indicativa della confusione diffusa tra genere grammaticale e genere in senso sociale, culturale e comportamentale.

Polemiche sui social

Come prevedibile, la notizia comunicata approssimativamente dai media ha scatenato polemiche male informate. Qualche esempio di commenti:

ideologia che stravolge la grammatica  •  obbligo morale di opporsi e denunciare pubblicamente la devastazione della lingua italiana  •  una volta la Treccani era la Bibbia della língua italiana, poi si é anchessa [sic] dovuta inginocchiare alla dissoluzione intellettuale e linguistica del politicamente corretto  •  è un insulto alla lingua italiana, un obbrobrio linguistico!  •  una pura operazione di marketing, ridicola e bizzarra, scientificamente insensata e ideologicamente inconsistente  •  Purtroppo la battaglia è persa completamente. Come pura forma di resistenza individuale stasera disdico abbonamento ad aggiornamenti @Treccani  •  Non si può sentire: medica, soldata. Non hanno musicalità, non si riescono quasi a pronunciare. La discesa verso l’abisso procede veloce ed irreversibile.

Mi domando quanti di questi commentatori scandalizzati siano abituati a consultare dizionari, perché altrimenti saprebbero che contengono già queste informazioni, e da tempo: lo Zingarelli, ad esempio, registra il femminile dei nomi di professione dal secolo scorso.

Uso dei dizionari

Dubito che molti commentatori sfoglieranno mai il nuovo Treccani cartaceo (costa € 200), ma se lo facessero sarei curiosa di sapere quali problemi cognitivi avrebbero nel consultare la voce con il nuovo formato 
direttore, direttrice  n. m., n. f. 
rispetto alla voce con il vecchio formato 
direttore s. m. (f. –trice)

Nella consultazione digitale la differenza di formattazione mi pare ancora meno rilevante perché le ricerche si fanno digitando la parola nell’apposita casella: non occorre neanche conoscere l’ordine alfabetico!

Ai denigratori che consultano regolarmente i dizionari sarei curiosa di chiedere con quale finalità lo fanno – capire il significato? verificare l’ortografia? cercare informazioni grammaticali? trovare parole collegate o correlate? – e perché temono che una modifica di formattazione possa interferire con la loro esperienza d’uso.

Poi cercherei di farmi spiegare perché pensano che inserire neologismi o dare maggiore visibilità a forme femminili in un vocabolario rappresenti una minaccia per la lingua, e in pratica come verrebbe messa in atto la corruzione. Dubito però che ai tuttologi dei social verrebbe in mente di farsi queste domande.

Non è semplice far riflettere su questi temi, soprattutto se ci sono prevenzioni ideologiche. Manca anche una cultura linguistica di base, a partire dai media, altrimenti queste polemiche insensate non si ripeterebbero ciclicamente (qualche esempio di parole o bufale linguistiche che hanno “triggerato” reazioni indignate: petaloso, Ferragnez, gelicidio, il cörsivœ parlato, i “nomi cristiani”, il correttore “gender”, “esci il cane”).  

Vocabolariese

Peccato che l’avversione per le forme femminili abbia distolto l’attenzione da altre novità del dizionario che trovo molto più interessanti, come nuove definizioni più chiare, dirette e inclusive (evitano ad es. di ricorre a uomo a favore di persona o essere umano), esempi d’uso creati ex novo e rivisti per eliminare gli stereotipi di genere, “secondo i quali a cucinare o a stirare è immancabilmente la donna, mentre a dirigere un ufficio o a leggere un quotidiano è puntualmente l’uomo”, marche d’uso che allertano sugli usi spregiativi e lesivi della dignità della persona e un’ampia selezione di neologismi.

Sono state inoltre eliminate definizioni circolari che rimandano ad altre definizioni, abbreviazioni oscure, tecnicismi lessicografici e formule tradizionalmente ricorrenti nelle definizioni come atto ed effetto del. Per sintetizzare questi aspetti negativi è stato usato un neologismo che mi piace molto: vocabolariese.


Vedi anche:

“Se lo dice il dizionario…” 
Questioni di lessico sui media italiani 


2 commenti su “Chi ha paura del dizionario?”

  1. Ivo Silvestro:

    Grazie: con tutta la caciara sul gender mi ero perso la parte sul “vocabolariese” che trovo molto interessante, anche se ho qualche perplessità (il linguaggio tecnico ha la sua utilità, ma non credo sia stato completamente bandito dal dizionario).

    Comunque il mio uso del dizionario, dal più al meno frequente, riguarda: ricerca di sinonimi o parole dal significato simile, dubbi sulla declinazione (giusto ieri: è i rompicapo o i rompicapi?) e dubbi sul significato.

    PS Grande ammirazione per quello che ha commentato “La discesa verso l’abisso procede veloce ed irreversibile”

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