Recovery Art, inglese farlocco ministeriale

Il governo ha ultimato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e i ministeri hanno descritto gli interventi previsti per le proprie aree di competenza. Il Ministero della Cultura l’ha fatto in una pagina che si apre con questa immagine:

Immagine con la scritta CULTURA Next generation Eu Recovery and resilience plan  #Italy4Culture. Didascalia: Borghi e edilizia rurale, digitalizzazione, tutela, Recovery Art, Cinecittà e potenziamento industria cinematografica.

Mi domando a chi si rivolgano il ministro Franceschini e i funzionari del Ministero della Cultura (italiana!), considerato che non usano il nome italiano del piano – come nelle comunicazioni del governo, del presidente del consiglio Draghi e delle istituzioni europee – ma preferiscono invece parole inglesi usate anche a caso.

Inglese farlocco: Recovery Art

Sarei davvero curiosa di sapere qual è il processo che porta a scegliere e approvare un nome in inglese farlocco come Recovery Art per un “programma di prevenzione antisismica per chiese, campanili e torri”.

Immagino che nelle intenzioni ministeriali il nome Recovery Art voglia dire “recovery plan per l’arte” o forse “recovery plan – arte”. In inglese però ha tutt’altro significato: può essere interpretato come arte della guarigione, nel senso di opere artistiche eseguite da chi si è ripreso (recovered) da una malattia grave oppure da una dipendenza da alcool, droga o altro.

Ho provato a chiedere spiegazioni a chi gestisce i profili Twitter di ministro e ministero, ma nessuno si è degnato di rispondere. Avrei voluto fare sapere che come cittadina sono davvero infastidita che il Ministero della Cultura ricorra a frasette inglesi di dubbia efficacia anziché usare l’italiano (anche l’hashtag #Italy4Culture con il numero 4 a rappresentare for è alquanto ridicolo e datato).

È anche l’ennesima conferma che l’abuso di anglicismi è inversamente proporzionale all’effettiva conoscenza dell’inglese. Dal Ministero della Cultura ci si aspetterebbe di  meglio, e invece anche in passato si è fatto notare per altri esempi poco esaltanti di pseudoanglicismi e inglese farlocco:

#verybello, vero italiano e inglese maccheronico
To.ma.to. ➜ inglese farlocco al MiBACT
Da “cinemaciùddei” a Cinema2Day

Un suggerimento per i funzionari ministeriali: seguire i criteri di condotta sull’uso degli anglicismi di Francesco Sabatini!


Anche i media continuano a usare Recovery Plan o l’abbreviazione impropria Recovery, alternandoli anche al nome corretto Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza ma senza spiegare che si tratta della stessa cosa. Avevo già evidenziato il problema qualche mese fa in Da Recovery a PNRR a #NextGenerationItalia.


Ho aggiunto Recovery Art al mio elenco di anglicismi istituzionali.

5 commenti su “Recovery Art, inglese farlocco ministeriale”

  1. Martina:

    “Arte della rinascita” o qualcosa su questa linea pareva brutto, no?Sul 4=for usato dai miei figli nei messaggi pre-smartphone quando avevano 13 anni stendo un velo pietoso.

  2. Luciano Scagliotti:

    A molto parziale conforto: Mentana nel suo TG ha parlato di “PNRR, quello che chiamavamo Recovery Plan”.

  3. John Dunn:

    Io pensavo che il Ministero volesse forse organizzare una mostra di opere d’arte rubate nel passato e poi ritrovate e restituite negli ultimi anni.

  4. Fabrizio:

    Ho appena scoperto questo blog e letto alcuni articoli: è già entrato a far parte dei miei preferiti!
    Ringrazio e mi complimento per la qualità dei contenuti.

  5. Daniele:

    Articolo semplicemente fantastico. Uscire da questo sito e tornare alla realtà è sempre un’esperienza disarmante o, come va di moda dire ultimamente (ahinoi), “anticlimatica” – che se fosse un’intuizione poetica/metaforica per dire “così brutto che fa male al clima” sarebbe splendida, peccato che, come hai scritto nel tuo articolo, la questione sia ben diversa….

I commenti sono chiusi.