Gli zar possono essere falsi amici

Da un articolo sui primi 100 giorni di presidenza di Joe Biden:

Testo: Passata l’euforia per il pericolo scampato (altri quattro anni di Trump alla Casa Bianca), a Bruxelles hanno cominciato a chiedersi: ma dov’è l’UE nella nuova Casa Bianca? Nessun inviato speciale, nessuno ‘zar’ o ambasciatore di rango per l’Europa e la Nato nella nuova amministrazione. Il che ci porta a quella che Foreign Policy definisce la peggior ‘toppa’ di Biden fino ad ora.

Come va interpretata la parola zar in questo contesto?

È la traduzione dall’inglese della frase No czar for Europe in the White House, no special envoy, da un articolo della rivista Foreign Policy, e mette in evidenza un falso amico.

In italiano la parola zar ha un’accezione storica: indica un titolo imperiale usato in alcuni paesi slavi e in particolare in Russia fino alla rivoluzione del 1917. Nell’uso contemporaneo a volte è usata per descrivere alcuni comportamenti autocratici, ad es. di Putin, ma non mi pare abbia molti altri usi figurati.

I poteri straordinari degli czar (o tsar o tzar) anglofoni

Anche in inglese la parola tsar o tzar o czar (inglese americano) ha lo stesso significato storico, ma ha anche accezioni figurate tipiche del linguaggio giornalistico e della politica che sono assenti in italiano.

Può infatti significare autocrate o qualcuno  con poteri illimitati ma più spesso indica una persona che ha poteri straordinari o a cui è conferita un’autorità particolare in un determinato campo. La forma più frequente è x czar dove x è un sostantivo o un aggettivo che indica il tipo di attività, anche istituzionale. Esempi d’uso: anti-corruption czar, energy czar, drug czar, education tzar, intelligence tsar.

titolo: Biden countiing on Climate Change Czar John Kerry to save the world

In inglese possono essere chiamate czar figure che in italiano descriveremmo come commissario straordinario o superdirigente o in alcuni casi massimo esperto o, in diplomazia, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. Non l’ha però capito chi ha tradotto no czar for Europe con nessuno ‘zar’ per l’Europa e neppure chi ha prodotto queste traduzioni letterali dall’inglese:  

Cina, torna in pista Xie Zhenhua lo zar del clima  ·  Di Maio dopo l’incontro con il segretario di stato USA Antony Blinken: «Stiamo pensando anche noi a zar per il clima»  ·  Sarà uno zar, lo zar del cyberspazio, che dovrà coordinare le politiche destinate a proteggere gli Usa in ipotetiche cyberguerre ·  Il sindaco Sadiq Khan ha deciso che Londra deve vivere anche di notte e per questo ha creato un nuovo incarico, quello di “Night Czar”, lo zar della notte · A Buckingham Palace arriva lo ‘Zar’ per le diversità · Moncef Slaoui, lo zar dei vaccini del presidente Trump ·  Anthony Fauci, lo zar anti-Covid ·  Ha deciso tutto lo zar della sanità pubblica, l’epidemiologo Anders Tegnell.

Di Maio a Washington: anche Italia pensa a uno zar del clima


Nota etimologica: zar ha origine nel latino Caesar, “imperatore”, attraverso il gotico kaisar (cfr. tedesco Kaiser).


Vedi anche: Elenco di falsi amici

6 commenti su “Gli zar possono essere falsi amici”

  1. Gabriella Ascari:

    Alla fine però tutti questi esempi puntano a qualcosa che non ha necessariamente a che fare con la lingua, ma piuttosto alla prassi (pigrizia?) della carta stampata che non scrive più ma butta in pasto a Google Translate/DeepL e affini e poi sistema (ma neanche poi tanto, va) e pubblica. E così è un calco casuale dietro l’altro senza neanche una giustificazione effettiva…

  2. Paolo Aiello:

    Concordo con le osservazioni di Gabriella Ascari e prevedo che col tempo questo falso amico, insieme a tanti altri, diventi un termine correntemente accettato (e magari correntemente travisato) della nostra lingua, proseguendo la disastrosa colonizzazione linguistica che l’inglese (o meglio l’angloamericano) sta attuando sempre più sfacciatamente nel nostro paese. E il bello è che questa colonizzazione avviene ad opera degli stessi italiani.
    Ci sono sempre state influenze di altre lingue in qualsiasi lingua, e possono anche contribuire positivamente alla loro evoluzione, ma le modalità e l’entità del fenomeno attuale, caratterizzato soprattutto dall’uso continuo e del tutto inutile di termini inglesi non tradotti e da sciatti anglicismi dalla pronuncia ibrida (come chattare), lo rendono, a mio avviso, davvero pericoloso per l’integrità della nostra lingua.

  3. Licia:

    @Gabriella concordo: pigrizia ma anche sciatteria, forse dovuta a pressione e scarsa motivazione (redazioni di stagisti sottopagati?), però anche ignoranza: con migliore padronanza del lessico italiano si potrebbe evitare la maggior parte dei falsi amici perché ci si accorgerebbe subito che la traduzione letterale è incongruente con contesto e messaggio.  

    @Paolo per chi è attento all’uso della lingua e apprezza l’enorme ricchezza espressiva dell’italiano è sicuramente molto sconsolante ed estremamente fastidioso vedere la superficialità con cui vengono usati anglicismi superflui, e non a caso qui nel blog continuo a raccogliere esempi e ad essere molto critica su usi e soprattutto abusi. Penso però vadano fatte considerazioni diverse per i falsi amici come zar, che non sono “appariscenti” come i prestiti non integrati, immediatamente riconoscibili, ma sono invece molto più subdoli.

    Faccio questa distinzione perché per la lingua italiana l’uso dei prestiti non integrati (per comodità qui “anglicismi”) non è così preoccupante come potrebbe apparire analizzando esclusivamente il lessico usato dai media, che spesso ricorrono agli anglicismi solo per evitare ripetizioni, e dai politici, che usano anglicismi come un tempo si usava il latinorum, da cui il neologismo inglesorum. Al di fuori da questi contesti e da alcuni usi gergali, come ad es. tra adolescenti o in alcuni ambiti lavorativi (aziendalese ecc.), nel parlato quotidiano il numero di anglicismi è contenuto e i numeri che spesso vengono usati a supporto di tesi catastrofiste andrebbero presi con molta cautela: qualche considerazione in Davvero fra 80 anni non si parlerà più italiano?. Eviterei quindi di ricorrere a metafore come colonizzazione (“assoggettamento politico e culturale”) anche solo perché andrebbe spiegato chi sarebbero i colonizzatori e quali sarebbero gli obiettivi dei tentato assoggettamento.

    Un’ottima sintesi è stata fatta dalla linguista Vera Gheno in Sull’uso e l’abuso delle parole inglesi in italiano, già citato qui. Fornisce dati e riferimenti per inquadrare correttamente il fenomeno dei forestierismi in italiano e ricorda il pensiero diTullio De Mauro per spiegare perché il metodo migliore per mantenere in salute l’italiano è quello di imparare bene anche altre lingue.

  4. Giovanni:

    Perdona Licia se prendo spunto da una tua considerazione forse marginale nella replica a Paolo, l’argomento suscita in me un certo interesse perciò propongo la mia personale opinione. Colonizzazione è un termine appropriato, i colonizzatori sono Inghilterra e Stati Uniti d’America e il loro obiettivo è molto ben reso dal tuo virgolettato, l’assoggettamento politico e culturale (non solo per mezzo dell’espanionismo linguistico). Per quanto possa apparire un pensiero stantio, gli Stati ambiscono a tiranneggiare culturalmente, Inghilterra e USA hanno un notorio pedigree storico di espansionismo imperialista e sono pure tra i vincitori dell’ultima guerra mondiale. Dobbiamo loro la nostra rinascita dalle macerie della guerra dopo la quale in tutto il mondo, studiare in paesi di lingua inglese, meglio se USA o Inghilterra, è unanimemente considerato il modo più solido per coltivare le proprie ambizioni di riconoscimento se non affermazione sociale. L’inglesorum è figlio di questo strapotere politico, militare, economico e culturale. Un suggerimento che considero in tema: BBC News – Nobel Prize: How English beat German as language of science
    http://www.bbc.co.uk/news/magazine-29543708

  5. Licia:

    @Giovanni attenzione a non confondere l’adozione di una lingua (un intero sistema linguistico che ne sostituisce un altro, come negli esempi africani) con l’adozione di singole parole che non intaccano le strutture più profonde della lingua! Per approfondire: Chi ha paura dell’inglese? del linguista* Nicola Grandi che parte dalla domanda Ma l’italiano sta davvero subendo questa azione di colonizzazione da parte dell’inglese? per spiegare perché sulla questione ci sono vari fraintendimenti.
     

    * Andrei molto cauta nel seguire le tesi catastrofiste di chi invece non ha una formazione linguistica specifica (cfr. Davvero fra 80 anni non si parlerà più italiano? e link correlati).

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