FOIA, una legge dal nome bestiale

Il governo ha riassunto la legge di riforma della della pubblica amministrazione, approvata il 4 agosto 2015, in una presentazione coloratissima che pare rivolta a tutti i cittadini.

Dopo il Jobs Act, è confermata la tendenza “farlocca” a usare nomi inglesi per future leggi italiane. Il nuovo esempio è il Freedom of Information Act:

[slide] Trasparenza obbligatoria – Con il FREEDOM OF INFORMATION ACT (FOIA) l’accesso ai dati e ai documenti della Pubblica Amministrazione, anche non pubblicati, diventa  possibile e per tutti. L’Italia si pone così tra i Paesi più avanzati del mondo.

Domanda retorica: che bisogno c’è di scimmiottare di nuovo gli americani (il Freedom of Information Act è stato promulgato negli Stati Uniti nel 1966) per dare il nome a una legge italiana che riguarderà la PA italiana? Perché non si può descrivere come legge per la libertà sull’informazione o, aggiungo dai commenti qui sotto, legge sull’accesso all’informazione?

È davvero FOIA?

Freedom of Information Act è un nome troppo lungo e poco agevole da pronunciare all’interno di frasi italiane. Se entrerà nell’uso comune verrà sicuramente abbreviato, ma l’acronimo FOIA mi pare alquanto infelice: non credo di essere l’unica a cui fa venire in mente l’eccitazione libidinosa animalesca.

FOIA 4 ITALYHo perplessità anche sul nome FOIA4Italy, un progetto indipendente che dà molte informazioni in materia. Nel sito si legge che “il diritto di accesso all’informazione è regolato da norme conosciute internazionalmente come Freedom of Information Acts (FOIA)”.

In realtà il nome FOIA identifica le leggi per la libertà (diritto) di accesso all’informazione statunitense, britannica e australiana. Gli altri paesi che hanno adottato provvedimenti in materia usano denominazioni nella propria lingua, come si può verificare in Freedom of information laws by country.

Insomma, il nome FOIA non mi pare affatto giustificato in un contesto italiano, anche perché immagino avrà un percorso simile a quello di Jobs Act, denominazione impropria che non appare in nessun testo legislativo (cfr. Get your [Jobs] Act together!, con spiegazione dell’uso farlocco di act in italiano).

Aggiornamento maggio 2016 – È stato approvato il Decreto legislativo recante revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione pubblicità e trasparenza […]. Come previsto, il testo non contiene né l’acronimo FOIA né l’espressione Freedom of Information. Con la discrepanza tra il nome pubblico e quello ufficiale viene a meno il principio di univocità referenziale, si crea confusione e per i cittadini diventa più complicato trovare informazioni sulla legislazione rilevante.

Anglicismi superflui

Sono sempre più convinta che la scelta di ricorrere ad anglicismi superflui senza spiegarli e motivarli adeguatamente sia segno di poco rispetto per l’interlocutore.

Mi pare però che quello dell’itanglese sia ormai un vezzo del governo: provate a dare un’occhiata ai documenti che illustrano le riforme, ad es. a quelli caricati in issuu (a proposito, perché il governo italiano usa siti stranieri anziché quelli istituzionali per le proprie attività?), e troverete molti esempi. Uno tra i tanti, anche questo relativo alla riforma della PA, è white list:

[slide] White list rapida. MENO BUROCRAZIA per iscriversi alle WHITE LIST (imprese non a rischio di mafia per la partecipazione ad appalti pubblici)

Davvero non si può trovare un nome italiano per white list, una locuzione informale che in inglese si oppone a black list, già adottata in italiano come lista nera? E poi sarà una sola e rapida o ce ne saranno tante? 

Anche in questo caso mi pare appropriata la descrizione del linguista Francesco Sabatini per gli anglicismi superflui: un misto di pigrizia, esibizionismo ed elitarismo.

Vedi anche:
Elenco di anglicismi istituzionali
La buona scuola, tra anglicismi e sillabazioni 
MIUR: lunga vita all’inglese farlocco?

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[slide] È VERO CHE… TUTTI POTRANNO ACCEDERE AI DATI E AI DOCUMENTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE? SÌ ATTRAVERSO IL FREEDOM OF INFORMATION ACT (FOIA) ogni cittadino potrà accedere ai dati e ai documenti della Pubblica Amministrazione anche se non resi pubblici.

10 commenti su “FOIA, una legge dal nome bestiale”

  1. Monica:

    Ma perché diamine non interpellano persone qualificate per una consulenza prima di decidere cose del genere? Io avrei qualcuno da proporre, tipo, l’autrice di questo blog!

    Credo ci sia un altro fattore che influisce sull’uso dell’inglese soprattutto per termini come “white list” oltre a quelli che citi tu: l’uso nel linguaggio del business. Tantissimi documenti in italiano – e spesso anche per colpa (o concorso di colpa) di noi traduttrici e traduttori che ci dobbiamo adeguare alle preferenze dei clienti – lasciano termini specifici in inglese. A volte ci si prova a dire “no ma guarda possiamo anche tradurla questa, c’è il corrispettivo facile facile” ma c’è già tutta la documentazione di riferimento magari anche sul sito web dell’impresa in cui hanno lasciato quella frase in inglese volutamente, e *avoja* te a fare la lotta singola contro gli inglesismi in eccesso…

    A parte che in questo caso su “white list” forse ci sarebbe anche qualche difficoltà, non è così facile rendere il concetto in italiano in modo altrettanto sintetico. E ormai pare un termine usato ufficialmente ovunque anche in contesto legislativo (vedo da googlata veloce in italiano riferimenti in testi relativi a leggi anticorruzione, siti delle prefetture, dell’Agenzia delle Entrate, ecc.). Quindi non resta che arrendersi!!

    Non è un inglesismo così infame come il “Jobs Act” stesso, insomma.
    Il FOIA è proprio tremendo per l’acronimo…!

  2. Licia:

    @Monica, sono del tutto d’accordo con te che quando un anglicismo entra nell’uso e diventa insostituibile, o anche solo utile, non ha molto senso volerlo sostituire a tutti i costi con una parola italiana.

    Non dimentichiamo però che governo e istituzioni pubbliche hanno la possibilità, e direi anche il privilegio raro, di poter decidere la propria terminologia, eventualmente anche operando scelte in controtendenza che però poi possono diventare lo standard nella comunicazione pubblica, se usate coerentemente da tutte le istituzioni.

    Ci pensavo quando ho sfogliato il Vocabolario della social innovation, un progetto della Regione Piemonte cofinanziato dai Fondi strutturali europei. È un progetto “istituzionale” molto interessante che poteva rappresentare l’opportunità di definire la terminologia italiana (in molti casi si tratta di concetti nuovi e non ancora molto diffusi) che altri avrebbero poi potuto usare come riferimento, e invece sono stati privilegiati gli anglicismi. Peccato, un’occasione sprecata.

    Temo che in Italia non si rifletta molto su questi temi anche perché manca quella che mi piace chiamare cultura terminologica: qualche altra considerazione in Terminologia e comunicazione.

  3. Enrico:

    Ciao Licia, come sempre ottima analisi.
    Oltre a FOIA4ITALY c’è anche http://www.foia.it/
    Usano sempre FOIA ma in uno dei link c’è “Mozione per l’accesso alle informazioni del settore pubblico”.

    Enrico

  4. Luigi Muzii:

    La rottamazione passa anche da qui. Da lingua e cultura nazionali. Serve a coprire la profonda ignoranza di coloro che la propugnano.

  5. Isa:

    Prendo spunto dal commento che segnala il tweet di @diritto2punto0 per dire che forse nemmeno LAI funzionerebbe troppo come acronimo, ma magari LAINFO sì, e in ogni caso sarebbero entrambi meglio di FOIA. Ho da poco consegnato una traduzione dall’americano in cui il Freedom of Information Act, quello vero, veniva nominato moltissime volte: e pur godendo dell’aiuto fornito dal contesto, ho sempre indicato l’acronimo tra parentesi e solo se costretta, pensando che era davvero una coincidenza sfortunata… mai avrei immaginato che ci saremmo trovati davanti questo mostro terminologico QUI. Luigi Muzii ha ragione: molto semplicemente, chi ha avuto questa bella pensata non sa che cosa voglia dire “foia” in italiano.

  6. Licia:

    @Isa, qualche sospetto di ignoranza viene proprio!

    Credo comunque che se il provvedimento avesse un nome italiano, come legge sull’accesso all’informazione, non si sentirebbe l’esigenza di abbreviarlo o di indicarlo con un acronimo: Freedom of Information Act è formato da una sequenza di parole che insieme, come locuzione, non sono congruenti con le strutture dell’italiano, e per questo risultano poco agevoli da pronunciare (per capire cosa intendo si può provare a leggerle come se invece fossero singole parole, freedom, of, information, act: la prosodia è completamente diversa e dirle risulta molto più semplice). 

    Ne approfitto per riproporre un’affermazione di Renzi di gennaio 2014, dal suo sito, che avevo citato in Get your [Jobs] Act together!

    «Venendo qui ho incontrato una signora che mi ha preso in giro per il Jobs act: “Oh Renzi, falla finita con questi nomi strambi!”. Ha ragione: basta anglicismi.»

  7. Licia:

    Aggiungo una segnalazione di G. che conferma che non tutti si rendono conto dell’ambiguità della parola foia. Provate a leggere a voce alta solo la frase evidenziata:

    Il premier Matteo Renzi aveva parlato di Foia in Parlamento più di un anno fa nell’ottica di rendere visibile a tutti in che modo viene speso il denaro pubblico.

    Cene eleganti?!? 😉

  8. Massimo S.:

    Nessuno mi convincerà che la locuzione “white list” non possa essere sostituita dall’altrettanto icastica espressione “lista bianca”, come del resto “short list” può benissimo essere tradotta con “lista corta”, o “lista breve” o “selezione”…

    Certo che con le espressioni ‘italiane’ salterebbe subito agli occhi la contraddizione tra il nome e il fatto che talvolta tali liste includono, nonostante tutto, anche imprese non proprio ‘immacolate’ sotto il profilo dell’infiltrazione mafiosa o, nel caso delle liste corte, che la selezione di imprese o professionisti o altri più o meno qualificati a cui affidare di volta in volta un certo lavoro o incarico, è costituita ancora da lunghi elenchi di soggetti i più disparati ed eterogenei.
    Ed è per questo che alla fine si preferisce l’opaco termine straniero, che rimane opaco, per quanto detto, alla gran parte dei parlanti italiani, nonostante possa avere una sua ‘riconoscibilità’ internazionale.

    Infine penso che chi ha proposto l’acronimo “LAI” per indicare la legge sull’accesso all’informazione annunciata da Renzi deve essere un inguaribile pessimista (magari sulla scorta delle norme farraginose già disciplinanti il cd. diritto di accesso agli atti della p.a.) che già si prefigura le sofferenze e i conseguenti “lamenti”, i “gemiti” dolorosi di chi cercherà di valersi di tale legge e di attuarla. 😉

  9. Anna:

    Domani, venerdì 6 maggio alle ore 15.00, gli studi del Corriere della Sera ospiteranno la ministra Marianna Madia per una diretta sul Freedom of Information Act. Sarebbe una bella occasione per chiederle il perché dell’anglicismo e magari convincerla a cambiarlo (è anche possibile che nessuno al governo conosca il significato di “foia”…). Per inviare le domande basta collegarsi a Twitter con l’hashtag #corrierelive. Io purtroppo non posso perché a quell’ora insegno. Ecco il link all’articolo del corriere, se qualcuno ci vuole provare: http://www.corriere.it/politica/16_maggio_05/corrierelive-venerdi-diretta-la-ministra-pa-marianna-madia-6220c70e-12d5-11e6-918d-cff62dc61260.shtml#commentFormAnchor
    Grazie!

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