Anglicismi governativi: School Bonus

A SCUOLA HAI SCOPERTO L’AMORE. SCHOOL BONUS. UN BEL MODO PER DIRE #GRAZIESCUOLA.

In questi giorni il Miur sta invitando i contribuenti ad usare (lo) School Bonus. Il sito schoolbonus.gov.it spiega che è “un’erogazione liberale in denaro in favore delle scuole” in cambio della quale si riceve un credito d’imposta pari al 65% o al 50% di quanto versato.

Significato di bonus in inglese e in italiano

In inglese un bonus è denaro o altro tipo di premio che si riceve in aggiunta a quello che già spetta. Uno school bonus potrebbe essere un contributo corrisposto a chi ha figli in età scolare.

Ha accezioni simili anche bonus in italiano, un latinismo preso in prestito dall’inglese. Il Dizionario di Economia e Finanza Treccani lo definisce “ogni forma di compenso aggiuntivo rispetto a quello previsto che un individuo o un gruppo di persone ricevono per merito o perché portatori di uno status o di esigenze particolari […]”.

Esempi dal Miur: il bonus per la valorizzazione del merito dei docenti e il bonus di €500 per acquisti utili all’aggiornamento professionale; in entrambi i casi si tratta di soldi in più ricevuti dagli insegnanti.

Perché proprio School Bonus?

Il significato attribuito dal Miur a School Bonus non è congruente né con i due esempi né con i significati standard di bonus in inglese in italiano.

Ho il sospetto che l’anglicismo sia stato usato per confondere le idee. Se l’avessero chiamato bonus scuola o bonus scolastico, che è la traduzione di school bonus, sarebbe stato difficile far passare il messaggio che non si ricevono benefici aggiuntivi ma bisogna invece versare soldi.

Ho chiesto al Miur di motivare la loro scelta ma non mi hanno ancora risposto. L’ho poi domandato anche a Francesco Luccisano, ex capo della segreteria tecnica del Miur e uno dei responsabili di La Buona Scuola. La sua risposta:

Francesco Luccisano: così ci può scrivere un articolo sopra, no? Due motivi: 1.analogia con l'art Bonus varato poco prima. 2. Perché suona bene. Io sono della scuola “l’usage est suzerain”

L’Art bonus a cui rimanda Luccisano non è un provvedimento per l’arte o che facilita gli artisti (e comunque in inglese credo ci si aspetterebbe Arts Bonus) ma un credito d’imposta per favorire il mecenatismo culturale. È stato introdotto dal Ministero del Beni Culturali, che non brilla certo per conoscenza dell’inglese, cfr. Cinema2Day e To.ma.to.

Ritengo quindi School Bonus un esempio di inglese farlocco o comunque uno pseudoanglicismo del tutto superfluo e inaccettabile nel contesto della scuola italiana.
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Dimenticavo: il nome School Bonus non appare né nel decreto che lo istituisce né nella legge cosiddetta La Buona Scuola. Con la discrepanza tra il nome pubblico e quello ufficiale, già rilevata per Jobs Act e altri provvedimenti legislativi, viene a meno il principio di univocità referenziale, si crea confusione e per i cittadini diventa più complicato trovare informazioni sulla legislazione rilevante.


L’intero scambio con Luccisano dà un’indicazione delle modalità di comunicazione social dei funzionari del Miur. Altri esempi in La buona scuola, tra anglicismi e sillabazioni e in La “via italiana” alla Scuola Digitale.
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A proposito di anglicismi istituzionali, ho aggiornato il post su Fertility Day con il nuovo logo, dove spicca uno strano simbolo: un tovagliolo rosso con nodo.
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4 commenti su “Anglicismi governativi: School Bonus”

  1. Licia:

    @Marco al ministero sono poliglotti! 😉

    Prevalgono però le influenze e le interferenze dell’inglese.

    Nel sito schoolbonus.gov.it si trovano alcune imprecisioni che non ci si aspetterebbe dal ministero dell’istruzione, ad es. errori di punteggiatura, accenti sbagliati e incongruenze varie. In particolare però risalta l’eccesso di iniziali maiuscole a imitazione dell’uso americano e c’è una curiosa personificazione di School Bonus, che viene usato come nome proprio senza articolo. Esempi: Cos’é School Bonus? Oggi con School Bonus hai finalmente l’opportunità di ringraziare la scuola. Parrebbe lo stesso tipo di interferenza subita da Ebola e da Zika

    Il verbo beneficiare, intransitivo nell’uso contemporaneo italiano, viene usato transitivamente come benefit in inglese: i contribuenti scelgono liberamente la scuola da beneficiare.

  2. Matteo:

    Giusto per cambiare ministero: la comunicazione di questo famoso opuscolo (http://nuovoeutile.it/wp-content/uploads/2016/09/C_17_opuscoliPoster_317_allegato.pdf) è così aberrante che è proprio difficile concentrarsi su tutto il resto: piogge di virgole in posti improbabili («Pertanto, una corretta educazione allo sport e all’attività motoria in generale, appare fondamentale»), accenti ignorati e buffi spazi prima dei due punti («E’ necessario però non eccedere : numerosi studi scientifici […]»), per non parlare di tutte le iniziali maiuscole che anche tu, Licia, hai notato.

    E non si dica che qualche errore può sfuggire (a maggior ragione perché si tratta di un testo di una decina di pagine). Questa è semplice ignoranza.

  3. Alpha T:

    Ma non si capisce! Se mi dici bonus io penso che mi stai per dare un bonus!
    Ma ogni volta una! Scusa Licia ma sono stufo.

    Eccheccaspita, insisto sul concetto di Matteorenzification che avevo introdotto in un commento a TO.MA.TO.
    Non possiamo fare i ganzi esterofili con questa logica da strapaese!

    Ma “l’usage” de che?!?! Se c’è l’uso abituale di una parola che va di moda, tu lo adoperi per significare tutt’altro così, a sorpresa, ma dove ti dovremmo mandare, o servitore dello Stato?
    Ma se è per assecondare un sentimento ingenuo di autocompiacimento, perché ci sentiamo diventati grandi ad usare ad orecchio le parole difficili e di tendenza, allora ditelo, nei prossimi decreti sbizzarritevi, mettete EBITDA al posto di PIL, l’estrazione dei biglietti della Lotteria Italia li chiameremo Factoring, e se l’F35 verrà definito Petaloso si spegneranno anche le polemiche!

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