Problemi di inglese per #labuonascuola

La recente consultazione pubblica sulla scuola ha indicato che per gli italiani le materie più importanti sono inglese ed educazione civica.

Una buona conoscenza dell’inglese è fondamentale, ma mi domando se gli standard di riferimento del ministero dell’istruzione siano adeguati, soprattutto dopo aver scoperto che per insegnare inglese alla scuola primaria e per insegnare una materia non linguistica in inglese alle superiori è sufficiente una conoscenza di livello B1, decisamente basso.

La buona scuola in inglese

la buona scuola in 12 pointsLe mie perplessità sono aumentate quando ho visto la buona scuola in 12 points, il testo inglese che sintetizza la riforma prevista dal governo.

Da chi si occupa di istruzione mi aspetterei una traduzione professionale e comunque la capacità di valutarla ed eventualmente correggere gli errori prima di pubblicarla, invece ci sono molti problemi.

Traduzioni e collocazioni

È palese che la traduzione è opera di una persona italiana e non di madrelingua, come dimostrano la struttura delle frasi e le scelte lessicali. Si notano in particolare problemi di collocazioni, le combinazioni di due o più parole che formano insieme una locuzione resa tipica dall’uso, spesso difficili da padroneggiare in una lingua straniera. Qualche esempio, con l’inglese britannico come varietà di riferimento:

Public school un errore clamoroso perché questa locuzione è un noto falso amico. In inglese britannico public school non vuol dire “scuola pubblica” (state school) ma è invece una scuola privata prestigiosa. Nel contesto in cui appare (each public school in the sector will publish a Self-Assessment Report) è fuorviante perché fa pensare che il rapporto di autovalutazione sia previsto solamente per le scuole private.  

40 thousand qualified young new teachers l’errore è nell’ordine delle parole (cfr. “noun stack” e sequenze di aggettivi) perché in un contesto di istruzione pubblica ci si aspetta newly qualified teacher, collocazione così diffusa che le è associato l’acronimo NQT.

Stable staff non è stata riconosciuta una collocazione che in inglese viene interpretata come “personale della scuderia” (sostantivo stable) e non come come “team stabile”. Basta una veloce ricerca online per avere conferma dei contesti d’uso equini.

Unlatching red tape il verbo unlatch (“togliere il chiavistello”) non funziona associato a red tape, la burocrazia, neppure metaforicamente: l’unica occorrenza che si trova nel web è in questo documento! I verbi più frequenti sono cut, reduce, eliminate, minimize, come si può verificare nei dizionari delle collocazioni o in corpora, ad es. con Google Ngram Viewer:

collocazioni verbo   red tape

Potrei fare diversi altri esempi ma credo che questi siano sufficienti ad evidenziare l’inadeguatezza della traduzione.

Buona scuola = buon inglese?

Come cittadina, trovo inaccettabile che il ministero dell’istruzione non sia in grado di produrre un testo in inglese corretto: se questo è il livello di chi forma e valuta i formatori, cosa ci si può aspettare dal sistema scolastico?

Mi pare anche abbastanza ironico che una traduzione così poco efficace sia relativa a documenti e comunicazioni in cui abbondano gli anglicismi, come già evidenziato in La buona scuola, tra anglicismi e sillabazioni. È una conferma che l’uso dell’itanglese è spesso inversamente proporzionale all’effettiva padronanza della lingua? 

esempi di anglicismi in La buona scuola

Riferimenti: documento originale la buona scuola in 12 punti e traduzione inglese la buona scuola in 12 points.

Aggiornamento – Altri esempi dell’inglese non esaltante del Ministero dell’istruzione:
♦  Il Miur ai maturandi: #NoPanic
♦  MIUR: lunga vita all’inglese farlocco?
♦  #hackschool, hackathon e H-ACK per il MIUR


A proposito di comunicazioni ministeriali, se non l’avete già letto vi consiglio La lingua disonesta: come scrivono al ministero dell’istruzione di Claudio Giunta.

13 commenti su “Problemi di inglese per #labuonascuola”

  1. Anna:

    Gentile Licia,
    grazie di questo post! La domanda di base che mi faccio è: perché scrivere un manifesto programmatico del genere in inglese (per altro scorretto)? A chi si rivolge il Ministero? Agli insegnanti italiani? Ai giornalisti stranieri?
    Che senso ha?

  2. Anna Laura:

    Una spiegazione per “unlatching red tape” potrebbe essere che chi ha tradotto creda che “unlatch” voglia dire “slacciare” e quindi vada bene con “tape”.

  3. Mark D:

    Bellissimo articolo e grazie per averlo portato alla nostra attenzione, perché in effetti chi mai l’avrebbe dovuto leggere?? Bellissime anche “extraordinary plan”, “public competition” e “burdensome”. ‘Renzispeak’ tradotto pure male. Orwell si rivolta nella tomba (o forse ride?).

  4. Nicola Romagnani:

    1. La frase “se questo è il livello di chi forma e valuta i formatori, cosa ci si può aspettare dal sistema scolastico?” è vuota di logica e inaccettabile. Mentre sulle questioni linguistiche la tua acribia è ipertrofica, quasi al limite della pedanteria, come puoi ‘tagliare con l’accetta’ un concetto come quello che esprimi? Da dove trai l’informazione secondo cui quel documento dovrebbe rappresentare il livello di chi forma e di chi vive e lavora nel sistema scolastico? Mi sembra un’enorme mancanza di rigore logico, soprattutto se in una persona che, su tutto il resto, fa della propria precisione estrema una cifra del proprio metodo.
    2. La lingua è uno strumento, non un fine! In questo blog – che inizialmente leggevo volentieri, ma che progressivamente sto abbandonando -, vero è che si parla di questioni terminologiche, ma non si può fare di queste un metro di giudizio del resto dello scibile. Chi non sa una lingua, paga un traduttore o interprete che la sappia al suo posto, mantenendo intatta le proprie cultura e capacità di rapportarsi al mondo, all’essere umano, alla ‘vita’.
    3. Tolte le 15 persone che, in Italia, si occupano di queste cose tutti i giorni – come te, ma non era un documento destinato a voi -, sono convinto che tutti gli altri, quando leggono ‘public school’, capiscano proprio ‘scuola pubblica’. Altrimenti, vuol dire che non hanno capito niente di ciò che hanno letto prima, non sanno di cosa tratta quel documento e dunque è perfettamente inutile che seguitino a leggere: in questo senso la lingua è uno strumento. La correttezza terminologica è, sì, un valore; ma la comprensibilità ne è uno di ordine sicuramente superiore.
    Con stima!
    Nicola

  5. Licia:

    @Anna, al documento si accede da un pulsante in alto a destra sulla home page del sito La buona scuola, quindi è piuttosto visibile. Presumo sia rivolto a non italiani come i corrispondenti di media stranieri, o a chi fa ricerche specifiche sull’argomento.

    @Anna Laura non ci avevo pensato ma in effetti… 😀

    @Mark D, sono sicura che chi ha tradotto non abbia alcun problema a comunicare adeguatamente in inglese in altri contesti, ma è evidente che non è un professionista della traduzione e non ha familiarità con lessico e terminologia inglesi richiesti in questo contesto, come si nota dai tuoi esempi e da altri ancora come replacements (supplenze) anziché supply o substitute teaching.

    @Nicola, grazie per il commento, apprezzo sempre i punti di vista diversi dal mio. Temo però di essere stata fraintesa: non sto criticando il sistema scolastico o i temi della consultazione pubblica ma ho voluto innanzitutto evidenziare l’importanza delle collocazioni per le traduzioni, quindi esprimere il mio disappunto perché dal ministero dell’istruzione mi aspetto contenuti corretti, sia in italiano che in inglese, soprattutto se ad alta visibilità come questo.

    Sono del tutto d’accordo quando dici che “chi non sa una lingua, paga un traduttore o interprete che la sappia al suo posto”. Rivolgersi a un traduttore competente significa anche sapere riconoscere e dare valore alla professionalità, e qui includerei anche gli insegnanti che sono “costretti” a insegnare inglese o in inglese senza avere una preparazione adeguata (i racconti degli insegnanti sulla formazione che ricevono, spesso di “seconda mano”, non sono molto incoraggianti). 

    Penso anch’io che un italiano che legga questa traduzione la trovi facilmente comprensibile, grazie anche alle frasi tradotte letteralmente. Non siamo però noi italiani i destinatari ma tutti gli altri: chi legge userà le proprio conoscenze dell’inglese e nel contesto dell’Unione europea, dove prevale l’inglese britannico, public school ha un significato preciso, che non è “scuola pubblica”, e molte altre locuzioni e frasi risultano ambigue, fuorvianti o poco comprensibili. Non credo di essere l’unica a ritenere che in una comunicazione istituzionale non dovrebbe esserci posto per l’approssimazione.

    Credo che lo scambio di idee sulla comunicazione pubblica, come stiamo facendo qui, possa essere comunque utile (cfr. Terminologia e comunicazione). Se hai informazioni sulla genesi di questo documento e i suoi destinatari, spero tu possa e voglia condividerle: mi piacerebbe saperne di più.

  6. Alexandra:

    @Nicola
    “Tolte le 15 persone che, in Italia, si occupano di queste cose tutti i giorni – come te, ma non era un documento destinato a voi -, sono convinto che tutti gli altri, quando leggono ‘public school’, capiscano proprio ’scuola pubblica’.”

    Trent’anni fa alle medie mi hanno insegnato che ‘public school’ significa ’scuola privata’, che è un “falso amico”, e non l’ho dimenticato.
    Alexandra

  7. Marco B:

    @Nicola
    “Tolte le 15 persone che, in Italia, si occupano di queste cose tutti i giorni”

    Io sono uno dei tanti italiani in Inghilterra, pare circa mezzo milione di persone, arrivato qui due anni fa dopo essere rimasto senza lavoro in Italia.
    Qui l’uso corretto della lingua e’ uno dei mezzi primari per discriminare la classe sociale, e ti assicuro che una conoscenza approssimativa della lingua inglese, pensata per farsi capire dai professori di terza media e non dal resto del mondo, buona al piu’ per l’esame di terza media, e’ una zavorra ben difficile da eliminare.
    Come diceva Nanni Moretti, chi parla male, pensa male e vive male, ed e’ vero anche in inglese.

    Grazie quindi a Licia, che ci da’ un angolo tranquillo per discorrere della lingua italiana e delle contaminazioni culturali con il resto del mondo.

  8. Stefano:

    Innanzitutto, auguri Licia e tutti.

    Secondo, sulla questione di “public school”, una piccola considerazione: è vero che l’inglese britannico è sempre l’inglese britannico, ma qui in USA le public schools sono proprio le scuole pubbliche (ho figli in età scolare, quindi ho esperienza di prima mano). Parliamo quindi di 300 milioni e dispari di lettori anglofoni che capirebbero il testo correttamente. Ovviamente non ho analizzato il resto del testo e quindi non so se l’autore propendesse verso una specifica variante della lingua…

  9. Licia:

    Grazie a tutti per i commenti e i link.

    @Stefano, infatti, nel post ho specificato inglese britannico perché la comunicazione avviene in un contesto Ue. Si ha conferma che è questo il pubblico di riferimento dal videomessaggio di Renzi alla ripresa delle scuole del 5 gennaio: “la campagna di ascolto della buona scuola è stata giudicata dalle istituzioni europee la più grande campagna d’ascolto mai fatta a livello continentale”. Non è accettabile che chi traduce a questo livello non sappia che in Europa public school è una locuzione ambigua e quindi che va evitata.

    @Marco B, a pensar male…, ma mi viene il dubbio che traduzione di The plan for Italy, la lettera di Renzi pubblicata da The Economist, sia stata affidata a una persona non di madrelingua, con le imprecisioni e le costruzioni poco idiomatiche che ne conseguono, proprio perché in realtà pensata per essere letta (e capita) soprattutto da un pubblico italiano?

  10. Peter:

    Pubblic School nell’inglese americano significa appunto scuola pubblica 🙂

  11. Licia:

    @Peter, certo, ma ho specificato chiaramente che è stato usato l’inglese britannico come varietà di riferimento (quello che a scuola viene insegnata alla maggior parte degli europei). Nel contesto dell’Unione europea l’inglese americano non è molto rilevante.

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