Bungarello: occasionalismo o neologismo?

Ieri il Corriere della Sera riportava che in occasione della giornata mondiale contro l’AIDS
(1 dicembre) alle redazioni dei programmi RAI era stato comunicato il divieto del ministero della Salute di nominare esplicitamente il profilattico (ma il ministro ha poi smentito).

#bungarelloLa trasmissione radio Caterpillar ha approfittato di questo contesto per chiedere agli ascoltatori di trovare un nome più accattivante per il preservativo.

Ci sono state proposte molto divertenti e ha vinto un bell’esempio di creatività linguistica, bungarello.

Uno dei conduttori l’ha descritto come “un termine un po’ vezzeggiativo”, cogliendo un aspetto interessante della formazione delle parole.

Bungarello è un esempio di neologismo creato attraverso il meccanismo di derivazione più comune in italiano, l’aggiunta di suffissi, che qui genera un derivato nominale denominale (sia il suffissato che la base lessicale sono nomi).

Si potrebbe classificare anche come falso alterato: in questo caso  –ello non è un vero e proprio suffisso alterativo diminutivo o vezzeggiativo perché, anche se c’è un legame semantico, bungarello ha un significato indipendente da quello della base lessicale, bunga [bunga]*.

Mi sembra che entrino comunque in gioco anche due possibilità di connotazione tipiche dei diminutivi e descritte da Adamo e Della Valle come motivazioni legate al contesto d’uso: il diminutivo sociale, che ha una funzione di attenuazione, e il diminutivo ironico.

A conferma che si tratta di una creazione lessicale efficace, c’è stato chi l’ha riutilizzata subito per proporre una parola macedonia, bungalattico (il profilattico extralarge!). Sarà quindi interessante vedere se bungarello rimarrà un occasionalismo limitato alla trasmissione Caterpillar o se si trasformerà davvero in un neologismo.

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* L’espressione bunga bunga si è imposta nel lessico comune recentemente, solo verso 
   la fine del 2010, e quindi sono rimasta colpita ascoltando l’intervista con l’autore di
   bungarello, Massimo Sepe, perché ha dichiarato di essere “rimasto sull’antico” e di
   avere scelto una parola che potesse essere adatta a una pubblicità “un po’ vintage”.
   Sembra una conferma che bunga bunga ormai sia già un’icona culturale, ossia un
   esempio di “figure, luoghi, oggetti che hanno acquisito una presenza particolare e
   durevole nell’immaginario collettivo, parte di un patrimonio simbolico da cui attingono il
   linguaggio giornalistico e la pubblicità, la comunicazione colta e il parlare comune”.


Vedi anche: Tendenze nella formazione dei neologismi.

2 commenti su “Bungarello: occasionalismo o neologismo?”

  1. Licia:

    @matteo, davvero efficace! E con tutta l’attenzione che sta ricevendo Salvalavita Pischelli, penso che bungarello sia destinato a cadere nel dimenticatoio.

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