Virgolettati che impongono “italiani”

In Virgolettati fantasiosi (e “fumosi”) ho descritto l’abitudine dei media italiani di non riportare fedelmente le parole altrui, come ci si aspetterebbe quando sono racchiuse tra virgolette, ma di darne interpretazioni arbitrarie.

Non sempre è facile verificare se la citazione è corretta, ma in questo esempio di un tweet del TG1 RAI con video associato è palese che il virgolettato non corrisponde a quanto effettivamente pronunciato:

Jannik Sinner ha risposto alla domanda “Stavi perdendo, poi che è successo?” con “…ho pensato a tutte le persone che stavano comunque guardando questa partita”. Si può subito notare che il passato prossimo (ho pensato), indicativo di un singolo momento, è stato sostituito con l’imperfetto (pensavo) che comunica invece il perdurare dell’azione, come se fosse stato un pensiero continuo.

La differenza più evidente è però lessicale: c’è da chiedersi perché chi ha ideato il virgolettato abbia ritenuto opportuno modificare persone con italiani, sostituendo una parola inclusiva con una invece restrittiva e potenzialmente connotata.

Non sapremo mai se è una reinterpretazione dettata da linee editoriali, se è un’iniziativa personale e con quale motivazione, se è uno stratagemma acchiappaclic oppure mera superficialità o altro ancora – a ciascuno la propria conclusione – di certo però chi produce i virgolettati fantasiosi pare non considerare che attendibilità e autorevolezza ne risentono.


Anche la parola azzurro è usata impropriamente: agli Australian Open gli atleti partecipano individualmente e non come rappresentanti della propria squadra nazionale. Il terrore delle ripetizioni colpisce ancora!