Software e antropomorfismo

Anthropomorphism nell’accezione del Microsoft Manual of Style è “l’attribuzione di caratteristiche o comportamenti umani a cose che non sono umane”, da evitare perché si tratta di un uso metaforico della lingua non sempre interpretabile correttamente in culture diverse dall’inglese.

wizardViene suggerito di fare attenzione non solo alla terminologia ma anche alle parole del lessico generico, come ad es. behave, want, refuse, think, decide, realize (ad es. the engine will behave as requested), specialmente se in associazione a nomi di funzionalità che sono già antropomorfiche, come wizard, assistant, guide.

In italiano, rispetto alle altre lingue neolatine, c’è una maggiore tendenza a non recepire le metafore riconducibili a esseri viventi e alle loro caratteristiche o azioni. In questi casi vengono spesso preferiti dei prestiti, come è successo ad esempio per “animali” quali mouse, spider, watchdog o azioni quali piggy back e over the shoulder, ma anche per la risemantizzazione di “persone” come server (servitore, cameriere ma anche chi serve la messa).

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Vedi anche: Metafore e terminologia informatica 2 (link aggiunto).
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8 commenti su “Software e antropomorfismo”

  1. Rose:

    Io pensavo che avessimo preso il ‘pacchetto’ pc + termini inglesi tutto assieme, non per la “tendenza a non recepire le metafore riconducibili a esseri viventi”. Insomma, la solita esterofilia, non un limite dell’italiano.

  2. Licia:

    @Rose: la maggioranza della terminologia nelle versioni italiane del software è italiana. Ci sono parecchie eccezioni molto visibili (si potrebbe fare un elenco molto lungo) ma, in generale, non c’è un orientamento indiscriminato verso l’anglicismo. A meno che un concetto non sia già diffuso sul mercato e noto con il suo nome inglese, si cerca un equivalente italiano. Sapere che ci sono delle tendenze, come nel caso dell’antropomorfismo, aiuta a prendere decisioni quando un concetto è relativamente nuovo, viene chiamato in modi diversi e non è ancora chiaro quale termine prevarrà (come accennavo in Se non c’è la sfera di cristallo…, a volte bisogna azzardare previsioni, sperando di azzeccarle senza dover fare in seguito cambiamenti costosi).

    Vedi anche: Il bel paese dove il weekend suona.

  3. Rose:

    Link molto interessanti. Mi sono letta tutta la diatriba su Treccani.it, ma sai che non ho capito il senso del titolo? Mado’ se sono “gnucca”! Forse ho letto troppo in fretta.

    Certo, se il mouse l’avessero chiamato topo, sarebbe stato orribile, almeno per me. In qualche modo, la parola inglese, anche se la conosci e ne capisci il significato, è più accettabile.

  4. Licia:

    il titolo dell’articolo del Portale Treccani gioca con una citazione dantesca (Inferno, XXXIII, 79-80), Ahi Pisa, vituperio de le genti/del bel paese là dove ‘l sì suona.

  5. maxxfi:

    Rose: riguardo a mouse, da una rapida scorsa sulla pagina wikipedia a come si traduce nelle varie lingue, pare che l’italiano sia una delle poche lingue (forse l’unica) che non ha tradotto il termine e si appoggia invece al termine inglese. Come mai? Siamo troppo sensibili? 🙂

  6. Licia:

    c’è l’elenco anche in uno dei primi post di questo blog, Dove il mouse è quasi sempre un topo: anche in America Latina alcune centinaia di milioni di persone dicono mouse, non siamo solo noi italiani.

    Come dicevo in L’inventore del mouse: non avrebbe dovuto chiamarsi così, il nome inglese è abbastanza casuale, quindi a distanza di più di quarant’anni la discussione mouse / topo in italiano mi sembra un po’ superata. Forse bisognerebbe cominciare a pensare alla parola mouse come una sequenza di lettere (un’etichetta) e non come al nome che in un’altra lingua identifica anche un animale…

  7. Rose:

    Grazie, maxxfi. 😀
    In realtà, penso che l’uso continuo di un termine gli faccia perdere ogni connotatazione che possa avere al di fuori del contesto. In qualsiasi lingua. Trovo un po’ macchinoso spacciare i backronym di cui parla il secondo link. Meglio il topo, a questo punto. 😉

    E poi mi piace pensare che molti termini divertenti siano una manifestazione dell’auspicata “fantasia al potere” di noi ex (e a questo punto, datati) sessantottini.

    Tornando al bel paese, il rimando letterario sarebbe stato più calzante, se avessero messo OK, al posto di weekend. O no?

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