“Ora ti kisso” (ma era più di un secolo fa!)

Il verbo kissare in una lettera del 1917 di Velia Titta Matteotti al marito Giacomo:

tweet di Chiara Alessi con immagine: Nel 1917 Velia Matteotti chiudeva una lettera al marito Giacomo scrivendogli “ora ti kisso”. Questa la appoggio qui per chi pensa che gli archivi siano una roba noiosa e impolverata (ma anche per chi abbia bisogno di perdonare, a sé o a altri, l’invio di un messaggino di troppo)
Da Lettere a Giacomo via Chiara Alessi

In un’altra lettera a Matteotti appare un altro verbo ibrido, forghettare: “mi ha detto anche un cumulo di cose, ma io ho forghettato tutto”.

Immagino che queste alternative “itanglesi” a baciare e dimenticare siano esempi specifici dell’idioletto della coppia, quindi un uso estremamente ristretto. Sono però significativi perché mostrano che anche più di un secolo fa si usavano meccanismi linguistici comunemente associati al lessico contemporaneo – come i verbi recenti performare, brieffare, forwardare, linkare e flexare – e che per molti sono la riprovevole dimostrazione della corruzione senza precedenti che starebbe subendo l’italiano del XXI secolo per colpa dell’inglese.

Sono sicura che anche nel 1917 l’uso pubblico di parole come kisso e forghettato sarebbe stato biasimato. Criticare la lingua che cambia, infatti, non è un fenomeno nuovo ma che avviene da sempre, come ha descritto argutamente Giuseppe Antonelli in Comunque anche Leopardi diceva le parolacce con molti esempi di allarmismi ingiustificati del passato – ma non di Giacomo Leopardi, che invece era consapevole che nessuna lingua può essere imbalsamata.

Copertina del libro di Antonelli con immagine di Giacomo Leopardi a cui è stato aggiunto un fumetto con una citazione dallo Zibaldone del 5 maggio 1822: “Quelli pertanto che essendo gelosissimi della purità e conservazione della lingua italiana, come dice il Bartoli (Torto ec. c. 11) si scontorcono ad ogni maniera di dire che non sia stampata sulla forma della grammatica universale, non sanno che cosa sia né la natura della lingua italiana che presumono di proteggere, né quella di tutte le lingue possibili.”

Probabilmente Leopardi si sarebbe trovato in accordo con i linguisti contemporanei che ritengono che i verbi ibridi informali ottenuti dall’unione del suffisso italiano –are a una base inglese – come kissare e come i molto più recenti lovvare, shippare, bingiare, cringiare, instagrammare – sono un esempio di vitalità della lingua, che in questo modo mostra reattività e capacità di integrare elementi estranei nel proprio sistema. L’ho ricordato recentemente anche in Neoformazioni ibride, dove trovate dettagli e altri esempi.


Grazie a @organtin per lo spunto

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