Seppiette, calamari, granchi(etti)… ai piedi

Non ho mai posseduto un paio di calzature di plastica da mare come quelle nell’immagine e non avrei saputo come chiamarle:

tweet di @insopportabile: “Trovo ingiusto che siano di gran moda le Birkenstock e siano invece ormai dimenticate e altrettanto eleganti le immortali seppiette” con immagine di calzatura per scogli di plastica trasparente

Dai commenti ho scoperto che sono conosciute non solo come seppiette ma anche con molti altri nomi: granchietti, granchiolini, meduse, medusine, ragnetti, ragnette, calamari, calamaretti, scorfani, totani, scoglìne, scoglierine, plastichini, plastichine, ghiaccioli, ghiacciolini, cacine (?), scheletrini...

A quanto pare non sono affatto dimenticate ma sono invece molto in voga nell’estate 2023 (ma solo nella versione deluxe!) e da chi disquisisce di moda sono descritte come sandali granchio o a gabbia e, per non farsi mancare gli anglicismi, sandali fisherman, sandali possession (con iniziale minuscola un esempio di volgarizzazione del marchio) o cage shoes.

Foto con modelli di lusso e didascalia da “Sandali granchio: 13 modelli (non solo jelly) che porterai per l’estate. Li chiamano anche sandali a gabbia, méduse, possession o fisherman e sono, senza dubbio, le scarpe più googlate e ricercate” – Vanity Fair

Tra tutti i nomi non modaioli mi colpisce che ci siano varie alternative con nomi di animali marini, presumo in associazione a quelli che si possono vedere vicino agli scogli su cui si può camminare con questi sandaletti. Solo alcuni però fanno pensare anche al loro aspetto (le strisce come zampe, la trasparenza gelatinosa come le meduse*, e forse anche la bruttezza come gli scorfani).

Non sorprendono invece i nomi che rimandano alla funzione delle calzature (scogline, scoglierine) e altri al materiale (plastichini, plastichine), due meccanismi comuni nella formazione di nomi di oggetti. 

Non ho indicazioni precise ma suppongo che parecchi nomi siano usati solo in alcune zone (ad es. a quanto pare ragnette è un nome usato in Lombardia) e quindi siano esempi di variazione diatopica, il modo in cui una lingua cambia nello spazio geografico. Si tratterebbe quindi di geosinonimi: parole diverse che in luoghi diversi descrivono gli stessi concetti, un fenomeno ricorrente per oggetti e strumenti di uso comune che ho descritto in Regionalismi e gestione della terminologia.

Notevole in ogni caso la varietà di nomi per queste calzature, che per quantità mi ricorda gli esempi raccolti per la piastra eutettica in Alternative al siberino.


* meduse può essere spiegato anche come volgarizzazione del marchio Méduse, azienda francese che nel 1946 ha commercializzato i primi sandali di plastica di questo tipo.

5 commenti su “Seppiette, calamari, granchi(etti)… ai piedi”

  1. Luca:

    Dal Friuli. Per me erano e sono semplicemente “sandali di plastica”.
    Però aggiungo che “siberini” non l’ho mai sentito in 40 anni di vita, e che ho sentito usare solo il friulano “glaciarots” che quindi, per mancanza d’altro in italiano, in zona diventa “ghiacciarotti” o “glaciarotti”. Si sa che è una storpiatura, ma non c’è altro, salvo usare una descrizione più lunga.

  2. Mauro:

    Io da bambino li usavo (come credo tutti quelli della mia generazione) ma non ho mai sentito altri nomi che “sandali” o “sandaletti”.
    Tutti gli altri nomi che citi li sento qui per la prima volta.

  3. alessandro:

    Anch’io sento qui per la prima volta i nomi che citi.
    Per me sono sempre state «le scoglio» o «sandali scoglio».
    Abito a Milano e anche nei banchetti del mercato o da Upim (che per un periodo era l’unico posto in cui le trovavo) dovevo chiedere delle scoglio o dei sandali scoglio.

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