Interferenze dell’inglese: il problema di “con”

L’interferenza è qualsiasi mutamento fonetico, morfologico, sintattico o lessicale in una lingua causato dal contatto con un’altra. L’italiano contemporaneo la subisce soprattutto dall’inglese: prestiti, calchi e falsi amici sono fenomeni lessicali noti anche ai non esperti.

Un caso particolare riguarda la preposizione con, a cui sempre più spesso viene attribuita la funzione di altre preposizioni o di locuzioni che introducono un complemento di limitazione (indica il limite o l’ambito entro cui vale ciò che si dice), come in quanto a, relativamente a, in fatto di, riguardo a, per ciò che riguarda. Gli esempi più tipici sono problema con xyz, cosa succede con xyz e cosa fare con xyz.

Sempre più problemi *con

grafico delle occorrenze di un problema con in Google Ngram Viewer

Questo grafico ottenuto con Google Ngram Viewer mostra che alla fine del secolo scorso c’è stato un forte aumento delle occorrenze di un problema con. La maggior parte degli esempi sono riconducibili a traduzioni dall’inglese (a problem with), probabilmente influenzati anche dalla diffusione del calco nel doppiaggese, già responsabile di non c’è problema (da no problem) e dov’è il problema? (where / what’s the problem? cfr. anche what’s the problem with you?).

In alcuni siti di notizie si trovano centinaia di esempi, anche in articoli su argomenti italiani, quindi non influenzati da un testo in inglese: il problema con le fondazioni bancarie, il problema con i giovani e il lavoro, il problema con Equitalia ecc. In tutti questi casi ci si aspetterebbe la preposizione di.

Nelle traduzioni andrebbe inoltre considerato che nell’inglese contemporaneo la locuzione have a problem with ha acquisito una nuova accezione: significa disapprovare, non tollerare, non sopportare. Esempio: il titolo Il problema del presidente ceceno con le donne che usano Whatsapp, che ha come fonti alcuni articoli in inglese, andrebbe interpretato come “è contrario all’uso di Whatsapp”.

Cosa succede *con

Cosa succede con è un altro calco, in questo caso di what’s going on with. Esempi da titoli di articoli su argomenti italiani: cosa succede con le scuole religiose, cosa succede con il Colosseo, cosa succede con Inzaghi e con la cessione, cosa succede con la TASI, cosa succede con il reato di clandestinità ecc. In questi casi ci si aspetterebbe la preposizione a o una costruzione diversa.

Cosa fare *con

Cosa fare con risente dell’influenza di costruzioni inglesi come what should we do with. Esempi da titoli di articoli: che cosa fare con le auto sulla pista ciclabile, cosa fare con i gatti randagi o cosa fare con Donald Trump, che non danno suggerimenti su come usare le auto o i gatti (complemento di mezzo o strumento) o su come trascorrere del tempo assieme a Trump (complemento di compagnia), ma andrebbero invece interpretati, nelle intenzioni di chi scrive, “cosa fare riguardo a”, “come risolvere il problema di”. Anche in questo caso sarebbe più appropriata la preposizione di o una costruzione alternativa.
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Fra qualche anno vedremo se questo nuovo uso di con sarà entrato definitivamente nella lingua italiana o se rimarrà un calco limitato a chi subisce l’influenza dell’inglese e del doppiaggese (molto evidente nei social network, ad es. nei tweet). Intanto, avete notato altri esempi di costruzioni in cui viene fatto un uso inaspettato della preposizione con, riconducibili all’inglese?


Nuovi esempi:

Come funziona *con, un calco sintattico agrammaticale della frase interrogativa inglese how does it work with. Esempi: come funziona con i negozi aperti la domenica; come funziona con la dichiarazione dei redditi.

Le novità *con, locuzione modellata su what’s new with. Anche in questo caso alla preposizione con è assegnato il significato arbitrario di “per ciò che riguarda”, “a proposito di”. Esempi: le novità con il digitale terrestre; novità con le maglie delle principali squadre di calcio (ci si aspetterebbe la preposizione su).


Altri esempi di calchi sintattici in Ebola: interferenze dell’inglese e Navigare non è un verbo transitivo! Una panoramica dei diversi tipi di interferenze lessicali in La narrativa di Obama non è in libreria: interferenze dell’inglese nella comunicazione.

Il calco sintattico problema *con era già stato segnalato in un commento.

Si discuterà di anglicismi venerdì 2 ottobre al Festival di Internazionale.

5 commenti su “Interferenze dell’inglese: il problema di “con””

  1. Silvia Pareschi:

    Un altro esempio con “con”: “un’intervista con” anziché “un’intervista a”, ricalcato dall’inglese “an interview with”. C’è persino il titolo di un libro/film, “Intervista col vampiro”.

  2. Giovanna:

    A volte si trova la locuzione “contento con” (pleased with), usata soprattutto nell’ambiente dello sport: <> L’avevo notato soprattutto come interferenza del tedesco “zufrieden mit” tra le persone di madrelingua tedesca che parlano in italiano. Forse si tratta generalmente di un calco usato da parlanti non madrelingua.

  3. Francesco:

    In un altro mio commento avevo segnalato gli effetti misofonici che l’uso della costruzione “grazie per non + verbo all’infinito” produce su di me (es., grazie per non fumare). Qui, tanto per alimentare questa discussione sulla deriva della lingua italiana anche a livello sintattico, aggiungo un’altra forma ricalcata dall’inglese che consiste nell’uso dei nomi di società commerciali senza l’articolo determinativo. Esempi: “lavorare in Microsoft”, “Benetton lancia una campagna”, “rivoluzione economica di Marchionne in Fiat” ecc. Ai miei tempi si lavorava “alla” Microsoft, “la” Benetton vendeva maglioni e “la” Fiat fabbricava auto!

  4. Licia:

    @Silvia, anche secondo me intervista con è un calco dell’inglese. Ho comunque recuperato anche una consulenza di italiano che avevo letto qualche tempo fa, L’intervista: ‘a’ o ‘con’ qualcuno?, che ricordo perché non mi aveva convinta del tutto: “[…] ‘intervista a’ si adatta di più a un’intervista di tipo tradizionale, con brevi domande e risposte più o meno lunghe; ‘intervista con’ invece descrive meglio una conversazione fra l’intervistatore e l’intervistato.

    @Giovanna, potrebbe esserci anche un’interferenza dello spagnolo, estar contento con.

    @Francesco, grazie per riferito a un’azione futura è un altro ottimo esempio. Ma cosa intendi con “misofonico”? Per quel che riguarda invece l’articolo con i nomi di aziende o società, non so se sia davvero un’interferenza dell’inglese. Forse potrebbe essere un ipercorrettismo di chi vive al settentrione, dove si trova la maggior parte della grandi aziende: a scuola si impara che l’articolo davanti al nome proprio di persona (la Laura, il Marco) è uso regionale e familiare e va evitato, e probabilmente la regola viene estesa anche al nome proprio di azienda. L’esempio di Microsoft mi ha fatto ricordare un esempio di quando ci lavoravo e nella guida di stile avevamo specificato, su precisa richiesta della filiale italiana, che non venisse usato l’articolo: era una delle regole che aveva trovato più resistenze! Dopo anni, a me viene spontaneo dire lavoravo in Microsoft (anziché alla, ma sono due preposizioni diverse), un uso congruente con lavorare in casa / ospedale / officina / comune / fabbrica ecc., tutti esempi senza articolo.

    Intanto ho aggiornato il post con un altro esempio, cosa fare con.

  5. Massimo S.:

    Penso che il “professor” Zanichelli non abbia poi tutti i torti…
    Quando diciamo e scriviamo ‘intervista con’ è come se mentalmente sostituissimo intervista con ‘colloquio’, ‘chiacchierata’, ‘dialogo’ e simili… spesso indipendentemente dalla forma, tradizionale o più dialogante, che assume l’intervista medesima.

    Se poi riflettiamo che intervista è un calco di “interview” che deriva a sua volta dal francese “s’entrevoir”, cioè “vedersi reciprocamente”, il gioco è fatto…
    Intervista con Gheddafi, con Bettino Craxi, con Renzi = vedersi o incontrarsi volta a volta faccia a faccia, cioè guardandosi negli occhi, del giornalista “con” questi personaggi per dialogare, discutere di certi argomenti, sempre “con” tali personaggi.
    Se anche c’è stato un influsso dell’inglese, tale influsso non è stato avvertito come estraneo…
    E mi pare pure che la scelta dell’uno o dell’altro modo di dire sia anche legata alla minore o maggiore enfasi che si vuol dare all’evento intervista e alla minore o maggiore partecipazione emotiva di chi parla o scrive dell’intervista medesima.
    Intervista a… sottintende, poi, secondo me, verbi come fare , richiedere, concedere, e simili; quindi ‘intervista (fatta, da fare , rilasciata, da rilasciare, concessa, da concedere) a’ .

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