“qui per rimanere” ormai è “qui per restare”

Sono convinta che ciascuno di noi abbia delle preferenze e delle idiosincrasie per alcune parole e locuzioni, ad es. a me danno fastidio i calchi dall’inglese che prendono il posto di espressioni italiane, come quando si dice che tra due persone “c’è chimica ( chemistry) anziché alchimia. Un altro calco a cui non riesco ad abituarmi è modellato sulla locuzione be here to stay. Alcuni esempi:

Titoli: 1 Internet è qui per restare; 2 I Pokémon sono qui per rimanere! 3 La sharing economy è qui per restare; 4 L’arte digitale è qui per rimanere; 5 La criminalità informatica esiste ed è qui per restare

In inglese la locuzione be here to stay è così comune da essere voce lemmatizzata nei dizionari (esempi qui e qui). Descrive qualsiasi novità o fenomeno non passeggero ma destinato ad affermarsi, durare nel tempo e far parte dell’esperienza comune, o anche che è ormai una realtà, ad es. Cryptocurrencies are here to stay  •  “Made in China” is here to stay  •  Palm oil disastrous for wildlife but here to stay, experts warn.

In italiano, presumo anche grazie al doppiaggese, sono ormai molto diffusi sia essere qui per rimanere che qui per restare (la presenza contemporanea di entrambe le forme è la controprova che si tratta di traduzioni letterali e non di un’espressione nata spontaneamente).

Qualche altro esempio recente: questo è un progetto che è qui per restare  •  i libri hanno una propria persistenza nel tempo, sono qui per rimanere  •  la neutralità della rete è qui per restare  •  Il trend di crescita è qui per rimanere  •  Spotify è qui per restare.

Non mi sembrano formule particolarmente efficaci, ma forse sono prevenuta perché conosco bene le differenze tra italiano e inglese (cfr. alternative nei commenti). Ammetto anche di avere avuto un piccolo sussulto mentre ascoltavo un dibattito su inglese e italiano e uno degli ospiti, interpellato sul futuro linguistico dell’Italia e dell’Europa, ha iniziato la sua risposta con sicuramente l’inglese è qui per restare per qualche centinaio di anni.

Cosa ne pensate, devo rassegnarmi? Ci sono calchi che vi infastidiscono?

Vedi anche: Idiosincrasie per le parole


Nuovi post:
Interferenze dell’inglese: il problema di “con”
Dove’è out there? Non sempre è là fuori
Sentitevi liberi di leggere questo post! O no? (con fuori ora)


13 commenti su ““qui per rimanere” ormai è “qui per restare””

  1. Francesco:

    Avrei un lungo elenco di calchi che mi danno fastidio e provocano in me sintomi di misofonia moderata e/o violenta! Citerò qui solo due casi:
    – grazie per non
    Forse se ne era già parlato qui, ma nel calco italiano già brutto dell’inglese “thank you for not -ing” viene fra l’altro aggiunto il concetto di azione futura (grazie per non fumare = vi preghiamo di non fumare, non fumate), mentre in inglese (correggetemi se sbaglio) il riferimento riguarda un’azione presente o passata (thank you for not smoking = vi ringrazio perché non state fumando/non avete fumato)
    – è disgustoso
    Tra il calco e il doppiaggese, spesso nei film sento questa traduzione letterale dell’inglese “That’s disgusting!”, quando in italiano sarebbe naturale dire “Che schifo!”.
    Scusate, mi ritornano quei sintomi….

  2. Massimo:

    Ciao.
    A me, da buon elettrotecnico, dà parecchio fastidio “voltaggio” (da “voltage”) al posto del più corretto tensione!

    Un saluto da uno che legge sempre e commenta pochissimo

  3. Licia:

    @Francesco, grazie per non, sempre più diffuso in italiano per un’azione futura, è anche un calco “culturale”, infatti in inglese (e tedesco) si usano forme di cortesia anche sui cartelli o per i divieti, in italiano invece no: qualche dettaglio in Lingue, funzione fatica e cortesia.

    Su disgusting, è interessante notare che ha tre sillabe come che schifo, mentre è disgustoso ne ha cinque, quindi forse verrebbe anche meglio il labiale?

    @Mauro, prima ancora che alla traduzione penserei a cosa si direbbe in contesti simili in italiano senza essere influenzati dall’inglese, ad es. userei è destinato nel senso di “avviato a un dato esito” (destinato ad affermarsi, a imporsi, a diventare lo standard…), oppure espressioni come durerà a lungo, non ce ne libereremo facilmente, dovremo abituarci a, è già entrato nelle nostre vite, sarà presto la norma, e se proprio vogliamo riproporre l’uso figurato inglese anche ormai è qui e non se ne va più, ora è qui e qui rimane o al limite è venuto per restare qui o è venuto qui per restarci.

    @Massimo, c’è almeno un altro lettore del blog che potrebbe dire “mi hai tolto le parole di bocca” ;-).

  4. Massimo S.:

    Esempi di ‘traduttese’ alla rovescia (traduzioni accettabili deformate per ricalcare alla lettera locuzioni inglesi) tratti da ‘La vita agra’(1962) di Luciano Bianciardi.
    (Il protagonista del libro, intellettuale di provincia e alter ego dell’autore, giunge a Milano dove a un certo punto, per sbarcare il lunario, si dedica alle traduzioni dall’inglese. La prima esperienza, peraltro , è ‘disastrosa’ e così viene rimproverato dalla materna ma saccente redattrice di una casa editrice (forse vedova, incapace lei, in realtà, di buone traduzioni…) che gli aveva affidato una traduzione di prova …

    Mi raccomandò di consultare spesso il dizionario, di badare ai frequenti tranelli linguistici perché in inglese eventually per esempio significa finalmente, di aver sempre sott’occhio un buon vocabolario italiano, Palazzi, Panzini eccetera (…)
    Il sabato le venti cartelline del saggio erano pronte, così le portai alla signora vedova. Fu egualmente ferma e materna, quando mi convocò per dirmi che il mio saggio di traduzione non era stato troppo soddisfacente. « Benedetto figliolo » mi disse. « Ma perché non ha seguito i miei consigli? Le avevo detto, no?, fedeltà al testo. E guardi qua. Dove siamo, dunque? » Sfogliava le mie cartelle tutte corrette a lapis. «Sì, quel punto dove il capitano invita i suoi uomini all’assalto della trincea nemica. Le sue parole… Sì, ecco. Lei mi traduce: Sotto ragazzi, eccetera. Ora guardi il testo inglese. (…) Il testo dice: Come on boys. Capisce? Lei mi ha invertito il significato. Come on boys vuol dire venite su ragazzi, e così bisogna tradurre. Lei mi mette l’opposto, cioè non su, ma sotto. E ancora, più avanti, dove descrive l’alzabandiera a bordo. Lei ha tradotto, mi pare, i marinai si scoprirono, sì, si scoprirono, ha tradotto lei, mentre il testo inglese diceva: The crew raised their hats. Vede l’inglese come è preciso? La ciurma alzò i loro cappelli. Alzò, capisce, come a salutare la bandiera sul pennone.» E con la mano fece anche lei il gesto di chi alza un cappello. Mi provai a dire qualcosa, ma lei m’interruppe «Lo so, il risultato è lo stesso, quando uno alza il suo cappello si scopre, ma allora bisognerebbe precisare che scoperto rimane il suo capo. Dire, non so, che i marinai scoprirono i loro capi, oppure le loro teste, ma così risulterebbe un po’… come dire?… un po’ faticoso. » Sorrise. « Io lo dico sempre ai traduttori: non cercate di inventare. Siate sempre dietro al testo, che oltretutto è più facile. La ciurma alzò i loro cappelli, dunque. Lei, poi, vede, tende a saltare, a omettere parolette, che invece vanno lasciate, perché hanno la loro importanza. Più avanti, per esempio, lei mi traduce: Gli strinse la mano. Ebbene, l’inglese è più preciso, e dice infatti : He shook his hand, cioè egli strinse, ma più precisamente scosse, la sua mano, o se vuole, meglio ancora, egli scosse la mano di lui.» Continuava a sfogliare le mie cartelle. «Le faccio solo degli esempi di correzione, vede? Ci sarebbe ben altro da aggiungere » (…)«Be’, ha visto, no? Vuole un consiglio? Si faccia prima le ossa con qualche editore minore, poi ritorni fra qualche mese, un anno. E si ricordi i miei consigli. » Quella notte non chiusi occhio e forse anche piansi. (…)

  5. Smila Blomma:

    a me pare che “destinato ad affermarsi” sia solo una versione un po’ più aulica di “è qui per restare”. alla fine il senso è quello, no? non mi pare tanto sbagliato, solo un po’ più approssimativo.

  6. Licia:

    @Massimo, grazie per il contributo. In un vecchio post, Come on, boys!, c’è la versione cinematografica: una scena cult per i traduttori. 🙂

    @Smila Blomma peccato che in italiano non esista un’espressione equivalente a pet hate perché descriverebbe bene l’effetto che mi fa è qui per restare. Io però ci vedo il calco, mentre chi l’ha sempre sentito dire probabilmente non ci trova nulla di strano. 😉

  7. Daniele A. Gewurz:

    @Smila Blomma: Non è che “destinato ad affermarsi” è aulico, mentre “qui per restare” è meno aulico. È che il primo è normale italiano, mentre il secondo è una roba creata da qualcuno traducendo parola per parola anziché trovare un’espressione italiana corrispondente. È come se per chiederti quanti anni hai ti chiedessi “come vecchio sei tu?”

    Poi, se a te suona bene dire e sentire “è qui per restare”, non te lo impedirà nessuno.

  8. Massimo S.:

    @Licia
    @SmilaBlomma
    @Daniele A. Gewurz

    Chiedo scusa per l’involontaria ‘duplicazione’ riguardante la citazione di Bianciardi, autore già citato sul blog sia nella versione cinematografica di Lizzani, e sia nella parte di testo, pure riportato nel blog, relativa alla ‘correzione’ della traduzione dello sbarco di Patton, testo omesso nella mia citazione.

    Con riguardo al fastidioso calco italiano della tipica espressione inglese che qui si discute e che in italiano può efficacemente rendersi altrimenti, dico che in alcuni contesti particolarmente enfatici il calco potrebbe, nonostante tutto, risultare accettabile o addirittura più efficace e non apparire artificioso, neppure a orecchie allenate e sensibili….

    Ad esempio, in un tipico film western d’altri tempi che raccontasse, in inglese, di un villaggio di pionieri americani dell’Ottocento, stabilitisi in un territorio dell’Ovest fino ad allora occupato dai nativi (cd. indiani), e perciò stretto d’assedio dagli indiani stessi, ben potrebbe il capo della comunità di pionieri rivolgersi alla popolazione, prima dell’assalto finale, con parole d’incoraggiamento contenenti l’espressione di cui si discute ‘here to stay’ riferita alla comunità di pionieri, e che pure potrebbe essere tradotta oltre che : la nostra comunità sopravviverà! durerà (a lungo)! è destinata ad affermarsi! anche nel modo seguente: la nostra comunità è (venuta) qui per restarci! Magari ipotizzandosi che il discorso continui enfaticamente : Non ci faremo ricacciare da dove siamo venuti! Resistiamo, dunque, e combattiamo, per le nostre famiglie, per il nostro avvenire, per questa terra che così duramente abbiamo lavorato ed è divenuta nostra!

    Chi ha padronanza dell’inglese avvertirebbe subito il calco e potrebbe dissentire … Chi conosce solo l’italiano, ben potrebbe considerare l’espressione incriminata accettabile e coerente col senso del contesto particolare in cui viene usata, pur magari condannando l’enfasi retorica del discorso che trascura del tutto i diritti dei nativi.

  9. Licia:

    @Massimo, mi sembra però che stiamo discutendo due usi diversi di here to stay, io una locuzione (uso figurato, soggetto solo terza persona, singolare o plurale) e tu una descrizione (uso letterale del verbo stay). Credo la differenza si noti anche da un dettaglio: se il capo dei pionieri parlasse italiano, direbbe “siamo qui per rimanerCI” perché qui indica un luogo preciso e concreto.

  10. fafner:

    Aggiungo “dannato” o “fottuto” in posizione attributiva. Si dice anche in italiano, ma non tanto spesso quanto nelle traduzioni. Nell’ultima Fallaci dannato è sentito chiaramente come calco.

I commenti sono chiusi.