Apple, Samsung e il brevetto “pinch to zoom”

Ne stanno parlando tutti i media: Samsung dovrà pagare più di un miliardo di dollari ad Apple per aver violato alcuni brevetti dell’azienda americana. Per me la notizia è interessante anche perché evidenzia un problema di gestione della terminologia.

Uno dei brevetti di Apple riguarda infatti una delle funzionalità introdotte alcuni anni fa per i dispositivi multi touch, in inglese pinch to zoom o pinch and zoom. Descrive il movimento che si fa avvicinando o allontanando pollice e indice per ridurre o ingrandire le dimensioni di visualizzazione di un’immagine o di altri oggetti.

esempi della funzionalità

Ne avevo già parlato nel 2009 in “pinch” non è solo pizzicare, evidenziando un problema terminologico nella versione italiana dei prodotti Apple che persiste tuttora.

Nella localizzazione italiana di iPhone e iPad si può infatti notare che al termine inglese pinch non è mai stato associato un termine italiano corrispondente e sono invece state usate descrizioni generiche, anche molto diverse tra loro, che impediscono di identificare il concetto in modo univoco. Paradossalmente, Apple ha creato (e brevettato!) una funzionalità innovativa ma non ha saputo darle un nome distintivo italiano che possa essere ricordato e condiviso facilmente da tutti gli utenti e che possa essere trovato rapidamente facendo ricerche mirate.

Una conseguenza di questa gestione inadeguata della terminologia oggi è visibile a tutti: nel riportare la notizia del brevetto violato da Samsung, i media italiani non dispongono di un termine per denominare un gesto del tutto familiare a chiunque usi un dispositivo Apple e sono dovuti ricorrere a traduzioni letterali come pizzico allo schermo per zoomare, a riferimenti generici come modalità di zoom (ma fa pensare alla fotocamera) o al termine inglese pinch (mai usato da Apple nella documentazione italiana).

Altri dettagli in “pinch” non è solo pizzicare e iPad, “flick” e terminologizzazione (e nei commenti qui sotto).

Vedi anche: Costi e benefici del lavoro terminologico e History – Cronologia per un esempio di standardizzazione terminologica efficace.

7 commenti su “Apple, Samsung e il brevetto “pinch to zoom””

  1. Rose:

    “Stringi” e “Allarga” basterebbero, no? Oppure “Avvicina” e “Allontana”.

  2. Licia:

    @Rose, in inglese entra in gioco uno dei miei meccanismi linguistici preferiti, la terminologizzazione (“processo per cui una parola o un’espressione di uso generale o comune  viene trasformata in un termine che designa un concetto particolare in un linguaggio speciale”). In questo caso, in inglese Apple ha usato la parola pinch (letteralmente “dare un pizzicotto”), prendendola dal lessico comune, e l’ha usata in modo metaforico per identificare in modo univoco un concetto del tutto nuovo e specifico di un ambito molto ristretto, quello delle funzionalità multi touch. È efficace perché in un contesto informatico non si rischia di confondere questo nuovo significato di pinch con “prendere una parte molle del corpo tra due dita, stringendola per procurare dolore” e quindi il nuovo concetto viene identificato in maniera molto precisa, senza ambiguità. Esempio:

    Tap, scroll, pinch, and swipe your way through your Mac with Multi-Touch gestures, directly controlling what’s on your screen in a more fluid, natural, and intuitive way.

    Se provi a dire la stessa cosa in italiano, vedrai che verbi come  stringere, allargare, avvicinare e allontanare non risultano altrettanto efficaci perché sono parole del lessico generico usate in modo generico anche in ambito informatico, con lo stesso significato, e quindi non sapresti che si parla di un gesto molto specifico. Va quindi  trovata una soluzione che identifichi il concetto in modo univoco, scegliendo una delle varie strategie offerte dalla propria lingua. Tra le più comuni:

    – riproporre la stessa metafora della lingua originale
    – creare un neologismo
    – usare un’espressione descrittiva
    – ricorrere al prestito (il termine originale)

    Non esiste una regola generale perché ogni termine è diverso e sono diverse le lingue e le strategie privilegiate. I concetti ad alta visibilità come pinch meritano un’attenzione particolare e secondo me il problema della localizzazione italiana di Apple è proprio che pinch non è stato riconosciuto come concetto e quindi non è stato “etichettato” adeguatamente.

    Per altri dettagli ti rimando al mio primo post sull’argomento,  “pinch” non è solo pizzicare.

  3. Rose:

    Non vorrei essere riduttiva, ma mi sembra che stiamo a colare i moscerini. Lo scopo è capire o usare un termine specifico da brevettare, come “pinch”?

    Lo so, è troppo riduttivo. Scusami, Licia. Sono una profana.

  4. Licia:

    @Rose, non ti devi affatto scusare. Sono domande che si sarebbe dovuto fare, ad esempio, chi ha tradotto la documentazione Apple.

    Il problema è che nel contesto multi touch pinch è un concetto fondamentale e come tale non può non avere un nome. Sarebbe come se il clic del mouse fosse chiamato ogni volta in un modo diverso, con delle descrizioni generiche.

  5. Rose:

    Allora, teniamoci pinch, come abbiamo fatto con clic (anche se con grafia leggermente diversa), mouse e molti altri termini.

    Quello che trovo assurdo è che si possa brevettare una parola… ma io sono un’anima semplice, in campo economico… e anche in altri, temo.

  6. Silvia Pareschi:

    Molto interessante. Ieri sera ho menzionato questo tuo post a un amico che fa il designer per Apple a Cupertino, e lui è rimasto stupito dalla differenza di significato tra l’inglese “pinch” e l’italiano “pizzicare” (così come anche della mancanza, in italiano, di una parola sola che renda l’inglese “to lock”). Sua moglie, invece, che è lettone, capiva perfettamente che in italiano (come anche nella sua lingua) “pizzicare” si riferisce esclusivamente al gesto di chiudere le dita, e non anche a quello di aprirle.
    Sono d’accordo con Rose, comunque: come abbiamo importato tante altre parole non necessarie, potremmo benissimo importare anche pinch, che almeno non ha un traducente italiano.

  7. Licia:

    @SIlvia, grazie. Ho avuto modo di lavorare con sviluppatori e technical writer americani e davvero a volte ci si stupisce della loro sorpresa nello scoprire che le altre lingue non sempre funzionano come l’inglese!

    Un articolo che secondo me potrebbe essere molto utile per chi sviluppa software e parla solo inglese ma vorrebbe capire meglio i potenziali problemi nel passaggio da una lingua all’altra è Indeterminacy of terms and icons in software localization di Klaus-Dirk Schmitz, pubblicato in Indeterminacy in terminology and LSP: studies in honour of Heribert Picht, John Benjamins, 2007. È un articolo facilmente comprensibile anche per chi non ha conoscenze linguistiche o terminologiche specifiche, grazie anche ai molti esempi, ma putroppo non è disponibile online.

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