Intercomprensione: la parola Internet

In linguistica si parla di mutua intelligibilità o intercomprensione / intercomprensibilità quando i parlanti di lingue diverse si capiscono anche se non hanno mai imparato gli uni la lingua degli altri, come può succedere tra norvegesi e svedesi.

Applicando lo stesso principio alle parole, ce ne sono parecchie che sono riconoscibili internazionalmente, in particolare marchionimi (ad es. Coca-Cola, Google) ma anche parole del lessico comune, come OK.

Internet

Ci pensavo guardando la voce Internet del Collins English Dictionary, che ha una nuova interfaccia che include anche il lemma corrispondente in più di venti lingue, ognuna con pronuncia.

Si ha la conferma che Internet è un esempio di parola trasparente a livello globale, anche in lingue con altri alfabeti o altri sistemi di scrittura (con l’eccezione di διαδίκτυο in greco, dove comunque è usato anche il prestito Internet, scritto in caratteri latini).

Se però si ascoltano i file audio della pronuncia nelle diverse lingue, si possono notare differenze anche marcate che riguardano fonemi, sillabe toniche e intonazione. Un esempio che conosciamo bene: in inglese si dice /ˈɪntəˌnɛt/, con un accento secondario su net che non appare nell’italiano / ˈinternet /.  .


Vedi anche: Parla come mangi 1, www e pronuncia di indirizzi web e Globalizzazione e pronuncia di nomi di prodotti.
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[nuova interfaccia del Collins English Dictionary via A Walk in the Words]

9 commenti su “Intercomprensione: la parola Internet”

  1. Stefano:

    Il bello è che anche nel solo italiano abbiamo due pronunce: la più diffusa è ìnternet, ma al sud si sente anche internèt – il solito, insondabile, meraviglioso meccanismo per cui a Napoli si dice “uoscintòn” e “kennedì”, ma “càvur” per Cavour

  2. Licia:

    Grazie Stefano, non sapevo di queste differenze, davvero un’ulteriore conferma che l’italiano è pieno di variazioni diatopiche, in questo caso invisibili in forma scritta ma che si manifestano nel parlato, anche di registro alto (ad es. conosco un dentista ligure che dice sùtura e insiste che è la pronuncia usata anche dai colleghi locali).

  3. Nautilus:

    La relazione tra le tre principali lingue scandinave è a mio avviso materia molto interessante. Una delle cose più curiose (che in varie occasioni ho avuto modo di verificare in loco) è il fatto che i Norvegesi capiscono il Danese scritto molto meglio dello Svedese scritto, ma per la lingua parlata è esattamente l’opposto, ovvero i Norvegesi comprendono più uno Svedese di un Danese. È evidente che la cosa ha ragioni storico-linguistiche non difficili da immaginare, tuttavia credo che la mancanza di simmetria in questa relazione di mutua intellegibilità sia estremamente affascinante.

  4. Licia:

    Grazie Nautilus, speravo che qualcuno aggiungesse qualche dettaglio sulle lingue scandinave perché sapevo che il danese era quella che dava più problemi ma non ricordavo bene come. Passando ad altre lingue, secondo me gli italiani capiscono lo spagnolo meglio di quanto gli spagnoli non capiscano l’italiano e mi dicevano che anche i portoghesi capiscono meglio lo spagnolo che non il contrario. E per me il catalano parlato è molto ostico mentre quello scritto è abbastanza facile da capire, tanto che non ho avuto troppi problemi a leggere un libro (credo sia una questione di vocali: nel parlato, le vocali non toniche a me suonano tutte come /ə/ mentre nello scritto corrispondono a quelle delle parole italiane o spagnole equivalenti – o francesi, per chi conosce la lingua!).

  5. Nautilus:

    Di ritorno dall’ultimo viaggio in Norvegia (Bergen e fiordi, Luglio 2011) avevo scritto un post che illustrava la semplicità di comprensione del Norvegese scritto. Riporto di seguito i termini che avevo utilizzato in quell’occasione.

    Ja/nei (sì/no)
    Tusend takk (grazie mille)
    God morgen/dag/natt (buongiorno/buonanotte)
    I dag (oggi)
    I morgen (domani)
    Inngang/utgang (entrata/uscita)
    Menn/kvinner (uomini/donne, sulle porte dei bagni)
    Åpen/stengt (aperto/chiuso)
    Sykehus (ospedale)
    Røyking forbudt (vietato fumare)
    Trekk/trykk (tirare/spingere)
    Stor/liten (piccolo/grande)
    Varm/kald (caldo/freddo)
    Ledig/opptatt (libero/occupato)
    Mandag/tirsdag/onsdag/torsdag/fredag/lørdag/søndag (giorni della settimana)
    Brød (pane)
    Egg (uovo)
    Is/iskrem (gelato)
    Kake (dolce/torta)
    Ost (formaggio)
    Salat (insalata)
    Smør (burro)
    Pølse (hot dog)
    Kylling (pollo)
    Reinsdyr (renna)
    Skinke (prosciutto)
    Stek (bistecca)
    Krabbe (granchio)
    Laks (salmone)
    Makrell (sgombro)
    Reker (gamberi)
    Sild (aringa)
    Torsk (merluzzo)
    Ål (anguilla)
    Kål (cavolo)
    Løk (cipolla)
    Poteter (patate)
    Sopp (funghi)
    Tomater (pomodori)
    Appelsin (succo d’arancia o arancia)
    Aprikos (albicocca)
    Eple (mela)
    Fruktsalat (macedonia)
    Sitron (limone)
    Melk (latte)
    Kaffe (caffè)
    Vann (acqua)
    Sjokolade (cioccolata)
    Hvit/rød vin (vino bianco/rosso)
    Øl (birra)

    Non che per muoversi in Norvegia serva una conoscenza della lingua locale (una delle due principali); il senso del post, tuttavia, era quello di mostrare come, girando per strade e negozi o mentre si è seduti in un ristorante/bar in attesa che arrivi il cameriere a prendere le ordinazioni, si può già comprendere a sufficienza per avere un’idea di quel che ci aspetta. Naturalmente ciò è vero per chi abbia una conoscenza almeno discreta della lingua inglese.
    La relazione Inglese-Norvegese (Licia, lo so, tu useresti le minuscole) è tra le più interessanti: chi studia lingue sa perfettamente che molti termini dell’Inglese moderno sono un’eredità che arriva dritta dritta dall’antico Norreno.

  6. Licia:

    @Nautilus, grazie, molto interessante. Non sono ancora stata in Norvegia ma aveva fatto un effetto simile lo svedese: conoscere inglese e tedesco aiutava molto a capire l’argomento.
    Tra le parole norvegesi dell’elenco, mi piace molto Sykehus per ospedale.

  7. Stefano:

    Sykehus è il corrispondente di Krankenhaus in tedesco? La casa del malato?

  8. Licia:

    @Stefano, ora arcaico, ma anche in inglese esisteva sick house con il significato di “ospedale” (sick aggettivo sostantivato). Ora invece fa pensare a tutt’altro, cfr. sick building syndrome.

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