L’insolito caso della borseggiatrice forbita

Da un noto quotidiano, alcuni stralci di un’intervista fatta nella metropolitana di Milano a una borseggiatrice bosniaca descritta come semianalfabeta:

Testo: Quando stacca dal «turno» dove va? «A casa, zona Niguarda, nell’appartamento comprato dai miei genitori. Lo condivido con amiche e parenti: le mie colleghe di scippi. Io però preferisco muovermi da sola o al massimo in coppia, tra Duomo e Centrale, per non dare nell’occhio. Guardi che affollamento, quante persone: ne studio i volti, le movenze, infine battezzo la vittima». Come colpisce in metropolitana? «Mi apposto nei pressi dei distributori automatici di biglietti, così posso vedere dove il passeggero ripone il portafoglio. Quando decido di entrare in azione, seguendo il soggetto a mio giudizio più vulnerabile, spesso donne, mi sfilo il giubbotto e me lo porto al braccio, nascondendo la mano con cui frugherò nella sua borsa.»

Altre parole attribuite alla donna: ladre itineranti […] intasco fino a 1000 euro in una giornata di furti[…] mi divido tra Milano e la Capitale, dove abbiamo un altro tetto […] mia zia, over 50, è ancora in pista. E so di una veterana attiva che ha 78 anni […] mi concedo giusto qualche cena al ristorante.

I media da tempo ci hanno abituati ai virgolettati fantasiosi: il testo tra virgolette non indica più citazioni o segmenti di discorso altrui che si intendono riprodotti letteralmente ma interpretazioni arbitrarie o supposizioni.

In questo caso però le parole appaiono alquanto inverosimili per il contesto in cui è avvenuta l’interazione e fanno venire dubbi sull’attendibilità della notizia.    

Giornalese

Si ha l’impressione che chi ha scritto l’articolo abbia a disposizione un unico modello espressivo: l’italiano scritto formale dei temi scolastici che è alla base del giornalese ma che risulta del tutto fuori luogo nella situazione comunicativa “risposte di persona di bassa scolarizzazione, non di madrelingua italiana”.

Alcune parole dell’intervistata apparirebbero eccessivamente affettate anche associate a parlanti nativi: in uno scambio orale estemporaneo quanti di noi direbbero spontaneamente la Capitale e un altro tetto per non ripetere le parole Roma e casa? Forse solo chi condivide il terrore delle ripetizioni dei giornalisti!

Variazione linguistica

Cambiare le parole altrui per renderle conformi al proprio modello espressivo e riportarle senza però indicare di averle modificate per me significa ignorare la multidimensionalità della lingua, uno spazio complesso di variazione linguistica dove interagiscono diversi fattori sociali ed extralinguistici:

Architettura dell’italiano contemporaneo – schema adattato da G. Berruto, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo (2012)

Lo schema ha tre assi di variazione:
diamesia: mezzo o canale di comunicazione (va da solo scritto a solo parlato);
diafasia: contesto, intenzione comunicativa e situazione d’uso (grado da formale e formalizzato a informale, con diversi registri d’uso);
diastratia: strati e/o gruppi sociali, caratterizzati da età, livello di istruzione, professione, status sociale (da uso “alto”, colto, a uso “basso”, incolto).
Andrebbero inoltre considerate le differenze geografiche (diatopia). 

All’interno dello schema sono state indicate alcune realizzazioni di varietà linguistica, “un insieme coerente di elementi (forme, strutture, tratti, ecc.) di un sistema linguistico che tendono a presentarsi in concomitanza con determinati caratteri extralinguistici, sociali” (Berruto). Esempio di varietà: italiano burocratico.

Repertori linguistici

L’insieme delle varietà di una comunità linguistica costituisce il repertorio linguistico comunitario. Ogni singolo parlante dispone di un proprio sottoinsieme, il repertorio individuale, a sua volta suddivisibile in attivo (produzione) e in passivo, più ampio (comprensione).

Non sono però necessarie queste nozioni sociolinguistiche per avere consapevolezza che non tutti i parlanti dispongono degli stessi repertori e che nell’esempio della borseggiatrice è altamente improbabile che il repertorio dell’intervistata coincida con quello dell’intervistatore. E se anche fosse, la varietà giornalese risulta comunque inappropriata per la situazione comunicativa in cui è avvenuta l’interazione.

Stupisce che chi scrive per professione non se ne renda conto. Nell’impossibilità di usare modelli espressivi alternativi all’unico a propria disposizione sarebbe però bastato spostarsi lungo l’asse diamesico e ricorrere al discorso indiretto per rendere l’intervista più verosimile pur mantenendo le stesse parole. Affermazioni come [la borseggiatrice] si apposta, entra in azione, segue il soggetto a suo giudizio più vulnerabile…, ossia dal punto di vista del giornalista che si esprime in giornalese, non avrebbero suscitato altrettante perplessità.


Vedi anche: Virgolettati fantasiosi (e “fumosi”)