Note primaverili

The New Yorker 16 April 2018

Il nuovo numero della rivista americana The New Yorker ha una copertina musicale, Soundtrack to Spring, disegnata dall’artista britannico Tom Gauld. Sono raffigurate le prime battute di alcuni brani in tema con la primavera che si possono ascoltare nel sito (copertina interattiva con dettagli sulla sua ideazione) oppure in un tweet.    

È primavera: pettirossi come rondini

Nell’illustrazione si notano tre pettirossi (in inglese robin) che in America simboleggiano l’arrivo della primavera. Non vanno confusi con gli omonimi uccellini europei che associamo invece all’inverno e che con la fine delle giornate fredde non si vedono e non si sentono più perché sono migrati altrove.

Il robin americano (Turdus migratorius) ha infatti dimensioni, abitudini e canto diversi dal robin europeo (Erithacus rubecola): qualche dettaglio in Simboli natalizi nordeuropei: il pettirosso, con immagini che mostrano le differenze, e in Simboli alati di primavera, con un rimando a Gotham City!

Mi piacciono molto le illustrazioni di Tom Gauld e ho già usato sue vignette nei miei post, ad es. in Parole per bibliofili e bibliomani, in Giornata mondiale della traduzione e in Tradurre i polizieschi nel XXI secolo.


“Esci dal tunnel del traduttese”

A proposito di traduzione e vignette, la traduttrice Isabella Zani è la protagonista di Una donna in pigiama, breve storia a fumetti dell’illustratore Stefano Tartarotti. Se non l’avete già vista, leggetela: sono sicura che vi piacerà. Un assaggio dei dettagli, davvero gustosi:  

dialogo tra Isa e il vignettista, con esempi di calchi dall'inglese “tipo mappa al posto di cartina, e qual è il tuo nome anziché come ti chiami, e supportare invece di appoggiare”

Isa FTW! 😀


Vedi anche: L’influenza della traduzione sull’italiano

11 commenti su “Note primaverili”

  1. Asandus:

    Commento al fumetto: “mappa”, “supportare” e “intrigante” forse non sono calchi; li ho sempre sentiti anche in periodi in cui non c’era questa mania del “traduttese”. Un calco linguistico che invece mi fa sempre venire il voltastomaco è quando, invece di dire “io e qualcun altro” si usa “qualcun altro e io” – e le persone che utilizzano quest’ultima forma si offendono se qualcun altro usa la prima! Eppure quella naturale in Italia è proprio la prima. Del resto, ci sono individui qui da noi che quando chiami “marmellata” la marmellata fanno gli offesi perché in inglere “marmalade” è solo un tipo specifico di marmellata (di cosa ancora non l’ho capito); ma siamo in Italia, e io non mangio pane e “confettura”: mangio e continuerò a mangiare pane e marmellata (di qualunque frutto sia costituita).

  2. .mau.:

    a vedere la copertina, il carillon suona la Primavera delle Quattro stagioni, il campanello suona il campanello, ma non riesco a riconoscere la violinista (né il lettore, sembrerebbe un pezzo della marcia alla turca ma c’è qualcosa che non mi torna). Andare ad aprire l’articolo non vale 🙂

  3. Licia:

    @Asandus, mappa, supportare e intrigante sono parole in uso in italiano da secoli ma diventano calchi quando sono usate con un’accezione tipica dell’inglese ma inusuale in italiano. Hai qualche esempio specifico di uso in contesto?

    Sono incuriosita anche dalla tua affermazione che x ed io sarebbe un calco, mi piacerebbe capire meglio a che dati fai riferimento. Non si ha questa impressione da un’analisi veloce in Google Ngram Viewer, che permette di confrontare parole e sintagmi e avere indicazioni delle tendenze d’uso:

    io e mio padre vs mio padre ed io

    Ho fatto la prova con mio padre ed io vs io e mio padre ma si ottengono risultati simili con altri esempi. Tieni conto che il corpus di Ngram Viewer include sicuramente moltissimi libri tradotti dall’inglese, quindi se davvero ed io fosse un calco dovremmo aspettarci un sorpasso su io e negli ultimi decenni, ma a quanto pare non è così. 

    Su marmellata vs confettura, vedi I diversi sapori della marmellata.

    @.mau. alla fine ha vinto la curiosità? 😉

    @isa 👍🏼

  4. alessandro:

    Non posso controbattere nulla ai dati scientifici di Google Ngram Viewer, anche se al mio orecchio “mio padre e(d) io” continua ad avere il suono di un calco.
    E “mappa” e “intrigante” sono certamente parole in uso in italiano da secoli (sebbene non nell’accezione inglese) ma io sento usare “supportare” da non più di una decina d’anni. Il Devoto-Oli lo dà come “calco sull’ingl. (to) support”. Il Sabatini-Coletti specifica “• a. 1984”, che (se ben interpreto quella “a.”) significa che nell’italiano è apparso per la prima volta una trentina di anni fa.

  5. .mau.:

    (@Licia: no, sono troppo pigro!)

    Per il mio orecchio, “io e te” e “tu ed io” (notare l’eufonica nel secondo caso e l’accusativo nel primo) sono equivalenti. Per “supportare”, ho scoperto adesso che il De Mauro indica “supporto” come un francesismo entrato in italiano nel 1853: a questo punto direi che un eventuale calco dall’inglese non è così tragico come quello di “realizzare”…

  6. Licia:

    @alessandro, @.xmau. mi incuriosisce molto la percezione di ed io come calco perché ricordo che alle elementari la maestra, anziana, insisteva che il pronome io andava sempre per ultimo per buona educazione.

    In proposito ho trovato un riferimento in Io e te, io e tu o tu e io?, una consulenza dell’Accademia della Crusca che nella parte finale risponde alla domanda “La seconda questione riguarda piuttosto il "bon ton linguistico": non sarebbe meglio, sull’esempio di altre lingue, usare sempre l’ordine tu e io, invece dell’"egocentrico" io e te?”. Viene citato Luca Serianni che nella Grammatica italiana del 1988 conclude “In italiano quindi non abbiamo una norma specifica riguardo all’ordine dei pronomi, come si verifica per esempio in inglese e spagnolo: anche se è preferibile, per una forma di cortesia, usare io in fine di sequenza, si può usarlo in qualsiasi posizione, compresa la prima”.

    Sui calchi semantici: per stabilire se effettivamente lo sono bisogna sempre considerare le parole nel contesto in cui appaiono, unico modo per stabilire se l’accezione con cui sono usate è standard oppure no. 🙂

    A proposito di Google Ngram Viewer, è molto utile per ricavare indicazioni di tipo diacronico (ad es. quando un’espressione ha cominciato ad essere usata anche nei libri) ma i risultati vanno comunque presi con una certa cautela. Aggiungo alcune osservazioni fatte in un post in cui ne avevo descritto alcune funzionalità:

    Un limite di Ngram Viewer è la mancanza di informazioni su come sono stati costruiti i corpora e che tipo di testi contengano. Inoltre, nelle lingue diverse dall’inglese non si sa quanto incida la presenza di testi tradotti e se tutte le traduzioni siano affidabili. I risultati vanno quindi valutati con molta attenzione: si possono ottenere indicazioni e tendenze ma non certezze.

  7. dasmi:

    Sulla questione di “io e te” (vs. “tu e io”) o “io e mio padre” (vs. “mio padre e io”) può essere che intervengano delle differenze geografiche? Io sono meridionale (Calabria) e ho sempre usato e sentito l'”io” al primo posto. Mia moglie settentrionale (Veneto) ha sempre messo l'”io” alla fine. Quando le feci notare che usava un calco dall’inglese (che entrambi parliamo, siamo traduttori) mi rispose che lei aveva sempre messo l'”io” alla fine. E ascoltando altri parlanti veneti (che non conoscono l’inglese o altre lingue) mi sono reso conto che (almeno per i veneti) l'”io” va alla fine.

  8. Licia:

    @.mau. grazie per l’esempio.
    @dasmi, molto interessante questo dettaglio sulla variazione diatopica! Sono nata e ho fatto quasi tutte le elementari nel Veneto e, martellamento della maestra a parte, per me è normale dire ed io e per questo mi aveva stupita l’osservazione sul potenziale calco.

  9. Monmartre:

    Anche a me, di Milano, era stato insegnato (sia da padre pugliese e madre lombarda, sia da maestri) che “io” dovesse essere messo alla fine per cortesia.
    Dico sempre “Tu e io” – e non direi mai “Io e tu” (né “io e te” poiché l’accordo è sbagliato).

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