La doggy bag non è per il cane!

sacchetto di carta con disegno di cane triste e la scritta “I just know it’s not for me”Chi è stato al ristorante negli Stati Uniti sa cosa si intende con doggy bag: è il contenitore per portare a casa il cibo avanzato alla fine del pasto (ad es. un sacchetto o una vaschetta). È un’abitudine molto diffusa, tanto che i camerieri possono prevenire la richiesta (Shall I box it up?) ed esistono anche le wine doggy bag per le bottiglie di vino non terminate.

Il nome doggy / doggie bag è un eufemismo: gli avanzi sono per i clienti e non per il loro ipotetico cane.

Sono informazioni reperibili in qualsiasi dizionario, ma che non sono state verificate dall’autrice di Ogni cliente ha il diritto di chiedere il ‘doggy bag’, un servizio del TG1 tutto erroneamente incentrato sui cani e i loro proprietari.

La superficialità dei media italiani e le conoscenze approssimative dell’inglese non sono una novità, basti pensare ai falsi amici, però questo esempio mi fa pensare anche a problemi che a volte si incontrano nella localizzazione.

Traduzioni letterali e lavoro terminologico

Se chi si occupa di nuovi termini non ha adeguate competenze terminologiche, a volte succede che si limiti a cercare un cosiddetto “traducente”, spesso letterale, focalizzandosi solo sulle singole parole della lingua di partenza, senza analizzare le caratteristiche essenziali e distintive del concetto, senza considerare usi metaforici, risemantizzazioni e slittamenti di significato che potrebbero non avere un corrispondente nella lingua di arrivo (cfr. mute e zittire in Twitter), e senza escludere potenziali ambiguità, anche grammaticali (ad es. split button), o usi arbitrari delle parole (ad es. ribbon).

Se manca una cultura terminologica, può anche capitare che scelte ben motivate vengano criticate perché non letterali: un esempio è circle → cerchia di Google+. 


Vedi anche: metafore “informatiche” con cani e sacchetti per cibo in Dogfooding e Brown bag

Grazie a Maria Pia Montoro per la segnalazione del servizio “da cani” del TG1.

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6 commenti su “La doggy bag non è per il cane!”

  1. Carla Crivello:

    E pensare che già dal 2009 si poteva approfondire la notizia della inconsueta richiesta del ‘doggy bag’ da parte di Michelle Obama in un ristorante romano.
    È stata però necessaria una recente sentenza della Corte di cassazione penale per stabilire che “asportare i residui del cibo per costituire il c.d. ‘doggy bag'” sia da considerare tra le “regole comunemente accettate nella civile convivenza”. E, se vogliamo essere pignoli, rientrano tra queste regole anche il “riempire la propria borraccia dalla bottiglia servita a tavola”.

  2. Mauro:

    Quando I giornalisti sono dei cani, automaticamente la doggy bag che chiedono è per un cane… un cane di giornalista, quindi in fondo hanno ragione 😉

  3. Licia:

    @Paolo, grazie per l’esempio, ai TG Rai sono proprio recidivi! Ma possibile che nessuno nelle redazioni si accorga di questi problemi prima che vada in onda un servizio?

    @Mauro, verrebbe proprio da dire che sia quello del TG1 che quello del TG2 citato da Paolo sono servizi “da cani”.

    @Carla, davvero poco probabile che Michelle Obama volesse gli avanzi per il cane, di sicuro rimasto negli Stati Uniti, eppure è proprio quello che afferma il servizio citato da Paolo!
    Grazie per i dettagli dalla sentenza della Corte di cassazione: ho letto anche il resto del testo e non c’è nessun accenno ai cani, però sono abbastanza stupita che abbiano voluto usare l’espressione inglese, secondo me un forestierismo superfluo. IKEA, ad esempio, usa una descrizione italiana:

    Siamo contro gli sprechi. Da noi potete sempre chiedere la vaschetta da asporto per gli avanzi #ReportIKEA #doggybag

  4. Marco:

    Sull’ignoranza dei giornalisti italiani, no comment…

    A volte però la doggy bag è davvero per i cani, nel caso in cui i clienti del ristorante abbiano dei cani 🙂
    A me è capitato diverse volte di portare ai miei cani gli avanzi di mega grigliate miste e hanno molto apprezzato.

    C’è comunque anche un problema culturale, qui in Italia noto che la gente si vergogna a chiedere la doggy bag (per umani), mentre in altri Paesi, come in USA appunto, è una consuetudine e – come facevi notare – se non la chiedi è probabile che te la offra il cameriere.
    Stesso discorso per gli hotel: in tutto il mondo o quasi è normalissimo (intendo anche negli hotel a 4 e 5 stelle) fare due cose che in Italia vengono sanzionate:
    -Portarsi via tranquillamente cibo dai ricchi buffet della prima colazione
    -Portare cibo e bevande in camera, in bella vista nei sacchetti del supermercato
    In molto hotel italiani ci sono persino cartelli che vietano di fare queste due cose innocenti.

  5. Licia:

    @Marco credo anch’io che ci siano molte differenze culturali. Ne aggiungo un’altra: negli Stati Uniti le porzioni singole sono spesso giganti, in Italia sono normali e se si ordina singolarmente di solito non si fa fatica a finire quello che si ha nel piatto (a meno che sia poco buono!), oltretutto se è un contesto informale spesso ci pensa qualche altro commensale. Gli avanzi sono molto più probabili nelle cene di gruppo dove ci si serve da piatti di portata e forse diventa più difficile per una singola persona chiedere proprio per sé.

    Anch’io ho in montagna continuo a vedere molti cartelli di divieto di asporto. Sono motivati dalla volontà di favorire l’economia locale (il panino si compra al forno o al rifugio), però degenera quando chiedi che ti riempiano il thermos di acqua calda e ti fanno pagare, e credo che la sentenza della corte di cassazione citata da Carla faccia riferimento anche a questo.

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