Accenti gravi e acuti in italiano

Pubblicato l’8 ottobre 2008 in blogs.technet.com/terminologia


Nel forum Scioglilingua nel Corriere della Sera in questi giorni ci sono alcune discussioni sull’uso dell’accento grave e acuto in italiano. Gli accenti grafici sono quelli previsti dall’ortografia italiana sulla vocale finale di alcune parole.

Da un punto di vista pratico, l’unica distinzione che la maggior parte di noi è tenuta a conoscere è tra è aperta /ɛ/ (è, cioè, caffè, tè) che richiede l’accento grave ed é chiusa /e/ (perché, poté, sé, né) che richiede l’accento acuto: con le altre vocali c’è la convenzione di usare sempre l’accento grave.

L’ultimo contributo in Scioglilingua riassume bene la questione e fa le distinzioni del caso tra i vari tipi di accenti, con riferimenti specifici anche agli accenti tonici. Su un punto però non sono del tutto d’accordo:

fuori di accento tonico le vocali e ed o sono solo chiuse
 

In teoria per la e sarebbe vero, ma in pratica basta andare a Trieste per rendersi conto che lì riescono a pronunciare la /ɛ/ aperta anche nelle sillabe atone! 😉

Tornando invece all’ortografia, può essere utile sapere che la Correzione automatica di Office converte automaticamente le e accentate errate per le parole più comuni:

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Per visualizzare o modificare l’elenco delle correzioni automatiche in Word 2007:

1 Fare clic sul pulsante Microsoft Office Icona del pulsante, quindi scegliere Opzioni di Word
2 Nella finestra di dialogo Opzioni di Word fare clic su Strumenti di correzione, quindi su Opzioni correzione automatica

Vedi anche: Errori con gli accenti: colpa di computer e cellulari?  [link aggiunto]


Commento di .mau.:

tranne ovviamente se prendi un libro Einaudi, che usa ancora la convenzione di indicare l’accento acuto su i e u (insomma, non è "più così" ma "piú cosí"). Credo siano rimasti gli ultimi a indicare che i e u sono sempre acute, quando vengono accentate.

Licia:

@ .mau. Ricordo di aver notato accenti "non standard" in qualche libro ma non avevo presente la casa editrice, anche perché è un po’ che non mi capita di leggere qualcosa di Einaudi.
La Garzantina Italiano dà motivazioni storiche per indicare come più raccomandabile lo schema à, ì, ù, é, è, ó, ò [loro ordine]:
"Ossia: sempre grave – secondo l’accentuazione tradizionale degli ossitoni nella tipografia antica – nei tre casi in cui non si può distinguere tra i diversi gradi di apertura (à, ì, ù) ..."
[Aggiornamento 18/3/09: nel Portale Treccani una nota esplicativa con riferimento specifico all’uso degli accenti da parte delle diverse case editrici]
A proposito, l’autore del contributo che ho citato sei tu o è un tuo quasi omonimo?

Ancora .mau.:

no, quel contributo non è mio. Anche perché da buon settentrionale ho dei grossi problemi a concepire che "e" e "o" possano avere più di un tipo di accento. Ho semplicemente imparato a memoria la lista delle parole che terminano in é (non sono poi tante).

Licia:

  Stessa strategia:
per avverbi, congiunzioni, passati remoti, né, e numeri (es. trentatré)
accento acuto
per la maggior parte dei sostantivi e cioè
accento grave
Però ricordo mio papà (veneto) che faceva notare a mio fratello più piccolo (accento romagnolo) che non si diceva perchÈ ma perché