Esempi di prodotti “Italian Sounding” inesistenti in Italia
Il tema di discussione corrente dell’Accademia della Crusca, L’italiano, una lingua internazionale (contro l’italian sounding), invita i lettori a intervenire “sulla questione del rilancio commerciale dell’italianità e di come questo abbia impatto sulla lingua”.
Ho commentato che l’uso improprio di nomi di prodotti italiani e di marchionimi italianeggianti in mercati diversi da quello italiano (il fenomeno che viene impropriamente chiamato Italian Sounding) è sicuramente rilevante da un punto di vista produttivo e commerciale, ma non mi è chiaro quale possa essere l’effettivo impatto sulla lingua italiana.
Aggiungo qui qualche altra considerazione, più specifica, che prende spunto da “il caso del parmesan vs. parmigiano”, a cui viene accennato nel testo come esempio di “danni per la mancata protezione della terminologia”. Non sono forniti dettagli ma immagino sia un riferimento ai mercati di lingua inglese, in particolare Stati Uniti e Australia, dove viene commercializzato come Parmesan vario formaggio prodotto localmente.
Il riferimento mi ha incuriosita e ho cercato qualche informazione, iniziando dal contesto italiano: il nome Parmigiano Reggiano esiste solo dal 1951 (prima si ricorreva a Parmigiano o a Reggiano); nel 1955 Parmigiano Reggiano ha ricevuto la DOC (Denominazione di Origine Controllata) e nel 1996 la DOP (Denominazione di Origine Protetta) europea, che in pratica rende il nome proprio Parmigiano Reggiano simile a un marchio registrato.
Per un confronto con altre lingue è utile anche ricordare che in ambito terminologico convenzionalmente si distingue tra parole (lessico generico usato nella lingua comune) e termini (lessico specialistico – terminologia – usato in lingue speciali per designare concetti specifici). A volte la stessa “etichetta” è usata sia come parola che come termine, ma per identificare concetti diversi.
Parmesan in inglese
La parola Parmesan fa parte del lessico comune inglese dal XVI secolo, ed è arrivata attraverso il francese.
Andrebbe scritta con iniziale maiuscola, come sostantivi e aggettivi di origine geografica, ma da tempo è molto diffusa anche la grafia con iniziale minuscola, parmesan, come per altri nomi di formaggi di largo consumo quali ad es. cheddar e camembert, che nella percezione comune sono denominazioni generiche.

Negli Stati Uniti parmesan, con iniziale minuscola, è anche un termine nell’ambito specialistico della classificazione merceologica del Code of Federal Regulations che nella sottosezione § 133.165 Parmesan and reggiano cheese specifica cosa può essere commercializzato come parmesan o reggiano, con indicazioni su composizione, metodo di produzione, stagionatura, additivi consentiti (ad es. perossido di benzoile per sbiancare il latte!) e altre informazioni.
La definizione del Code of Federal Regulations esiste come minimo da 50 anni. La meno recente che ho trovato è dall’edizione 1971, ma probabilmente risale al 1949:

(stagionatura minima ora scesa a 10 mesi)
Negli Stati Uniti si produce parmesan perlomeno dal XIX secolo, come si evince da un libro del 1891, The American Pastry Cook, in cui viene consigliato di comprare le versioni locali dei formaggi stranieri più noti, tra cui il parmesan:
[…] in fact, nearly all the famous cheeses are very perfectly imitated in America, so that those who choose may indulge in foreign names and encourage home manufacturers at the same time.
Dal punto di vista di osservatrice italiana non capisco come, in questo tipo di contesto, la commercializzazione negli Stati Uniti di formaggi statunitensi denominati parmesan possa essere considerata un esempio di “mancata protezione della terminologia” [italiana]: nel secolo scorso, chi avrebbe dovuto agire, quando e come, per garantire la protezione?
Parmesan in tedesco
La parola Parmesan è in uso da tempo anche in tedesco, ma nei paesi dell’Ue non si possono etichettare e commercializzare come Parmesan formaggi che non rispettano il disciplinare di produzione della DOP Parmigiano Reggiano.
Sono le conseguenze di una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (causa C‑132/05 “Parmesan” del 2008) in cui erano state considerate insufficienti le prove con cui la Repubblica federale tedesca aveva cercato di dimostrare che in Germania Parmesan fosse una denominazione generica e quindi si potesse usare anche per prodotti locali (cfr. La Corte si pronuncia sulla tutela della DOP “Parmigiano Reggiano” per una sintesi commentata che analizza anche vari aspetti linguistici).
Per la normativa europea la tutela delle DOP “contro qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione” riguarda infatti anche la traduzione “esatta o meno” del nome registrato. La restrizione è invece irrilevante per l’uso generico della parola Parmesan nel lessico quotidiano, che ovviamente non può essere impedito.
Nomi registrati vs terminologia
La protezione per le DOP, che in questo caso vieta di commercializzare formaggio non italiano come Parmesan, è però conferita solo nell’Unione europea e nei paesi che aderiscono all’Accordo di Lisbona per la protezione delle denominazioni d’origine, o in paesi con cui esistono specifici accordi bilaterali, ma non negli Stati Uniti o altrove (per dettagli, cfr. Parmesan – The King of Cheeses, articolo dell’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale).
Nell’ambito specifico della produzione e commercializzazione di formaggi mi pare quindi che la differenza tra Parmesan “tedesco” e Parmesan “americano” dimostri che la questione non è propriamente terminologica o più genericamente linguistica ma riguardi invece aspetti legali di riconoscimento di un nome registrato (in questo caso DOP ma considerazioni simili valgono per DOC, IG e IGP).
Mi ricollego infine a un’altra affermazione del tema di discussione citato all’inizio:
“Il problema di una terminologia plurilingue è quello di determinare le esatte corrispondenze fra le lingue rispetto a un concetto dato. Ora, se questo concetto dato ha la propria denominazione in italiano, nel caso di prodotti agroalimentari – dove il nome identifica il prodotto stesso – non è il caso di creare adattamenti o calchi, ma di vincolare quel termine al suo uso tale e quale, come prestito. Abbiamo citato il caso di champagne, così sarà per parmigiano reggiano, grana padano, pistacchio di Bronte, culatello… Insistere sull’uso del termine italiano deve insistere sulla corrispondente definizione, in modo tale che non si creino false definizioni.”
Non mi è chiaro chi potrebbe intervenire in altre lingue, e in che modo, per obbligare l’uso di termini italiani in settori non disciplinati, ad es. al di fuori delle direttive europee.
Nelle principali altre lingue per i prodotti agroalimentari italiani prevalgono comunque già i prestiti non adattati: tra i prodotti caseari, ad esempio, parmigiano / parmesan / parmesano / parmesão ecc. è un’eccezione, come si può verificare facilmente confrontando gli elenchi di formaggi italiani nelle pagine di Wikipedia in lingue diverse.
L’imposizione di nomi italiani non è però automaticamente una soluzione se non c’è corrispondenza di concetti. Ne è un esempio la sezione Cheeses and Related Cheese Products del Code of Federal Regulations statunitense che specifica i requisiti per provolone, mozzarella (o scamorza, che a quanto pare negli USA è lo stesso formaggio!) e per asiago, caciocavallo siciliano, gorgonzola, diversi dai corrispondenti DOP italiani con specifico disciplinare: le definizioni americane non sono “false” ma identificano concetti diversi dai concetti denominati con lo stesso nome in Italia.
Per la maggior parte degli italofoni sono però questioni che possono essere ignorate: parole e termini italiani fraintesi o usati impropriamente in altre lingue e nomi inventati (Pamesello, Pamellano, Parveggio…) raramente hanno impatto sul nostro sistema linguistico, allo stesso modo in cui i nostri pseudoanglicismi e inglese farlocco sono irrilevanti per la lingua inglese.
Vedi anche:
- Muscoli contro cozze! per un esempio italiano di mancata corrispondenza tra termini di classificazioni merceologiche (uso specialistico) e parole (lessico comune) che ha richiamato l’attenzione della Guardia di finanza
- I diversi sapori della marmellata per un un altro esempio italiano di mancata corrispondenza tra termini e parole dovuto a esigenze legislative
- Italian Sounding e inglese farlocco, un nome infelice, contraffazione imitativa dell’inglese
- I♡ AM♡ LA CUCINA ITALIANA: chi lo dice?, un esempio di soluzioni ibride poco efficaci per la “valorizzazione del patrimonio alimentare e culturale italiano”
- Quali termini documentare? e Terminologia e comunicazione, per alcuni criteri con cui identificare concetti e termini di maggiore impatto e rilevanza
